Mont Saint Michel: un luogo dello Spirito sulla costa normanna
di Umberto Baldo
Quando ho iniziato a scrivere questa sorta di breve “carrellata ferragostana” dei luoghi meno conosciuti, o comunque non al centro dei principali flussi turistici, mi ero chiesto se sarei riuscito a rispettare quanto prefissatomi. Dopo averci riflettuto, ho deciso di fare un’eccezione alla regola che mi ero dato, nel senso che la località di cui vi parlo oggi è non solo fra le più note al mondo, ma è anche fra le più visitate. Raramente due Regioni confinanti, nello stesso Paese, vantano differenze e contrasti quanto la Bretagna e la Normandia, nel nordovest della Francia. Eppure c’è un detto che tradotto dal bretone suona: “Il Couesnon, nella sua follia, collocò il Mont Saint-Michel in Normandia”. Segno evidente, a mio avviso, che i bretoni sentono il luogo di oggi, Le Monte Saint Michel, come un qualcosa che è anche loro, un luogo che “ha sapore di Bretagna”. Infatti dal punto di vista geografico fra Saint Malo e le Mont Saint Michel ci sono appena 50 chilometri; entrambe si affacciano sullo stesso mare, e l’unica differenza è appunto il confine, segnato dal fiume Couesnon, che colloca Mont Saint Michel e la sua baia in Normandia. Ma sappiamo tutti che le divisioni amministrative sono “cose umane”, che poco hanno a che vedere con la natura, ed in questo caso la sua posizione centrale nella baia rende il complesso di fatto una zona franca, che non appartiene che a se stessa. Quando uno arriva la prima volta a Mont Saint Michel sa a grandi linee cosa lo attende. Ha visto sicuramente foto, magari anche documentari, ma vi assicuro che quando dalla costa normanna (o bretone a seconda da dove arriviate) si profila all’orizzonte, quasi dal nulla, il profilo dell’isola, a mano a mano che le sue linee meravigliose si fanno più nitide, allora veramente si ha una specie di tuffo al cuore. Almeno così è capitato a me, e quella rocca, quelle mura, quella guglia con la statua di San Michele a 170 metri d’altezza, ti si imprime negli occhi, e quasi ti commuovi. Ci sono capitato in un giorno di bassa marea. Quando, invece di emergere dall’acqua Mont Saint Michel svettava da un’infinita distesa di sabbia. Ma la vista è stata comunque entusiasmante, perché Mont Saint-Michel, patrimonio dell’Umanità dal 1979, è un luogo magico, dove l’architettura è riuscita ad esaltare la natura come accade solo con i veri capolavori. E questo è un capolavoro che ha più di mille anni di storia, e per centinaia di anni è stato uno dei baluardi delle fede dell’Europa cristiana, meta di pellegrini che arrivavano da ogni dove. Irrinunciabile è veder montare la marea, soprattutto dalla Tour du Nord. Ricordo che nella baia si verificano le maree più alte d’Europa, fino a 16 metri di differenza tra l’alta e la bassa: in questo secondo caso, l’acqua si ritira fino a15 km dalla costa. Ma le maree di Mont Saint-Michel sono anche le più rapide (raggiungono la velocità di un cavallo al galoppo) e assistervi dall’alto di una torre o dalla terrazza della chiesa è uno spettacolo che quasi merita il viaggio. Non mi dilungherò nella descrizione del complesso monastico, con i vicoli fra case dai tetti spioventi che accompagneranno la vostra ascesa all’Abbazia: troppo da dire e troppo poco lo spazio. Sono visioni e scorci stupendi che scoprirete se e quando avrete la voglia e la possibilità di recarvi in questo luogo: e per aumentarne la magia vi consiglio caldamente di visitare il complesso abbaziale con una guida che parli italiano (solo così potrete capire appieno il miracolo architettonico della “Merveille”). In queste brevi note voglio limitarmi agli aspetti “emozionali” del Mont, che è un isolotto roccioso con una circonferenza di circa 960 metri, ed un’altezza di 92 metri s.l.m. situato tra la Punta bretone di Grouin e la Punta normanna di Champeaux. La storia leggendaria vuole che l’arcangelo Michele nel 709 sia apparso tre volte in sogno al vescovo di Avranches, Aubert, ordinandogli di costruire una chiesa in suo onore su quel piccolo isolotto roccioso chiamato allora Mont Tombe. Le prime due volte il vescovo ignorò le richieste, finché questi, infuriato, gli perforò il cranio con un tocco del suo dito, e solo allora il vescovo si decise ad adempiere alle richieste dell’Arcangelo. Negli stessi anni, ai piedi del Mont, cominciò a formarsi una città commerciale fondata da artigiani e mercanti per accogliere i primi pellegrini, rendendo la chiesa troppo piccola per poterli ospitare. Fu così, quindi, che il progetto s’ingrandì con la costruzione di quattro cripte e dell’abbazia che vediamo adesso. L’intera isola venne fortificata nel corso del XIV secolo, con lo scoppio della Guerra dei Cent’anni tra inglesi e francesi. Il complesso riuscì a mantenersi in discrete condizioni fino al 1791 quando, dopo la Rivoluzione francese e la soppressione degli ordini religiosi, gli ultimi monaci furono cacciati dall’isola. Questo, assieme alla trasformazione dell’abbazia in carcere, ne accelerò il processo di degrado. Il carcere venne chiuso nel 1863 e subito iniziarono i restauri. Come in tanti altri casi vennero realizzate delle aggiunte “in stile”, come l’alta guglia che oggi caratterizza l’isola, che non c’erano mai state in precedenza. Vi ho già detto che si tratta di uno dei luoghi più visitati di Francia, per cui, se potete, visitatelo di mattina presto, o aspettate il tardo pomeriggio, quando la maggior parte dei turisti se ne va. Se poi amate la fotografia il consiglio è di andare all’alba e al tramonto per godere della luce più bella. E la sera!!! Le luci che lo illuminano sono incredibili e vi faranno rimanere senza fiato! Ogni momento vi sembrerà di visitare un nuovo Mont Saint-Michel: la luce è vita e ogni momento è magico ed irripetibile. Chiudo accennandovi ad un’opera di “ripristino naturale” che trovo eccezionale. Va detto che le volte che ho visitato Mont Saint Michel ero in automobile, che ho lasciato nel parcheggio antistante l’ingresso del complesso abbaziale (al parcheggio si arrivava con una strada sopraelevata di qualche metro sul livello del mare). Si poteva lasciare le auto perché secoli di detriti portati dal fiume Couesnon avevano di fatto reso Monte Saint Michel una penisola, che veniva completamente circondata dal mare solo in casi veramente eccezionali. Nel 2006, dopo vent’anni di studi, si decise di restituire a Mont Saint-Michel il suo carattere marittimo, la sua “insularità” tanto per essere più chiari. Le fasi di questo processo sono state diverse. Innanzitutto, nel 2009, è stata messa in funzione la diga di sbarramento del Couesnon, che ha restituito al fiume forza sufficiente per ricacciare verso il largo i sedimenti accumulati nel corso del tempo. Così marea dopo marea, il Mont sta accrescendo il suo “essere un’isola”. Oggi il Couesnon sta già ricreando un ampio estuario verso la baia. Il secondo atto, nel 2011-2012, è stato lo smantellamento delle strutture di accoglienza (il parcheggio, la strada-diga cui accennavo sopra) e la creazione di un nuovo parcheggio sulla terraferma, a 2,5 km dal Mont, con navette di trasporto pubblico. Terzo atto, nel 2014, l’apertura del nuovo ponte passerella e la distruzione della strada-diga di oltre un secolo fa (1879). Nel 2015 i lavori si sono finalmente conclusi e il Mont, come per magia, è tornato ad essere un’isola. Ci vorranno ancora alcuni anni perché, in modo naturale, l’ambiente marittimo si ricrei completamente, ma fin da ora dicono che il ponte-passerella sia uno spettacolo straordinario, perfettamente inserito nel paesaggio. Concludendo, come il ritmo delle maree, cadenzato ed ineluttabile, che trasforma temporaneamente Le Mont-Saint-Michel in un’isola, così la vita del monastero alterna il “fare al contemplare”: Ora et labora, la regola benedettina. Sarà per il mélange di romanico e gotico, sarà per il suo stagliarsi, misterioso come una «piramide sul mare», così lo definì Victor Hugo, sarà per il suo diventare inespugnabile con l’innalzarsi delle più grandi maree dell’Europa continentale, che avanzano rapide “quanto un cavallo al galoppo”, per me Mont Saint Michel resta un’apparizione talmente fiabesca nella sua magica bellezza arroccata, che lascia un ricordo indelebile, e soprattutto il desiderio di ritornarci “magari per un’ultima volta”.