Non salite su quel treno!
Da “Non aprite quella porta!” a “Non salite su quel treno!”, ovvero quando un viaggio si tramuta in un’Odissea orrenda e in alcuni casi grottesca
“Viaggiate in treno, risparmierete tempo e stress”: questo più o meno il tono delle pubblicità di Trenitalia – che si dovrebbe chiamare Frenitalia –, contraddetto dal peggior servizio di trasporto mai offerto nella galassia.
L’estate del 2024 sarà ricordata come una delle peggiori stagioni per il trasporto ferroviario italiano. Tra ritardi cronici, cancellazioni improvvise e un’ondata di proteste da parte dei passeggeri, la fiducia nei confronti del sistema ferroviario nazionale, già per altro pessimo, ha subito un duro colpo. Un fenomeno che ha interessato l’intera penisola, creando disagi non solo per i pendolari abituali ma anche per i turisti che, proprio durante i mesi estivi, popolano le principali destinazioni italiane.
Chi scrive ha provato sulla sua propria pelle, e in due occasioni distinte, tutta la disumanità e l’approssimazione di un disservizio totale e costante le cui responsabilità analizzeremo più avanti.
Nel mese di luglio intraprendevo un viaggio con destinazione Macerata – che per inciso è uno dei luoghi più irraggiungibili del mondo e secondo solo alla Kamtchatka – che si è rivelato un’epopea surreale.
Partito da Vicenza arrivavo, stranamente in orario, a Padova dove però trovavo che il Frecciarossa per Bologna – secondo stasimo della Via Crucis Maceratensis – portava un ritardo di venticinque minuti, quasi sufficienti a farmi mancare la coincidenza per Civitanova.
Ebbene, arrivato a Bologna ed effettuato l’assurdo passaggio alla demenziale stazione dell’alta velocità scoprivo che l’Intercity – eh sì, le tratte verso Sud sono ancora effettuate da questi dinosauri su rotaia – aveva un tempo di percorrenza, così dicono gli annunci “politicamente corretti” di Trenitalia di circa novanta minuti, diventati rapidamente centoventi, il tutto sotto una canicola terrificante.
Alla fine, sono arrivato a destinazione in uno stato che oscillava tra l’estasi fantozziana e la Sindrome dell’Unno, intesa come desiderio di radere al suolo la stazione.
La seconda disavventura è freschissima: ritorno da Innsbruck, questa volta su treno austriaco ma gestito da Trenord – ovvero dal male assoluto – che al Brennero si è arreso per un guasto al locomotore con conseguente soppressione del viaggio, il tutto comunicato con annunco del tipo “A causa di un guasto il treno è soppresso. Siete pregati di abbandonare le vetture il prima possibile”; nessuna ulteriore notizia, con vegliarde asburgiche disorientate e turisti annichiliti.
Per fortuna, si fa per dire, c’era un Regionale che andava a Bologna e sul quale sono salito, sicuro che almeno sarei arrivato a Verona e così, con ulteriori venti minuti di ritardo, sono arrivato nella città scaligera per scoprire che, a causa di un guasto sulla linea elettrica tra Padova e Verona, molti treni erano stati cancellati, altri deviati su tratte alternative ed altri ancora portavano ritardi modello era geologica.
Fortunosamente ho trovato un altro Regionale, in ritardo di sole due ore, col quale sono arrivato a Vicenza, dopo nove ore di viaggio rispetto alle quattro e mezza previste.
Giunto a casa ho fatto una doccia da un’ora tentando si togliermi di dosso l’impressione di sporcizia che mi attanagliava fin dal Brennero.
Lato positivo, alla fine sono un ottimista, l’aver diviso questa Anabasi con persone dalla conversazione gradevole e con le quali ci siamo scambiati mail e telefono.
C’è una spiegazione questo schifo? Sì, ma solo parziale.
Il problema dei ritardi è stato il risultato di una combinazione di fattori, alcuni prevedibili, altri meno, ma comunque sulla carta gestibili.
Innanzitutto, l’aumento delle temperature ha giocato un ruolo significativo. Le ondate di calore hanno infatti messo a dura prova l’infrastruttura ferroviaria, causando guasti ai binari e alle linee elettriche. In alcune zone del paese, soprattutto nel sud, le temperature hanno superato i 40 gradi, un livello che il sistema ferroviario non era attrezzato per gestire adeguatamente.
La vera causa è il deficit cronico di manutenzione. La rete ferroviaria italiana, in particolare quella gestita da Rete Ferroviaria Italiana soffre da anni di un mantenimento insufficiente e ritardato. Molte delle infrastrutture sono obsolete e necessitano di interventi urgenti, che però vengono spesso posticipati per mancanza di fondi o per inefficienze burocratiche.
Il Ministero delle Infrastrutture, quello dell’irrealizzabile Ponte sullo Stretto per intenderci, attribuisce la colpa all’aumento del numero di passeggeri soprattutto sulle linee che collegano le principali città turistiche e le località balneari. Tuttavia, la capacità del sistema non è stata adeguata per gestire questo incremento.
I disagi causati dai ritardi hanno avuto un impatto notevole sui passeggeri. Secondo un rapporto dell’associazione dei consumatori, durante i mesi di giugno e luglio 2024, oltre il 35% dei treni ha accumulato ritardi superiori ai 15 minuti, con punte del 50% nelle giornate più critiche. Questo ha significato ore di attesa nelle stazioni, coincidenze perse e, in molti casi, la necessità di riorganizzare completamente il proprio viaggio.
Le lamentele ovviamente non sono mancate.
I social media sono stati invasi da post di passeggeri inferociti, che denunciavano non solo i ritardi, ma anche la mancanza di informazioni adeguate. In molti casi, infatti, i passeggeri si sono trovati ad attendere senza sapere quando il loro treno sarebbe partito, né quali alternative avessero a disposizione. Questa situazione ha alimentato un clima di frustrazione e rabbia, che ha portato in alcuni casi anche a proteste spontanee in diverse stazioni italiane.
Di fronte all’escalation dei disagi, le reazioni delle autorità e delle compagnie ferroviarie non si sono fatte attendere. Trenitalia, la principale compagnia ferroviaria italiana, ha emesso numerosi comunicati nei quali si scusava per i disagi e prometteva rimborsi per i passeggeri danneggiati. Tuttavia, queste misure non sono state sufficienti a placare le critiche.
L’estate 2024 ha messo dunque in luce, una volta di più, le fragilità del sistema ferroviario italiano. Se da un lato i disservizi hanno evidenziato la necessità di interventi strutturali urgenti, dall’altro hanno anche acceso un dibattito su come rendere il trasporto ferroviario più efficiente e resiliente, soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici che, con ogni probabilità, renderanno sempre più frequenti eventi estremi come le ondate di calore.
Per quel che mi riguarda passerà molto tempo prima che mi azzardi a prendere ancora un treno; almeno se si viaggia in auto il navigatore è in grado di indicare percorsi alternativi.