Sahra Wagenknecht, la nuova star della sinistra rosso-bruna tedesca
Umberto Baldo
Ieri abbiamo commentato la tempesta elettorale conseguente alle elezioni nei due Lander di Sassonia e Turingia, che apre sulla Germania del prossimo futuro lo spettro di una “paralisi alla francese”.
In realtà, guardando si sondaggi, non c’è stata nessuna sorpresa rispetto alla netta vittoria di AfD; la vera novità è stata a mio avviso il risultato del Bündnis Sahra Wagenknecht (BSW), il Partito fondato solo pochi mesi fa dall’ex pasionaria della Linke, che ha incassato il 15,8% in Turingia, e l’ 11,8% in Sassonia, e che, a differenza dell’estrema destra, ha molte più chance di entrare nei governi regionali di questi due Lander, o comunque di diventare un attore chiave nelle trattative sui nuovi assetti politici.
Nella difficile costruzione dei futuri governi locali, BSW potrebbe infatti essere l’ago della bilancia, se il suo pragmatismo sarà maggiore della sua cifra ideologica.
Ma da dove viene questo Partito, nato a gennaio 2024, che per la prima volta nella storia della Germania porta il nome del suo fondatore (in Italia il primo a pensarci fu Silvio Berlusconi)?
Per capirlo bisogna ovviamente partire da lei, da Sahra Wagenknecht.
Una donna 55enne, compagna di Oskar Lafontaine, nata nella Repubblica Democratica Tedesca (Ddr), che da adolescente non era del tutto acritica nei confronti del sistema, non perché preferisse la democrazia e l’economia di mercato, ma piuttosto perché riteneva che la DDR non si attenesse abbastanza strettamente ai principi comunisti. Pensate che il suo idolo era Walter Ulbricht, una figura nominata da Stalin, che nel 1953 sedò una rivolta operaia nella DDR con l’aiuto dei carri armati russi.
Dopo il crollo della DDR nel 1989, decise di aderire al Sed comunista (poi diventato Pds).
Dopo una militanza nel Pds, ed aver poi ricoperto ruoli di vertice nel Partito Die Linke (anche deputata al Bundestag ed Europarlamentare) a seguito di numerosi contrasti nell’ottobre 2023 la Wagenknecht ha abbandonato Die Linke, e lo scorso gennaio ha fondato appunto“Bündnis Sahra Wagenknecht” (“Coalizione Sahra Wagenknecht”).
Per una “donna di sinistra” è stata una rottura netta; mai prima d’ora una scissione a gauche aveva reciso così di netto la cinghie di trasmissione con il tradizionale universo social-comunista: l’Alleanza Sahra Wagenknecht (Bsw) non ha più nulla a che fare con i Sindacati, la fondazione Rosa Luxemburg, e tutte le altre realtà storicamente legate a doppio filo alla sinistra tedesca.
Ma quali sono allora le sue idee?
Francamente non è facile incasellare la Wagenknecht.
Perché è un po’ tutto ed il contrario di tutto.
A destra su immigrazione e cultura, a sinistra sulla spesa sociale, infusa in un profondo antiamericanismo e simpatie filo russe.
Così mentre il BSW si batte per alzare le magre pensioni dei tedeschi dell’Est ed il salario minimo, contemporaneamente tira il freno sulla difesa del clima, e l’accoglienza ai profughi definita «ultra- problematica».
Il tutto condito con una buona dose di retorica populista: per Wagenknecht il governo Scholz sono “quelli lassù” e il BSW è il “Partito dei disperati”.
Grazie a questo guazzabuglio di idee contrastanti, distinguere la sua alternativa da quella dell’ala “moderata” di AfD (quella non prettamente filo-nazista) non è semplice, fatto salvo che il BSW sta coi palestinesi mentre AfD, nonostante l’antisemitismo nel suo Dna, vede Bibi Nethanyhau come il difensore delle radici-ebraico-cristiane contro la barbarie islamica: né più né meno il ruolo attribuito a Putin e Trump.
In termini di politica estera, Wagenknecht è contraria al sostegno all’Ucraina, e pur condannando la guerra di Putin, incolpa soprattutto la Nato e gli Stati Uniti per il conflitto in corso.
«Basta essere servi della Nato, e no agli euromissili del governo Scholz» è la sua frase che rimbomba nella testa dei tedeschi dell’Est, che fino al 1990 vivevano sotto il Patto di Varsavia, e hanno sempre considerato l’Alleanza atlantica come un pericolo mortale.
Possibile che con questa base ideologica (sic!) questa donna sia riuscita a conquistare il terzo posto in Turingia e Sassonia, diventando in prospettiva il fulcro dei possibili nuovi equilibri della politica tedesca?
In una recente biografia scritta da Klaus-Rüdiger, pubblicata in Germania, dal titolo “Die Kommunistin” (La comunista), la frase più importante del libro recita: «La Wagenknecht padroneggia l’arte di trasmettere il suo messaggio in modo tale da entrare in sintonia con il suo pubblico, permettendogli di concentrarsi solo su ciò che vuole sentire, ignorando il resto. Questa abilità unica l’ha spinta sotto i riflettori, estendendo la sua influenza ben oltre i confini del campo della sinistra. Questo è uno dei segreti del suo successo. Si rivolge non solo ai tradizionali elettori di sinistra, ma anche a quelli di destra che condividono le sue opinioni critiche sulla politica migratoria e sulla correttezza politica”.
Se ci pensate bene, questa Signora rappresenta una sintesi di nazionalismo e socialismo.
Tanto è vero che alla brutta etichetta di «rossobruna» preferisce «conservatrice di sinistra», sebbene «sovranista» sia un termine che non le dispiace, anzi.
Secondo politologi ed osservatori il successo di Wagenknecht non sarebbe dovuto in realtà alla sua capacità nel risolvere i problemi, quanto piuttosto al fatto di aver riempito un vuoto, proponendo una politica sociale di sinistra e una politica della sicurezza di destra.
E senza dubbio in Germania questa miscela è una novità assoluta.
Wagenknecht si è cioè dimostrata capace di ri-polarizzare l’intero Paese, come dimostra il gavettone di vernice che l’ha centrata qualche giorno fa durante il comizio a Erfurt, capitale della Turingia. Lei non ha fatto un plissé, mostrando lo stesso sangue freddo di quando, ancora nella Linke, si beccò una torta in faccia da un iscritto che non digeriva i suoi attacchi alla linea internazionalista del partito.
Sahra Wagenknecht è considerata una maestra dell’autopromozione: ha sempre saputo trasformare se stessa in un marchio immediatamente riconoscibile meglio di qualsiasi altro politico in Germania.
Tuttavia, ha avuto un tale successo anche perché è stata costantemente “valorizzata”, più di qualsiasi altro politico in Germania, dalle principali emittenti televisive statali Ard e Zdf negli ultimi decenni (evidentemente “buca il video” come si usa dire, e si sa che le televisioni sono sempre in cerca di alzare gli ascolti cercando personaggi “divisivi” che attirino spettatori).
Si può quindi affermare con certezza che, senza il tempo che le dedicano ogni settimana sui canali principali, né Wagenknecht né il suo partito BSW, sarebbero arrivati al punto in cui si trovano oggi.
Concludendo questa analisi delle elezioni regionali tedesche, mi sembra di poter dire che il panorama partitico tedesco è ormai in movimento; nuovi Partiti hanno conquistato il proscenio, maggioranze organiche come quelle che hanno caratterizzato per decenni il sistema politico più stabile d’Europa appartengono ormai al passato.
Ed in questa situazione anche una soluzione di emergenza, come la tradizionale Grosse Koalition tra i due pilastri storici della Bundesrepublik, Cdu e Spd, oltre a essere, dati dei sondaggi alla mano, anch’essa a livello federale numericamente impossibile, ha esaurito la sua funzione: e più che offrire sicurezza acuisce le frustrazioni degli elettori.
Un’ultima notazione: è vero che sulla base di questi risultati in qualche modo è rinato il muro di Berlino, ma non va dimenticato che nei Lander della ex DDR vive attualmente solo il 15% circa della popolazione tedesca, per cui a mio avviso l’allarme va un po’ ridimensionato, anche se il problema sarà nell’immediato impedire che il contagio si estenda anche negli altri territori della ex Germania Ovest.
Umberto Baldo