10 Settembre 2024 - 11.10

Viadotto Lueg. Italia e Austria ai ferri corti. Problemi per il Nord Est

Quando ero alle elementari ci insegnavano che le Alpi sono la catena montuosa che nei tempi antichi proteggeva l’Italia dalle invasioni barbariche, e in generale dei freddi venti del nord.

Erano altri anni, la globalizzazione era una parola sconosciuta, i traffici internazionali erano ridotti, le colonne dei tir ai valichi di là da venire.

Che le Alpi siano sempre state un serio ostacolo per i collegamenti fra il nostro Paese e l’Europa del nord è un dato incontrovertibile.

La natura e l’asprezza dei luoghi non facilitavano certo  viaggi, commerci e  trasferimenti.

Ancora adesso, a distanza di secoli, ci si chiede come abbia fatto Annibale a valicarle con un esercito dotato di elefanti.  E si tramanda che abbia dovuto caricare i soldati con queste parole: “Che cosa credete, che le Alpi siano diverse dalle altre montagne? Anche ad immaginarsele più alte della catena pirenaica, in effetti nessuna terra giunge fino al cielo, e non ce n ‘è che gli uomini non possano scalare…I passi sono dunque superabili anche da un esercito…”

Gli itinerari alpini sono molto antichi: il Gran San Bernardo, il Sempione, il San Gottardo, il San Bernardino, il Brennero.

Valichi superati già in epoca romana con soldati e convogli, incolonnati su percorsi non sempre lastricati e sempre sotto la minaccia di crolli, di corsi d’acqua ingrossati e tumultuosi, di frane e valanghe.

Non è certamente la situazione attuale, visto che le Alpi ormai da lungo tempo si superano percorrendo comode autostrade e tunnel.

Ma a pensarci bene i cosiddetti valichi sono delle “fenditure”, dei “passaggi”, nella catena montuosa; e di per sé danno luogo a strozzature naturali per traffici e spostamenti.

E queste strozzature nella nostra epoca possono diventare problemi gravissimi, se non insormontabili, qualora i valichi stradali siano impercorribili, o per eventi naturali, o per “semplice manutenzione”.

E così nei prossimi mesi i collegamenti fra Italia e Nord Europa, e viceversa, potrebbero essere investiti da una sorta di “tempesta perfetta”.

Vediamo perché.

A Ovest sono in corso i lavori per la manutenzione del tunnel autostradale del Monte Bianco, lungo 11,6 chilometri (7,6 sul versante francese, 3,9 in quello italiano). 

Le alternative per chi deve raggiungere la Francia dall’Italia, e viceversa, sono poi limitate a causa della frana che nell’agosto del 2023 ha messo fuori gioco il tunnel ferroviario del Fréjus, e dei cantieri che impediscono il passaggio dei Tir dal Colle di Tenda.

Rimane quindi solo l’autostrada del Fréjus che da Bardonecchia arriva a Modane, in Francia, da cui già transitano in media ogni anno 700-800 mila tir (oltre duemila al giorno) e più di un milione tra auto e moto. Secondo le stime attuali nove camion su dieci saranno dirottati proprio al traforo del Fréjus, che però non sarebbe in grado di assorbire la totalità dei flussi che normalmente impegnano il Monte Bianco, da cui passa il 4,4% di tutto il traffico di mezzi pesanti che attraversa le Alpi, e il 3,3% di quello leggero, se non anche qui a prezzo di gravi disagi.

A Est, il che ci interessa direttamente, alle difficoltà note da tempo,  conseguenti alle limitazioni imposte dall’Austria al passaggio di camion nel tratto di autostrada a nord del valico alpino  del Brennero, se ne è aggiunta una che ha allarmato le imprese e le associazioni di categoria: dal  1° gennaio 2025 il transito dei mezzi sul viadotto autostradale più lungo dell’Austria, che comincia circa sei chilometri dopo il confine con l’Italia, dovrà essere limitato con ogni probabilità a una sola corsia per senso di marcia, a causa di problemi strutturali.

Stiamo parlando del viadotto di Lueg, costruito nel 1969, lungo 1,8 chilometri e alto fino a 72 metri, che si trova sulla A13, l’autostrada che va dal Brennero a Innsbruck, in continuità con l’A22 italiana, l’autostrada del Brennero. 

Si tratta di un manufatto ormai datato, cheha quasi raggiunto la fine del suo ciclo di vita, cioè il periodo in cui può essere utilizzato senza rischi.

Asfinag, la società che gestisce le autostrade austriache, spiega che non è possibile ristrutturarlo: va demolito e ricostruito. La società ha elaborato un piano per realizzarne uno nuovo, ma l’intervento non è ancora partito per via di un ricorso presentato dal sindaco di Gries am Brenner, il paese dove si trova il ponte Lueg, su cui le autorità locali devono ancora pronunciarsi.

Ricapitolando, il ponte di Lueg è ormai a “fine vita”, e a quanto ho potuto capire Il progetto di Asfinag prevede la costruzione di un nuovo ponte a fianco dell’attuale viadotto, su cui spostare il traffico. 

Per costruirlo serviranno non meno di tre anni. A quel punto il vecchio ponte Lueg potrà essere demolito e al suo posto verrà realizzato un secondo nuovo ponte, così da avere due viadotti paralleli sui quali distribuire il traffico. Complessivamente è un intervento da 300 milioni di euro.

In attesa di una definizione del progetto, trovando anche il consenso del Comune di Gries am Brenner, la decisione “prudenziale” è appunto quella di limitare il traffico dal prossimo 1° gennaio su una corsia per senso di marcia.

Va sottolineato che la decisione di per sé non costituisce una sorpresa, perché da tempo l’Austria aveva annunciato la necessità indifferibile di eseguire i lavori di manutenzione sul ponte  di Lueg; ma ciò non ha impedito che le imprese italiane dell’autotrasporto  si siano infuriate per questa decisione, che interessa un corridoio europeo della rete Ten-T, strategico per il nostro export nazionale.

E allora cosa hanno fatto le Associazioni dell’autotrasporto Anita (Confindustria), Agci Produzione e Lavoro, Cna Fita, Confartigianato Trasporto, Confcooperative Lavoro e Servizi, Fai, Fedit, Fiap, Legacoop Produzione e Servizi, Sna Casartigiani, Unatras, Unitai insieme a Uniontrasporti, società in house del sistema camerale italiano?

Hanno scritto (fonte Il Sole 24 Ore) al Ministro Matteo Salvini, facendogli notare che “sul versante italiano esistono manufatti costruiti nello stesso periodo temporale per i quali non sono state adottate analoghe misure restrittive del traffico”. Questo fa ritenere, che le motivazioni addotte dall’Austria sull’urgenza dell’intervento e sulla gravità delle condizioni del ponte Lueg debbano essere accertate da un organismo terzo”.   

Organismo terzo?  Ma siamo alla fantascienza?  Sa a chiedere la verifica di un ente terzo fosse l’Austria, pensate che “aaaa Naaaazzzziiiione” accetterebbe?

Pur comprendendo le legittime preoccupazioni dei trasportatori, che mi sento di condividere, credo che fra tutte le argomentazioni possibili questa sia la meno accettabile; perché di fatto dice “anche noi in Italia abbiamo ponti e strutture vecchie come il viadotto di Lueg, ma noi non abbiamo fatto e non facciamo nulla” (sic!).

Forse questi Signori hanno già dimenticato quel 14 agosto 2018, quando il Ponte Morandi crollò, ed il motivo sembra da ricercarsi appunto nella mancata manutenzione. 

Quindi trovo ammirevole il comportamento delle Autostrade austriache, che mettono la sicurezza degli utenti avanti a tutto, anche degli interessi economici.

Per il resto capisco che la situazione potrà diventare esplosiva, che in assenza di accordi le code al  Brennero potrebbero arrivare anche 50-100 kilometri, ma come in tutte le cose basterebbe sedersi ad un tavolo, ascoltare tutte le ragioni, cercando una qualsiasi soluzione accettabile, pur sapendo che non sarà soddisfacente per tutti. 

Prendendo atto che ponti, viadotti e gallerie non sono eterni, e dopo un po’ di anni serve o una seria manutenzione o l’abbattimento; diversamente i casi “Ponte Morandi” potrebbero ripetersi. 

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