25 Settembre 2024 - 10.26

I nostri ragazzi non sono più attratti dalla patente di guida. Perché?

Cosa volete, la natura ci ha dato le orecchie per sentire, e qualche giorno fa, senza volerlo, mi è capitato di essere nei pressi di due coppie di coniugi che avranno avuto sicuramente più di 50 anni. 

Uno dei due padri informava gli altri che il giorno dopo avrebbe dovuto accompagnare in auto il figlio ad un appuntamento (non ho ben capito di che tipo).

Di primo acchito ho pensato ad un ragazzo gravato da qualche handicap, se non che l’altro padre a quel punto ha posto la domanda che io avevo già sulla punta della lingua: “ma Riccardo non ha la patente?”   

Al diniego della madre, dal resto della conversazione ho poi capito che il “virgulto” ha 23 anni.

Ho poi ripensato a quel dialogo, e ho capito che Riccardo non è un’eccezione, perché anche altri  miei amici mi avevano riferito che i loro figli non sembravano per nulla interessati a dotarsi della patente di guida, con argomentazioni tipo “c’è tempo”, “la farò prima o poi”.

Forse sarò uno che ha troppo tempo per pensare, ma riflettendo mi sono chiesto se questo disamore, questo disinteresse dei nostri giovani per la “patente di guida” possa avere un qualche rapporto con la crisi dell’auto che stiamo vivendo.

Poche tecnologie hanno segnato il Novecento più dell’automobile.

Un tempo la patente di guida era una sorta di rito di passaggio quasi universale verso l’età adulta. 

Io ricordo nettamente che quando ero giovane si aspettavano con ansia i 18 anni, e non per votare (perché allora la Repubblica a 18 anni ti considerava abile per guidare un’auto di qualunque cilindrata, ma non per andare alle urne), ma per poter sostenere quegli esami che ti avrebbero consentito di conseguire quella tessera (fra l’altro di colore rosa e di cotone) che assurgeva quasi a simbolo di autonomia e di libertà. 

Oggi la ignora una minoranza sempre più nutrita di giovani, o si oppone ad essa attivamente, fino ai vent’anni ed oltre.

Qual è il motivo di questa “mutazione”?

Io credo che nessuno sappia e possa dire con certezza perché i giovani adulti non siano più affascinati dall’idea di possedere la patente ed un mezzo di trasporto.

Come vi dicevo, ho riflettuto e ho cercato di trovare qualche spiegazione convincente, anche tenendo conto di dati statistici.

Partendo dagli Stati Uniti, il Paese che, anche in virtù della sua estensione, è stato più di ogni altro plasmato dall’automobile, il primo cambiamento è stato di tipo demografico.

E le statistiche ci dicono che nel 1997 il 43 per cento dei sedicenni del Paese aveva la patente di guida, ma nel 2020, l’anno più recente per il quale sono disponibili i dati, quel numero era sceso al 25 per cento. 

E badate bene che non si tratta solo di adolescenti, perché uno  statunitense su cinque di età compresa tra i 20 ed i 24 anni non ha la patente, rispetto ad appena uno su 12 nel 1983.

Una tendenza simile è in corso in Europa. Nel Regno Unito la percentuale di adolescenti in grado di guidare si è quasi dimezzata, passando dal 41 al 21 per cento negli ultimi vent’anni. 

Se si considerano tutti i paesi dell’Unione europea, ci sono più automobili che mai; eppure, anche prima che i lockdown per il covid-19 svuotassero le strade, la distanza media percorsa in ciascun Paese era diminuita di più di un decimo dall’inizio del millennio.

A favorire questa tendenza al calo hanno sicuramente contribuito anche le  politiche anti-auto attuate da tempo nelle città europee.

Limitazioni all’accesso nei centri storici, Zone a traffico limitato, pedonalizzazioni,  riduzione dei parcheggi e aumento dei costi di stazionamento, con il contemporaneo potenziamento del trasporto pubblico, hanno indotto i cittadini, ed in particolare i giovani, a pensare che l’auto in città sia più un problema che un vantaggio, e che sia preferibile, più pratico e veloce muoversi ad esempio in bicicletta o in monopattino, oltre a tutto mezzi “non inquinanti”, e si sa che l’ecologia è molto sentita dai ragazzi di oggi. 

Credo non si debba sottovalutare il fatto, confermato dagli esperti in materia, che le abitudini di guida che si formano in gioventù sembrano confermarsi nel tempo: nel senso che le persone che cominciano a guidare più tardi continueranno a guidare meno, anche dopo i quarant’anni. 

Se questo modello dovesse persistere, l’inizio del ventunesimo secolo potrebbe rivelarsi il punto di massimo splendore dell’automobile, prima del suo declino.

Altro motivo del “disamore” è senza dubbio di carattere economico. 

Se una volta per una famiglia del ceto medio era normale dotare il figlio di un’auto propria (magari una 500 usata eh!), oggi l’acquisto ai prezzi attuali, ed i proibitivi costi dell’assicurazione, costringono a rinunciare, tanto più che sono di fatto sparite per scelta dei costruttori le cosiddette city car, ed in generale le auto che non costano un occhio della testa.

E’ poi cambiato il modo di viaggiare,esulle lunghe distanze aerei low cost e treni hanno reso meno essenzialel’auto: nessuno va più a Capo Nord con la 500.

Io ai miei tempi ho girato parecchio in Europa in automobile, ma adesso, forse anche per l’età, non lo farei sicuramente più.

Non trascurerei neppure il fatto che l’automobile è stata sempre desiderata dai giovani anche per i suoi contenuti emotivi, legati alle prestazioni ed alla guida veloce. 

L’umanità non credo sia cambiata: solo che, un po’ per il traffico,  un po’ per gli autovelox, un po’ perché questa componente è stata “estirpata” dal prodotto, la guida veloce è ormai un ricordo (osservate che nella pubblicità delle auto vi parlano di schermi giganti, di bluetooth, di sistemi di sicurezza, ma non accennano più alla velocità massima, o agli “da zero a 100 in tot secondi”). 

E possiamo girarci attorno finché vogliamo, ma l’auto doveva dare “emozioni”, far sentire il rombo del motore; e sarà una mia impressione, non credo che le auto elettriche offrano queste esperienze sensoriali.

Permettetemi poi una considerazione personale.  L’auto per un 18enne della mia generazione aveva anche la funzione di “alcova”, e Dio sia quanti amplessi si sono consumati nelle 500, nelle Dyane, nelle Mini, nelle R4, fra contorsioni e leve del cambio mal posizionate (ricordo che un mio amico aveva segato e filettato la leva del cambio della 500, con il risultato che “quanto serviva” lo svitava, per poi riattivarlo a “fattaccio avvenuto”).

Oggi anche questa “opportunità” non ha più alcun senso per  ragazzi e ragazze abituati a incontrarsi al piano di sopra, con i genitori tranquilli a guardare la tv a piano terra.

Non so se queste problematiche siano nei pensieri dei Ceo delle Grandi Case Automobilistiche, o anche in quelli dei Governanti, preoccupati solo che la produzione di auto non diminuisca nei propri Paesi.

Non so se si stiano rendendo conto che anno dopo anno l’automobile non è più il mezzo dei giovani.

E se l’industria dell’auto li rivuole dovrà affascinarli con qualcosa di più accattivante di un bluetooth.

Sapendo che se non riuscirà a riconquistarli, e ad indurli ad acquistare nuove auto, come si usa dire “saranno c…. amari”.

Erasmus

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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