14 Ottobre 2024 - 9.48

“A me piace la gnocca. Posso dirlo? E non dovete rompermi le balle!”… detto da chi non te l’aspetti

Umberto Baldo

Sono da sempre convinto, e ho avuto modo di scriverlo più volte, che quando il problema della disuguaglianza fra i sessi sarà stato definitivamente superato ed archiviato, non sarà più necessario celebrare la Festa della Donna.

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Capite bene che a quel punto, ma purtroppo di strada ce n’è ancora molta da fare, visto che esistono ancora Stati dove le donne hanno meno diritti degli animali domestici, qualsiasi festeggiamento non avrebbe alcun senso. 

Fatti i debiti distinguo, credo che il politically correct, con l’ossessione di offendere con certe espressioni o con certi comportamenti determinate categorie di persone, non avrà più ragione d’essere nel momento in cui certe diversità, di qualunque tipo, saranno entrate nella normale quotidianità della vita.

Però con una precisazione; quella che il politicamente corretto non può trasformarsi in imposizioni, in norme inizialmente non scritte, ma di fatto imposte da una tanto battagliera quanto rumorosa minoranza cosiddetta progressista, che portino ad una limitazione della libera discussione delle idee, influenzando negativamente lo sviluppo culturale.

La chiave di volta, lo snodo del problema, a mio avviso sta tutto nella parola “minoranza”, cui si deve il massimo rispetto, e cui vanno riconosciuti tutti i diritti, scevri da pregiudizi razziali, etnici, religiosi, di genere, di età, di orientamento sessuale o relativi a disabilità fisiche o psichiche, evitando però che questa tutela diventi una sorta di “imposizione”, di camicia di forza, per la maggioranza. 

So bene che di questi tempi, con queste tendenze culturali dominanti, a fare discorsi del genere, in particolare a parlare di “tutela della maggioranza” c’è quasi la certezza di essere iscritti d’ufficio nel campo dei “conservatori” o addirittura dei “reazionari”, per usare un termine di moda quando ero giovane.

Detta in altre parole, qual è il limite oltre il quale la tutela di gruppi vittime di stereotipi diventa censura e “pensiero unico”, anzi, si trasforma in un “cambiamento culturale forzato e fittizio”, in una sorta di autoritarismo delle minoranze dominanti?

In base a quale logica ad esempio le piattaforme online cancellano film e tagliano scene di popolari serie tv, diventate improvvisamente “scorrette”?

Ricordo una battuta del comico Paolo Rossi, che raccontava: “Siamo arrivati al punto in cui se faccio una battuta sugli alpini gay, si offendono sia gli alpini che i gay”.

Certo la battaglia contro il politicamente corretto appare di destra, dalle sparate di Donald Trump ai quotidiani che magari si beano della parola “negro” (ormai impronunciabile negli Usa e anche da noi) piazzata in prima pagina.

Ma può essere che l’eccessivo controllo del linguaggio cominci a stare stretto anche a sinistra, almeno così sembrerebbe guardando un post che gira da qualche giorno in Rete.

Mi riferisco a Marco Rizzo coordinatore di “Democrazia sovrana e popolare”, con un passato da Segretario di un Partito Comunista.

Stiamo quindi parlando di un personaggio politico che si è sempre dichiarato comunista, e di conseguenza, stando alla narrazione corrente ed all’immaginario collettivo, dovrebbe essere uno che nel politically correct, e nella cultura woke, dovrebbe sguazzare come un pesce nell’acqua.

Ebbene Marco Rizzo, nel corso di un dibattito politico dal titolo “L’Italia dei conservatori”, se ne è uscito con questa frase: “A me piace la gnocca. Posso dirlo? E non mi dovete rompere le balle”.

Guardate che non si è trattato di una frase ad effetto, bensì di un passaggio, piuttosto forte dati i tempi, di un ragionamento più ampio, in cui l’esponente della gauche ha anche attaccato il politicamente corretto ed il Pd di Elly Schlien, che a suo dire insegue i diritti politici anziché difendere i diritti sociali.

Ha poi chiarito: “L’altro giorno io stavo ragionando di politica generale davanti a personalità del calibro di Gianfranco Fini, Luciano Violante, che non mi pare siano rimasti scandalizzati. Ormai ho chiuso col Pc, solo il sovranismo popolare oggi può difendere le classi più deboli, Lenin starebbe con noi.   Quella cosa non l’ho detta per compiacermene, stavo solo criticando quest’epoca insopportabile del politicamente corretto, per cui ormai non c’è un film o una pubblicità in cui non ci sia un gay o un nero. Oggi un film come “Amici miei” di Monicelli non si potrebbe fare: “Endovenosa, sorella? Eccomi pronto, grazie… ” , sai le proteste, i distinguo…”. 

E ancora: “Alla nostra epoca tutti i grandi cantanti, Boy George, Freddy Mercury, Elton John, ma nessuno di noi andava a vedere… Oggi i gusti sessuali di una minoranza finiscono per costituire un obbligo per la maggioranza. Ma i desideri non possono trasformarsi in diritti: dall’utero in affitto alle monoporzioni al supermercato. Che ne è della famiglia? La famiglia è un presidio dello stato sociale senza la quale ci sarebbero 11 milioni di poveri in più, e che fa Elly Schlein invece di occuparsene? Si mette a ballare sul carro del Gay pride (il concetto preciso è “La sinistranegli anni ’80 era Berlinguer davanti ai cancelli della Fiat, oggi è la Schlein sul carro del Gay Prideche balla, e io non c’entro nulla con quella roba là”).

Se vi sembrano parole da poco!

Ma Rizzo è così convinto di quello che ha detto, da aver lui stesso diffuso sui suoi canali social la clip, mettendo in testa la scritta con il “claim” contestato. 

Il passaggio su Tik Tok , neanche a dirlo, è diventato virale.

Se la cosa vi piace, o se siete comunque interessati, vi consiglio di accedere a detto social sull’account di Marco Rizzo, dove potete trovare i video in questione.

Poteva passare inosservata una cosa del genere?

Assolutamente no! 

La diretta su Tik Tok ha avuto all’istante, è il caso di dirlo, un’impennata di ascolti: 20 mila like, più di 2 mila commenti. 

Di che genere? Per il 99% positivi, sia da parte degli uomini che delle donne.

Certo mica tutti potevano essere d’accordo, e ci sono stati infatti anche commenti che paragonano le dichiarazioni dell’uomo di sinistra al generale della Lega, Roberto Vannacci: “È quello che ha scritto Vannacci ed ha scatenato un pandemonio“. E anche: “Bravo Rizzo adesso visto che insieme a Vannacci dite le stesse cose”.

Che dire?

La mia impressione è che durante il dibattito Marco Rizzo si sia lasciato andare a dichiarazioni condite dal più classico “Ai miei tempi…”, che in quest’epoca dei social, in poco tempo, sono diventati virali.

Non so se il suo sia un vero manifestoanti woke, nella sua visione più semplicistica e casereccia, da pane e salame, anzi,  da vodka e bliny, per tener fede alle origini sovietiche del pensiero di Rizzo,  come accennato già segretario del Partito comunista, oggi convinto rossobruno. 

Ma non c’è dubbio che quel suo grido “A me piace la gnocca. Posso dirlo? E non mi dovete rompere le balle”, tra il giubilo della folla, è diventato più potente di tanti ragionamenti o di tanti documenti, una sorta di Rizzo-pensiero in antitesi con il progressismo schleiniano.

Resta il fatto inequivocabile, ricordato da Rizzo, che risponde al vero che non c’è film o fiction, o spot pubblicitario, in cui non siano inseriti (a volte con evidenti forzature) personaggi omosessuali.

Io credo che queste scelte, o imposizioni, possono avere l’effetto negativo di creare distanza, di sottolineare ulteriormente la diversità. Per spiegarmi meglio penso che il fatto che questi spot siano così diffusi, ci fa capire che l’inclusione, la parità di genere, non sono state ancora raggiunte, perché quando le hai raggiunte davvero non hai bisogno di inserirle in ogni pubblicità, in ogni film o serie tv”.

Perché dobbiamo esaltare l’omosessualità anche in contesti in cui non ci sarebbe bisogno? Lo facciamo appunto perché sentiamo che non abbiamo raggiunto la parità. Lo facciamo perché dobbiamo dimostrare, a tutti i costi, come Paese, di aver fatto quell’upgrade, quello switch che ci permette di essere moderni, al passo coi tempi, senza contare che la parità, l’inclusione, non si misurano solo sul lessico, ma si misurano sui fatti.

Detto fra di noi, io ho gli stessi gusti di Rizzo!  Ma non deve essere né un merito né una colpa!

Umberto Baldo

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