24 Ottobre 2024 - 9.43

Due anni di Giorgia Meloni. Chi applaude e chi mugugna

Umberto Baldo

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Ricordo che anni fa si diceva che “la pubblicità è l’anima del commercio”.

Evidentemente Giorgia Meloni ha fatto proprio questo principio, e credo sia innegabile che stia utilizzando la comunicazione, in particolare sui social, come mai aveva fatto prima di lei nessun Presidente del Consiglio.

Indubbiamente la Premier ha capito che il segreto sta nella capacità di adattarsi ed evolvere la propria comunicazione al cambiare del proprio ruolo.  

Ed ecco quindi i toni soft, rassicuranti, istituzionali, con cui “buca il video”.

D’altronde mica può essere aggressiva come quando dall’opposizione andava dal benzinaio per denunciare che su 50 euro di benzina ben 35 erano “rapinati” dallo Stato, con contemporaneo impegno di togliere le accise una volta conquistato il Governo.

Poco importa che poi quell’impegno si sia dimostrato come scritto sul bagnasciuga di una spiaggia, tanto si sa che gli italiani dimenticano presto.

In linea con la nuova versione social, nei giorni scorsi è stato diffuso un bello “spottone” in occasione dell’anniversario dei primi due anni di “Governo dei Patrioti”; il tutto accompagnato da 56 slides celebrative, con molti numeri scelti con cura per assicurarsi che il bicchiere sembri mezzo pieno. 

E soprattutto che a chi legge si palesi l’immagine di un Paese che macina record, dal lavoro alla sanità passando per l’aumento degli stipendi, i risultati del Pnrr, l’andamento dell’export, la lotta allevasione (sic!) ed il sostegno al sistema produttivo

(https://www.governo.it/sites/governo.it/files/2_anni_di_Governo_Meloni.pdf).

Peccato che nel mondo delle imprese, nel Fondo Monetario, ora anche nelle Banche,  quindi fuori dalla cerchia del Governo, l’ottimismo sulla crescita italiana mostri toni tutt’altro che trionfalistici (ma forse questi sono solo “disfattisti” che vogliono minimizzare i successi straordinari dell’Esecutivo).  

Perché è vero che le agenzie di Rating hanno per adesso promosso il Paese, e di questo non possiamo che essere soddisfatti, ma è altrettanto vero che  le prospettive per il Pil italiano si fermano allo zero virgola. 

In altre parole, dopo il rimbalzo negli anni che hanno seguito la crisi del Covid, stiamo rientrando sul ritmo di crescita precedente, il che vuol dire che l’Italia comincia ad avere  il “fiato corto”.

Il tempo passa inesorabile, e siamo arrivati al traguardo del primi due anni dell’ “era Meloni”, alla terza Legge Finanziaria, dunque un tempo sufficiente per delineare la politica economica di questo Governo.

In particolare credo si sia chiarito in via definitiva il suo blocco sociale di riferimento che viene avvantaggiato da un fisco amico, e protetto rispetto ad altre categorie o settori economici probabilmente considerati politicamente “meno vicini”.

Certo la Premier ed i suoi Ministri smentirebbero sdegnosamente questa mia affermazione, ci mancherebbe altro, ma poiché il mio giudizio si basa non su impressioni bensì su dati concreti, visibili, riscontrabili in atti normativi, credo sia inequivocabile che ad essere “favoriti” in questo biennio siano stati soprattutto i lavoratori autonomi: piccoli artigiani e piccoli commercianti, professionisti con bassi livelli di compensi, piccoli imprenditori in flat tax, (portata fino a ricavi di 85 mila euro), beneficiati da forfettizzazioni e condoni fiscali.

Piccoli commercianti, artigiani, tassisti, balneari, sono queste a mio avviso le  categorie protette della destra.

Uno storico potrebbe anche immaginare che si tratti, per certi aspetti, di un ritorno all’Italia delle Corporazioni, ma io non credo sia così.

Non credo cioè ci sia una strategia, bensì una sorta di tendenza primordiale della destra italica, che si riconosce nell’idea che in economia “piccolo è bello”.

E’ una vecchia storia, una vecchia visione, che è condivisa anche da buona parte della sinistra, che vede con sospetto o disprezzo le grandi imprese, che considera le Banche alla stregua di strozzini ed approfittatori, Uber un affamatore di tassisti,  e così via. 

Credo che ciò (unitamente alle pecche ed alle carenze del “sistema Italia” nel suo complesso) sia ben percepito dai grandi investitori e dalla grande industria internazionale, e penso non sia un caso se, nonostante tutti gli sforzi del Ministro Urso e di altri Ministri, le grandi imprese straniere si tengano ben lontane dall’Italia, privilegiando per i loro siti produttivi altri Paesi, come la Spagna ad esempio.

Intendiamoci, non è che Giorgia Meloni sia una sprovveduta.

Sa fare bene i suoi calcoli, sa fare i conti in materia elettorale, e quindi non le sfugge certamente che  in Italia chi ha un reddito basso è numericamente più rilevante di chi ha redditi più elevati.  E anche queste persone votano!

E così, unitamente ai favori per le “categorie protette”, i settori più poveri della società vengono in qualche aiutati e blanditi con la politica dei bonus, e con forme di assistenza che permangono anche dopo la cancellazione del Reddito di Cittadinanza.

In definitiva mentre, come abbiamo visto, i lavoratori autonomi sono stati beneficiati con flat tax al 15% e molti condoni tra cui quello tombale che arriva ai prossimi due anni, i tagli dell’Irpef riguardano soltanto le classi con redditi bassi e bassissimi, sia lavoratori dipendenti che pensionati (i pensionati che stanno poco sopra il minimo sono gli unici che hanno ottenuto il totale recupero dell’inflazione).

Tutti gli altri lavoratori dipendenti o pensionati non hanno avuto alcun beneficio; anzi si sono visti ridimensionare gli importi derivanti dalla riduzione del cuneo fiscale e dalla rimodulazione delle aliquote Irpef, dal fiscal drag conseguente all’inflazione;  e i pensionati hanno anche perso parte dell’adeguamento al caro vita.

Scherzando un po’ nei toni, ma dicendo la verità, sembrerebbe che lo sport preferito da questo Governo sia bastonare il ceto medio dipendente o pensionato, che si sta restringendo numericamente ed è quindi sempre meno interessante da un punto di vista elettorale; mentre la categoria dei tantissimi piccoli evasori cronici viene blandita ed accarezzata.

Certo si dirà che quando la coperta è corta bisogna fare delle scelte, e qualcuno che resta con i piedi di fuori c’è sempre.  Peccato che a stare al freddo siano ormai da lunghi anni sempre i soliti!

Ma vedete, il problema è che l’Italia non cresce soprattutto perché la produttività è ferma, e questo motore di sviluppo si è spento principalmente perché troppi lavoratori e troppi capitali sono dispersi in troppe imprese troppo piccole per prosperare nell’attuale paradigma tecnologico.

Ecco perché il “piccolo è bello” favorito dalla destra è una strada senza uscita, perché alla lunga in termini di crescita non porta da nessuna parte. 

Ovunque nel mondo le imprese nascono piccole, ma col tempo crescono, si aggregano, o escono dal mercato. 

In Italia troppo spesso esse vivacchiano, senza né crescere né aggregarsi né perire, tenendo bloccati nelle loro inefficienti strutture lavoratori e capitali che altrove sarebbero più produttivi. 

In altre parole, troppo raramente i fattori di produzione riescono ad organizzarsi su scale adeguate ai requisiti della tecnologia contemporanea.

In definitiva, dopo i primi due anni di Governo Meloni mi sembra assodato che se rientrate nelle categorie “amiche” tutto bene; se invece siete un dipendente o un pensionato che supera la “soglia diabolica” dei 35mila euro l’anno, o fia mai quella “luciferina” dei 50mila, vi conviene non nutrire alcuna speranza che in futuro ci sia qualche beneficio anche per voi.

Anzi aspettatevi che vi prendano pure qualcosa di più; come sembra nell’intenzione del Governo per l’anno prossimo di mettere in un unico plafond tutte le detrazioni, interessi passivi sui mutui, spese per le ristrutturazioni, spese mediche, ecc., il che potrà causare una sensibile diminuzione della possibilità di ridurre le imposte con spese socialmente rilevanti estranee alle attività economiche svolte.

Certo in una democrazia si può sempre votare per l’opposizione. 

Ma in questa fase bipolare, in cui i programmi proposti da Elly Schlein sembrano elaborati in un’assemblea aperta dei centri sociali, anche no, grazie. 

Umberto Baldo

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