Per un punto la Gauche perse la Liguria
Umberto Baldo
Vi ricordate quando Maurizio Crozza finiva l’imitazione di un noto personaggio televisivo, specializzato in divulgazione di “misteri”, con questa frase: “Ma come cazzo è possibile che io sia Vice Direttore di Rai 2”?
Ecco, analogamente il mitico “Campo largo” dovrebbe porsi questa domanda: “Ma come cazzo è possibile perdere le elezioni in Liguria, dopo uno scandalo di tipo corruttivo che ha portato alla carcerazione ed alle dimissioni del Presidente?”
Credetemi, al di là di tutte le analisi, di tutti commenti, di tutte le elucubrazioni, questo è l’unico vero tema di queste elezioni regionali della Liguria.
Perché, per dirla diversamente, il Centro sinistra ha avuto la possibilità di “battere un rigore a porta vuota”, e lo ha sbagliato.
Da quando c’è l’elezione diretta del Presidente regionale non era mai successo che le forze di opposizione non vincessero le elezioni dopo uno scandalo con il coinvolgimento del Governatore uscente.
So bene che la tentazione, tipica della nostra classe politica, sarà quella della “caccia al colpevole”.
E di colpevoli non sarà difficile trovarne; dal partito di Giuseppe Conte naufragato elettoralmente, ai veti contro il partito di Matteo Renzi, imposti sempre da Conte assieme a Fratoianni e Bonelli.
Resta il fatto che un Cento destra inevitabilmente sulla difensiva, dopo aver scaricato Giovanni Toti come fosse stato un “corpo estraneo”, è riuscito a mantenere la guida della Regione Liguria.
Come pure resta il fatto che alle urne è andato solo il 46% dei Liguri, e hai voglia a parlare di pioggia o maltempo (che poi non c’è stato nella realtà).
Lo so che quella della percentuale dei “non votanti” è una vecchia polemica, che forse non interessa a nessuno perché considerata ormai una “norma” nelle democrazie mature.
Ma io penso che a questo punto non si tratta più di cittadini che vogliono mandare un messaggio di scontento ai Partiti, ma di persone che ormai della politica sono talmente schifati da aver perso anche l’interesse ad esprimere il proprio voto.
E sarà anche una sindrome da democrazia matura, ma poiché i numeri non sono un’opinione, tolto il 54% di non votanti, sulla base dei risultati il restante 46% si è diviso in due quasi perfettamente, per cui, inutile nasconderlo, Marco Bucci sarà il Presidente eletto dal 23% dei liguri.
Guardate che la stessa cosa succede da anni anche a livello nazionale, per cui quando sento i Premier affermare di rappresentare “tutti” gli italiani francamente mi viene da ridere.
Il risultato del voto è comunque stato al cardiopalma fino alla fine dello spoglio, ed i numeri finali stanno lì a dimostrarlo: Centro destra 48,77% , Centro sinistra 47,36%.
Il dato più eclatante è stato, come già accennato, il crollo del partito di Conte, che è poi un suo crollo personale.
Ed è un tonfo pesante, perché senza di esso il Centro sinistra avrebbe vinto con facilità.
Alla prova dell’urna, nella Regione di Beppe Grillo i grillini non sono andati a votare, o se ci sono andati non hanno votato comunque la lista di Conte, ed hanno seguito in questo le indicazioni molto esplicite dell’ex comico fondatore del Movimento 5 Stelle.
E così si rompe il primo anello di una catena che nelle speranze di Elly Schlein doveva portare il “Campo largo” a vincere tutte tre le elezioni regionali di questo autunno.
Saltata la Liguria, e quindi il “cappotto”, restano l’Emilia Romagna e l’Umbria i prossimi 17 e 18 novembre.
Si vedrà, ma se il buon giorno si vede dal mattino……
Certo una qualche riflessione si impone a gauche, perché anche se lo scarto finale a favore di Bucci è stato ridottissimo, solo un mese fa i sondaggi spiegavano che non ci sarebbe stata praticamente partita: in alcune rilevazioni, il vantaggio della coalizione di centrosinistra era stimato addirittura intorno ai dieci punti percentuali.
Certo con il senno di poi sarebbe troppo facile sostenere che con Renzi dentro si sarebbe vinto, perché chi ha un po’ di esperienza sa bene che in politica due più due non sempre fa quattro; può anche fare tre.
La verità è che la sconfitta è frutto della mancanza di coesione, quella coesione che invece è la vera forza dei Partiti del Centro destra, divisi da tante cose, ma alla resa dei conti, allo strucco, sempre uniti nell’obiettivo di prevalere.
Certo non è facile convincere gli elettori se tutto sembra un gioco delle tre carte, una politica a geometria variabile, che vede un Conte alleato sul territorio (e non sempre), ma sollecito ad affermare a Roma che “il campo largo non esiste più”.
Come fai a dare fiducia a leader che pensano e pretendono di gestire le alleanze a suon di “veti”?
Ma io penso che c’è un altro aspetto che gioca e giocherà anche in futuro contro la gauche; ed è il fatto che Elly Schlein, data la sua provenienza culturale, ha spostato il Pd sempre più a sinistra, su posizioni progressivamente più vicine a quelle di Fratoianni e Bonelli.
Questo le ha certamente giovato elettoralmente (ed il risultato del Pd in Liguria lo dimostra), ma ha “scoperto” la coalizione al centro.
E il “deserto al centro”, che contraddistingue il “campo largo”, al Nord diventa un handicap rilevante.
Probabilmente la Schlein lo ha capito, e secondo le indiscrezioni si starebbe muovendo per cercare un dialogo con il Nord produttivo.
Al momento però non si vede alcun frutto di queste supposte aperture, ed il risultato è che in Liguria la coalizione di Andrea Orlando si è trovata disarmata sul fonte moderato (la civica con Calenda ha raccolto solo l’1,76 per cento).
La verità è che i giochi di parole, i “dire e non dire”, gli equilibrismi in politica estera, la mancanza di progetti chiari e visibili, che non siano le solite proposte delle “porte aperte” per migranti e della “patrimoniale” per gli italiani, alla fine si pagano, e consegnano il Paese alle destre.
Ormai Schlein e compagnia dovrebbero aver capito che per vincere servirebbe realizzare un vero progetto di cambiamento, da costruire politicamente, che vada oltre la trita e ritrita retorica dell’allarme democratico, di un nuovo fascismo incombente.
Guardando ai vincitori, la gioia della vittoria insperata non può nascondere che il risultato del Centrodestra dovrebbe suscitare qualche preoccupazione. La prima si chiama Genova, in quanto nel capoluogo di Regione Orlando ha vinto nettamente, nonostante la scelta di schierare il sindaco (o chissà, forse proprio per questo). Non proprio un bel segnale visto che a giugno si dovrà votare per il successore di Bucci.
Altro elemento di preoccupazione è il risultato delle liste.
Fratelli d’Italia si deve accontentare del 15% (quasi doppiato dal Pd con il 28,47%), pari a circa 80 mila voti, che però sono meno della metà di quelli ottenuti solo quattro mesi fa alle Europee.
Un crollo che non si può giustificare solo con la presenza di una lista civica pro-Bucci, e sul quale qualcuno dovrà dare qualche spiegazione.
Infine va considerato che per la vittoria è stata determinante l’affermazione «bulgara» delle liste di centrodestra nell’Imperia di Scajola: a dimostrazione che quanto a controllo del territorio gli ex democristiani sono insuperabili.
Con i voti «scajoliani» è stata infatti compensata l’avanzata di Orlando a Genova e a Savona, e si è chiusa la partita.
Certo lo scarto ridotto, meno dell’uno e mezzo per cento, rende più eclatante la beffa per la sinistra, ma la politica, come la vita, è anche questo.
Umberto Baldo