La “Dana” che ha colpito la Spagna. Le negligenze e i morti che forse si sarebbero potuti salvare.
Mentre continuano a scorrere sugli schermi dei nostri televisori o smartphone le tragiche immagine della tragedia che ha colpito la Spagna martedì scorso, con uno strascico di morti e devastazione del territorio di una gravità inaudita, è normale, e direi inevitabile, che ciascuno di noi si ponga due domande: “Cos’è successo?” e “ Si potevano contenere i danni e il numero di vittime?”
Alla prima domanda rispondono la meteorologia e la climatologia.
Quello che è accaduto lungo le coste mediterranee della Spagna, ormai comunemente classificata dalla scienza con l’acronimo Dana (Depresión Aislada en Niveles Altos) non è un evento meteorologico né nuovo né sconosciuto.
Si tratta infatti di una depressione isolata che si stacca dal normale flusso che viene dall’Atlantico e genera zone in quota con una temperatura particolarmente bassa; questo, associato ad alte temperature in superficie, può creare fenomeni convettivi molto intensi, ossia grandi quantità d’acqua che precipitano in poco tempo.
È tipico della regione ovest del Mediterraneo (che corrisponde all’est della Spagna) e di questo periodo dell’anno.
Il fenomeno è lo stesso che viene definito anche cut-off low , detto anche “goccia fredda” e si tratta sempre di una depressione isolata di alto livello prodotta dalla collisione di una massa di aria fredda in altezza con aria calda proveniente dalla superficie.
La Dana dà origine alla formazione di nuvole che provocano rovesci e temporali intensi, e anche forti tempeste.
L’AEMET (Agencia Estatal de Meteorologia) raccomanda di utilizzare l’acronimo DANA per riferirsi a questo fenomeno, piuttosto che il termine “goccia fredda”, che è associato alla scuola tedesca che lo battezzò come kaltlufropfen.
L’anno scorso, uno studio dell’American Meteological Society ha rilevato un aumento di questi eventi estremi dagli anni ’60 su scala globale. Geograficamente, nell’emisfero settentrionale, le zone più favorevoli per l’arrivo del DANA sono; l’Europa meridionale, la costa orientale americana, la regione Cino-Siberiana, il Pacifico nord-orientale e il Nord America nord-occidentale.
Nell’emisfero australe sono più frequenti in Australia e Nuova Zelanda, nella punta meridionale del Sud America e nell’Asia meridionale.
Quanto vi ho appena riferito, senza ovviamente avere la pretesa di aver chiarito tutte le vostre domande, dimostra che quanto successo martedì nella Comunidad valenciana non è stato un “accidente” della meteorologia.
Mio nipote che abita ormai da decenni in Spagna mi conferma che in ottobre il fenomeno della Dana è quasi sempre presente; certo non sempre con l’intensità di quello di martedì, che gli esperti valutano come il più intenso e distruttivo degli ultimi 100 anni.
Ne consegue che, come succede in ogni parte del mondo, dagli Usa con gli uragani, al Giappone o ai Paesi del Sud est asiatico con i tifoni, con l’avanzare delle tecnologie e delle previsioni atmosferiche, gli esperti sono in grado di prevedere in anticipo i fenomeni più pericolosi, e lanciare i dovuti allarmi ai cittadini perché almeno si mettano in salvo.
Viene quindi spontanea la domanda: perché il meccanismo non ha funzionato in Spagna?
In questo caso faccio riferimento sempre a mio nipote, che mi dice che l’Aemet aveva lanciato allarmi di livello “rosso” fin da martedì 24 ottobre.
Quindi già 6 giorni prima dell’evento l’Agenzia meteorologica statale spagnola aveva avvertito della possibile formazione di una Nada.
E allora?
Il problema è che la Spagna, come l’Italia, è articolata in Regioni e Comunidad autonome (come Valencia), e spetta a quest’ultime lanciare eventuali allarmi ai propri cittadini mediante l’invio di un SMS su tutti i telefonini attivi.
Ebbene nonostante tutti gli allarmi lanciati dall Aemet fin dalle 7 del mattino (a questo punto di martedì, il Presidente della Comunidad Valenciana Carlos Mazòn, del Partito Popolare ma questo è solo un dettaglio, si dice impegnato in un convegno, sembra abbia sottovalutato la situazione, ed abbia deciso di inviare il “fatidico SMS” per invitare la popolazione a non muoversi dalle proprie abitazioni solo alle 20 di martedì 29 ottobre, quando cioè il disastro era in corso, le strade allagate o crollate, i grovigli di auto trascinati dalla furia dell’acqua già concretizzati nelle “calle” più strette.
Certo in questo momento Sanchez ed il suo Governo sono impegnati nella gestione dei soccorsi, hanno deciso anche di decretare tre giorni di lutto per le vittime, e vogliono evitare polemiche; ma a denti stretti si comincia a lanciare qualche critica; in particolare si constata che se Mazòn non avesse tardato l’invio dell’allarme telefonico probabilmente più della metà dei veicoli che erano in strada al momento del disastro non sarebbero partiti.
Questo fatto solleva inevitabilmente il problema della “autonomie”, perché come sempre succede nel mondo della politica sotto tutti i cieli, i Capi della Comunidad Valenciana tendono a scaricare le responsabilità della cattiva gestione degli allarmi sul Governo di Madrid, da cui dipende l’Aemet, mentre dalla Moncloa rispondono che la responsabilità dell’operazione di emergenzain una Comunità non è loro, ma dell’Amministrazione regionale, e che quindi doveva essere Mazón a prendere l’iniziativa.
In questa fase è chiaro che non è il momento delle polemiche aperte, ma siate certi che quei morti peseranno nell’immediato futuro, e c’è da sperare che servano a rendere palese che non è possibile spezzettare le responsabilità in caso di eventi atmosferici, perché una sottovalutazione, o la semplice volontà di “non disturbare i cittadini”, alla fine possono trasformarsi in eventi luttuosi.
Da parte mia sono assolutamente convinto che in presenza di previsioni di evento atmosferici estremi si debbano chiudere le scuole, e anche fabbriche e luoghi di lavoro; perché queste precauzioni costano in termini economici certamente meno che sistemare i danni (a parte ovviamente le vittime).
Ormai sapete che della politica mi fido assai poco; per cui ricorro per chiudere sempre alla testimonianza di mio nipote.
Che mi dice che l’allarme Dana gli è arrivato per tempo sul telefonino, anche se abita a Madrid, a oltre 600 km da Valencia.
E che in virtù di questo allarme la scuola che aveva organizzato per oggi (venerdì 31) una gita ad Avila cui doveva partecipare la figlia Sofia (per inciso siamo nel mezzo della meseta castillana, nel cuore dell’altopiano iberico), ha annullato il viaggio.
Per inciso, come era prevedibile, a Madrid ed Avila non è caduta neppure una goccia di pioggia, ma le autorità scolastiche hanno comunque scelto il principio di precauzione.
Come accennavo, le polemiche politiche non mancheranno, ma queste non riporteranno certamente in vita quegli uomini e quelle donne che, con un gestione migliore (a mio avviso centralizzata) forse potevano essere salvate.
Umberto Baldo