6 Novembre 2024 - 11.27

Valanga Trump. Per l’Europa, e anche per l’Italia, è finita la pacchia

Confesso che non ho passato la notte in piedi davanti al televisore per seguire lo spoglio in diretta delle schede con cui gli elettori americani hanno indicato il Presidente che li guiderà per i prossimi quattro anni.

Come di consueto mi sono però alzato presto, verso le 5, in tempo per vedere quella che inevitabilmente è stata la “coda” di queste elezioni, perché contrariamente a quello che è successo negli ultimi lustri, quelle del 2024 saranno sicuramente ricordate come le presidenziali “senza sbavature”, senza incertezze, quasi sicuramente senza quei ricorsi per ricontare i voti cui ci aveva abituato la politica americana.

Già, perché credo che i titoli dei giornali di domani racconteranno quella che, volenti o nolenti, è una “Vittoria a valanga” di Donald Trump.

Una vittoria netta, da qualunque angolazione la si guardi.

Al momento in cui scrivo non c’è ancora la certezza matematica, ma la distanza fra Trump e la Harris è tale da essere incolmabile, per cui  manca solo l’ufficializzazione che il Tycoon ha raggiunto il magico numero di 270 Grandi Elettori che lo designeranno come il prossimo Presidente Usa.

E pensate che il mondo è rimasto per lungo tempo appeso ai sondaggi, agli “0 virgola”, quando sarebbe bastato rivolgersi agli scommettitori, agli allibratori come si usava dire una volta, che da ben tre settimane davano per scontata la vittoria di Trump

Quindi, scherzando un po’, si può dire “allibratori battono sondaggisti 3 a 0”.

Ma a completare il trionfo di Trump c’è anche il fatto che il Partito Repubblicano (ammesso che si debba ancora chiamarlo così e non invece il Partito di Trump) ha vinto anche il voto popolare, nel senso che i voti assoluti per i Repubblicani in tutti gli States hanno superato quelli dei Democratici.

Ma per di più conquistando anche il Senato.

Si tratta di una vittoria molto significativa per il Grand Old Party. Alle elezioni del 5 novembre, infatti, non c’era in palio solo la poltrona di Presidente degli Stati Uniti, ma anche il rinnovo di 469 membri del Congresso: tutti i 435 deputati della Camera e 34 dei 100 senatori. Ad assicurare la maggioranza ai Repubblicani nella Camera alta del Congresso sono state le vittorie di Bernie Moreno in Ohio, Tim Sheehy in Montana e Ted Cruz in Texas. A oggi erano i Democratici a controllare il Senato con una maggioranza risicatissima: 51 a 49. 

Qualora i repubblicani dovessero ottenere anche il controllo della Camera, riuscirebbero ad approvare leggi e riforme con molta più disinvoltura, senza essere costretti a scendere a compromessi con alcuni parlamentari democratici.

Vedete in Francia quali difficoltà ha Macron a governare  non avendo il controllo del Parlamento!

Donald Trump ottiene anche un altro record.

Fino ad ora l’unico presidente degli Stati Uniti che è stato rieletto dopo aver perso un mandato è  stato Grover Cleveland. Cleveland fu eletto per la prima volta nel 1884, diventando il 22º presidente, e perse la rielezione nel 1888 contro Benjamin Harrison. Tuttavia, Cleveland si ripresentò nel 1892 e vinse nuovamente, diventando così il 24º presidente. 

Adesso al nome di Cleveland si aggiunge quello di Trump.

Avremo tempo nei prossimi giorni di analizzare più compiutamente questa vittoria, ma mi sembra di poter dire in estrema sintesi che le parole chiavi che hanno consentito a Trump di trionfare sono state: inflazione ed immigrazione.

«Stavate meglio cinque anni fa od oggi?» chiedeva  Donald Trump alla folla nei suoi comizi. Solitamente il boato dei sostenitori  rispondeva che si stava meglio cinque anni fa, dimenticando che nel 2020 era appena arrivato il Covid. 

Qualche tempo fa mi aveva colpito un sondaggio Gallup che documentava che gli elettori avevano una percezione molto diversa tra chi votava repubblicano e chi democratico. Per i repubblicani erano aumentati l’immigrazione, la violenza, l’inflazione, il terrorismo, la corruzione politica e il deficit dello stato, ed erano diminuiti i fondi alla polizia. Per i democratici erano cresciuti le temperature, i disastri ambientali, l’uso di energia rinnovabile e i guadagni in Borsa, ed erano diminuiti i diritti delle donne che volevano abortire.

Due visioni, due percezioni, nettamente diverse, se non apposte.

I democratici non hanno capito che la fiducia degli americani nelle istituzioni era ai minimi storici, e che la maggior parte delle persone guardava al futuro con apprensione.

Trump ha promesso nei comizi di far tornare il «sogno americano», e gli americani gli hanno dato ancora fiducia. 

Per capire questa scelta  basti dire che l’aspettativa di vita degli americani, tra le più alte negli Anni 80, è oggi inferiore a quella di Francia e Germania, e persino di Cina e Cile. A morire prima sono soprattutto gli operai, quei lavoratori che avevano costruito la nazione come macchinisti e metalmeccanici. Un tempo i loro salari erano ampiamente al di sopra della media nazionale, oggi sono al fondo della scala, superati da chi opera in nuovi tipi di lavoro legati alla finanza e al software. La classe operaia non riesce più a permettersi un’assistenza sanitaria di qualità, una casa, un’istruzione di buon livello per i propri figli.

L’altro grande tema che ha portato i Democratici alla disfatta è quello dell’immigrazione clandestina (da quanti anni predico che questo tema sarà sempre più determinante nelle nostre democrazie, alla faccia delle anime belle?).

Sugli immigrati, sull’”invasione” come la chiama Trump, il Tycoon ha conquistato persino il voto delle minoranze etniche.

Basta un solo esempio: Donald Trump ha ottenuto una vittoria sorprendente nella contea di Starr, in Texas, una delle zone con la maggioranza ispanica negli Usa. Con un margine di 16 punti percentuali, l’ex Presidente ha conquistato un risultato che ha stupito molti, considerando la tradizione politica della regione.  La popolazione della contea di Starr è composta per il 97% da persone di origini ispaniche, un dato che rende questo risultato ancora più significativo. Fino ad oggi, la contea aveva sempre supportato i candidati democratici, e non aveva mai votato per un repubblicano in oltre 130 anni di storia elettorale. Questa vittoria di Trump nella contea di Starr rappresenta un cambiamento di tendenze in una regione tradizionalmente democratica, dimostrando come le dinamiche politiche negli Stati Uniti stiano evolvendo, specialmente tra le comunità latino-americane.

Ma hanno votato per lui anche le minoranze nere del sud, e quelle arabo-americane del Wisconsin.

Sulle conseguenze di un’eventuale vittoria di Trump vi ho intrattenuto ieri (https://www.tviweb.it/elezioni-usa-super-tuesday-il-giorno-della-verita-e-il-giorno-che-puo-cambiare-il-mondo/), e adesso c’è solo da aspettare le prime mosse del neo Presidente dal prossimo gennaio.

Io penso che questa nuova Presidenza Trump costringerà l’Europa a chiedersi veramente cosa vuole fare e rappresentare nel futuro, ad esempio sul tema della difesa.

Ma anche dal punto di vista economico si imporranno certe anche dolorose, perché Trump ha già fatto capire la sua chiara intenzione di promuovere guerre commerciali a 360°, che coinvolgerebbero inevitabilmente anche l’Europa, e quindi l’Italia, che potrebbe subire anche ulteriori conseguenze. 

Certo la politica è l’arte del possibile anche per Trump, ed il futuro è nelle mani di Dio, ma la mia sensazione è che per l’Europa e l’Italia sia “finita la pacchia”:

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