Le proposte del Ministro Valditara per la scuola andrebbero applaudite
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Umberto Baldo
Una mia giovane amica, che insegna materie letterarie alle scuole medie in provincia di Bergamo (quindi non nella Lucania di Carlo Levi dove Cristo di fermò ad Eboli) mi raccontava qualche giorno fa che per cercare di far entrare nella testa dei suoi allievi di seconda e terza media i rudimenti di analisi logica aveva abbandonato “il sacro libro di testo” adottando un altro manuale, da quanto ho capito adatto a bambini con difficoltà di apprendimento.
Non ho potuto che pensare a lei quando ho letto le nuove linee guida dei programmi scolastici rese note dal Ministro dell’istruzione Valditara, pensate immagino per cercare di invertire la rotta della scuola italica, che dopo decenni di parole vuote come “ascolto”, “inclusione”, “disagio”, “ansia da interrogazione”, “coinvolgimento dei genitori”, “rifiuto del merito”, si schianta anno dopo anno contro le prove Invalsi e le rilevazioni dell’Ocse, che attestano, e mi limito a questo per carità di patria, che buona parte dei nostri studenti non è in grado di capire il significato di un testo scritto.
Evidente che se non sei in grado di capire quello che leggi quando ti trovi ancora sui banchi di scuola, dopo qualche anno si può parlare di “analfabetismo di ritorno”, cioè di persone che sono al massimo in grado di comprendere un breve video su Tik Tok.
Non stupisce quindi l’impietoso giudizio del Censis che senza mezzi termini ha definito la scuola italiana “La fabbrica dell’ignoranza”.
Tornando alla mia amica insegnante “orobica” immagino la sua angoscia, probabilmente anche accompagnata da un sorriso, al solo pensiero di far entrare nella testa dei suoi allievi che l’accusativo in latino corrisponde al complemento oggetto, cioè a ragazzi che non hanno neppure la minima cognizione di cosa sia appunto un complemento oggetto.
Per di più sapendo da apposita prescrizione fornita ad inizio anno dal preside che “quest’anno non si boccerà nessuno!”.
E se tutti sanno, genitori in primis, che la regola è quella del “todos caballeros”, perché perdere tempo a studiare?
Scrivo da tempo che ormai il modello di studente della scuola italiana è Lucignolo, ed aver abbassato volutamente il benckmark del livello scolastico agli alunni meno dotati, ha portato alla fina a quella che io definisco “cittadinanza culturale incompleta” per molti italiani.
L’ignoranza diffusa rappresenta una minaccia per la democrazia, poiché riduce la capacità dei cittadini di valutare proposte politiche e riconoscere manipolazioni o falsità (non a caso i social come Tik Tok diventano le principali fonti di informazione ed “acculturazione”)
Ciò perché l’ignoranza alimenta stereotipi e convinzioni antiscientifiche, dal terrapiattismo alla cultura no vax.
Guardate, io ho ormai l’impressione che l’ignoranza sia diventato quasi uno “status” da esibire in Tv, che inorgoglisce tanti leoni da testiera, che alimenta gli odiatori nel dibattito pubblico, ed i demagoghi in quello politico.
Talvolta mi capita facendo zapping di soffermarmi per qualche minuto su quelle trasmissioni a quiz che precedono i telegiornali.
Di fronte a certi strafalcioni, a certi errori su domande di storia, geografia e quant’altro, peraltro sempre banali o alla portata di un pubblico di bassa cultura, commessi da concorrenti persino “laureati” mi viene da lanciare qualsiasi oggetto mi ritrovi per le mani verso le schermo tv.
In una situazione che solo un inguaribile ottimista potrebbe definire “normale”, il Ministro Valditara con la sua proposta di linee guida cerca timidamente di fornire qualche spunto per cercare di invertire una rotta che, come quella del Titanic”, ha come unico sbocco l’impatto con un iceberg.
Quindi a mio avviso questo tentativo merita la dovuta considerazione, e perché no, anche qualche applauso.
Ma quali sono le proposte del Ministro?
In estrema sintesiil ritorno del latino, come lingua curriculare che si potrà scegliere di studiare dal secondo anno delle medie.Dovrebbe essere dedicato maggiore spazio anche allo studio dell’epica nel corso della scuola primaria riportando così sui banchi l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide, affiancati anche da testi contemporanei. I nomi che trapelano sono quelli di Stephen King e Percy Jackson.
Ma è prevista anche l’abolizione della geostoria, ripristinando giustamente la distinzione fra storia e geografia come materie distinte, sia pure intimamente collegate (mi chiedo come si possa gridare Palestina libera se non si sa neppure posizionare sulla carta il territorio palestinese).
Giudico interessante, nell’epoca di Chatgpt, anche ilcercare di stimolare le facoltà mnemoniche dei ragazzi, facendo loro imparare a memoria testi e poesie.
Guardate, io non sposo in toto le proposte del Ministro. Alcune cose suscitano in me qualche dubbio. Ad esempio, pur riconoscendo che la Bibbia costituisce la base di buona parte della cultura occidentale, mi rendo conto che potrebbe creare qualche problema con alunni di religione non cristiana (ma ricordate che la Bibbia, in quanto rivelata da Dio, è libro sacro anche per i musulmani).
Come pure credo che concentrare lo studio della storia principalmente su quella dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente, sia semplicemente insensato (oltre che ideologico).
Ma criticare a scatola chiusa, accusando Valditara di “passatismo”, di “rimpianti verso la scuola che fu” è troppo facile.
Lo so bene che alcuni maitres a penser della pedagogia bollano le proposte del Ministro come dotate di “sapore ideologico”. Ma sarebbe altrettanto ideologico respingerle in blocco.
Certamente è condivisibile la premessa del lavoro: così com’è, la nostra scuola annaspa e bisogna intervenire. È vero che dalle nostre Università escono eccellenze, ma è ancor più vero che la preparazione si misura sugli standard medi, e questi sono bassi, come appunto certifica il Censis, e come chiunque può verificare da solo.
Io credo che per una classe politica che voglia bene al Paese, che creda nei giovani, e voglia offrire loro un futuro diverso dall’emigrazione verso altri Paesi per i più dotati, o lavori di bassa professionalità per i meno brillanti, il problema della scuola debba essere un impegno primario ed imprescindibile.
In fondo Valditara si è limitato a fornire indicazioni (quelli che una volta si definivano programmi nazionali), e sappiamo bene che nell’attuale scuola “modello ‘68” questi programmi prescrittivi lasciano liberi, entro certi limiti di indirizzo, scuole e docenti di predisporre i programmi che preferiscono.
D’altro canto, fallita miseramente la scuola berlusconiana delle “tre I” (Inglese, impresa, informatica”), fallita la scuola progressista dell’inclusione e dei Lucignoli, forse una sguardo al passato, quando i ragazzi uscivano con un adeguato bagaglio culturale, non è proprio sbagliato.
Quindi, cara amica insegnante, nessuno sarà obbligato a mandare a memoria Guido Gozzano, come pure a saper distinguere un presente da un congiuntivo, un accusativo da un ablativo.
Il problema, come sostengo da tempo, è in capo al singolo insegnante, che deve decidere (presidi permettendo, perché è chiaro che i Capi istituto hanno nel tempo assunto la stessa mentalità dei Prefetti) se vuole insegnare, come diciamo in Veneto “in una scòla della Baucàra”, oppure in una scuola che, non rinnegando il meglio del passato, riesca a tenete il passo con il futuro.
Umberto Baldo