A destra della destra! Qualcosa si muove alla destra di Giorgia Meloni
La storia, che nella mia visione del mondo è sempre “magistra vitae”, ci insegna che per quanto tu possa essere politicamente posizionato alle estreme, sia a destra che a sinistra, ci sarà sempre uno più estremista di te, che cercherà di farti le scarpe od epurarti.
A sinistra è sempre stato così, e lo stesso granitico Pci ha sempre patito alla sua gauche il disturbo di partitini o movimenti di ispirazione marxista leninista, trozkista, guevarista, e quant’altro.
Al di là di quello che può sembrare, neanche la destra italiana è un blocco monolitico tutto racchiuso in Fratelli d’Italia.
Basti citare Casapound, Fiamma Tricolore, Forza Nuova, che sono solo alcuni nomi nell’arcipelago di associazioni che gravitano in quel mondo.
Onestamente pensavo che, data la conquista di Palazzo Chigi da parte di una forza politica di cui fino a qualche decennio fa si dibatteva ancora se potesse far parte dell’arco costituzionale (ma va riconosciuto a Giorgia Meloni di aver saputo continuare l’opera di profondo cambiamento a suo tempo iniziata da Gianfranco Fini con Alleanza Nazionale), le schegge della cosiddetta “destra sociale” si sarebbero allineate al nuovo corso, non disturbando il manovratore.
E invece, in tempi molto più ravvicinati di quanto avessi ipotizzato, la Meloni si trova alla sua destra “amici”, forse “patrioti”, che cominciano ad agitarsi, mostrando chiaramente di non condividere il nuovo corso e la linea di governo.
E l’uomo politico che sta mettendoci la faccia in questa operazione ha un nome ed un cognome piuttosto noti sia a livello di partito che a livello nazionale: Gianni Alemanno.
Dopo l’esperienza a mio avviso non esaltante di Sindaco della Capitale, Alemanno è tornato al vecchio amore della politica, rilanciando la cosiddetta “destra sociale” contro le attuali politiche governative.
Partendo da un luogo simbolo, Orvieto, la cittadina umbra che per vent’anni è stata la location storica degli incontri della “destra sociale” e dell’opposizione a Gianfranco Fini in Alleanza nazionale.
E così, sabato 29 e domenica 30 luglio, Orvieto ha ospitato una due giorni di incontri e dibattiti dal titolo “Forum per l’indipendenza italiana. Un movimento per l’Italia”.
Ad aderire una selva (ben 38) di piccole sigle per lo più locali, mini partiti personali come Exit-Sovranità per l’Italia dell’ex leader di Casapound Simone Di Stefano, che ha come primo obiettivo l’uscita dalla Ue, o gruppi di estrema destra come Magnitudo Italia.
Ma Alemanno è uno che è vissuto di pane e politica (come la Meloni peraltro), e oltre al tradizionale mondo della destra estrema punta chiaramente ad aggregare intorno a sé tutto quello che a destra si muove in maniera confusa, non disdegnando di pescare anche nel cosiddetto “mondo del dissenso” che si è sviluppato attorno alle piazze No vax e No green pass, e che oggi decisamente simpatizza per la Russia di Putin.
E quale sia il suo obiettivo lo si capisce chiaramente dalle sue dichiarazioni in qualità di portavoce del Comitato “Fermare la Guerra”: “Dopo i lunghi e negativi anni di governi imposti dall’alto, avevamo salutato Giorgia Meloni come l’avvento di un esecutivo espressione del popolo italiano. Questa speranza fino ad oggi è rimasta delusa, perché, come tutti dicono, questo governo sembra essere la continuazione di quello di Mario Draghi”.
E’ chiaro come il “nocciolo” della polemica sia la svolta politica neo-conservatrice, liberista ed atlantista impressa da Giorgia Meloni a Fratelli d’Italia e, di conseguenza, a tutto il Governo di centrodestra.
Detta in altre parole, Alemanno sa bene che esiste un mondo completamente disallineato rispetto alle forze presenti in Parlamento, e soffia sul fuoco, scagliandosi non solo contro la guerra, ma anche contro l’eccessivo allineamento con la Ue e la Nato, l’incapacità di frenare i flussi migratori, i rischi di divisione dell’Italia con l’autonomia differenziata caldeggiata dalla Lega, le scelte economiche liberiste, la scarsa decisione con cui vengono difesi i valori umani e comunitari, e la sottovalutazione del rischio di Pass sanitario mondiale imposto dall’Oms.
Si dice che Alemanno, come noto ex Sindaco di Roma ed ex Ministro dell’Agricoltura, abbia a suo tempo provato ad assumere il ruolo di capo della minoranza in Fratelli d’Italia; ma che Giorgia Meloni, che quanto a carattere ne ha da vendere, gli avrebbe fatto capire che non “è aria”, che FdI non è Alleanza Nazionale, e di conseguenza non c’è posto per correnti e colonnelli. In poche parole nel Partito comanda Lei, e solo Lei!
Non saranno state queste le parole esatte, ma il concetto era sicuramente: “chi si adegua avrà il suo posto al sole, il suo spazio, anche se magari dovrà mandare giù qualche rospo; altrimenti passi lunghi e veloci”.
A quel punto Alemanno ha cominciato a guardarsi attorno, e ha deciso di puntare nuovamente su un vecchio e tradizionale cavallo di battaglia della destra sociale, l’anti-americanismo, chiaramente incompatibile, anzi antitetico, con la Weltanschauung di questa nuova (o vecchia?) destra meloniana.
Il meccanismo che immagina di sfruttare è piuttosto semplice, e non è certo stato scoperto ieri.
Allorché un partito populista e sovranista come Fratelli d’Italia diventa Forza di Governo tutto cambia perché “bisogna governare”, e per farlo occorre arrivare a compromessi, di cui il più evidente è quello che la Meloni ha siglato con Joe Biden e gli Usa, e più in generale con la Nato e la Ue.
Quando poi Alemanno si è reso conto che l’anti-americanismo e l’anti-capitalismo, con il corollario di simpatie pro Putin, sono diffusi anche in altri settori della società, non necessariamente tutti di destra, ha deciso di saltare il fosso, per provare a costruire un vero nuovo soggetto politico.
Soggetto che a suo dire, in assenza di un cambio di linea politica della Meloni in senso anti-Usa e anti Nato, dovrebbe partire in autunno, e secondo una rilevazione di NotoSondaggi potrebbe occupare uno spazio potenziale del 10%.
Personalmente penso che i sondaggi su Partiti ancora da nascere, basati su 1000 cittadini intervistati, siano piuttosto aleatori, ma per correttezza ne riporto di seguito i dati.
Secondo il sondaggio la percentuale maggiore di chi voterebbe un nuovo soggetto politico di Alemanno si registra tra gli elettori della Lega (27%), di “altri partiti” (24%) e Forza Italia (22%); e c’è anche un 8% tra gli elettori del M5S e di Azione e Italia Viva (più del 7% registrato tra gli elettori di FdI).
In altre parole se domani Alemanno fondasse un nuovo soggetto politico e si facesse affiancare da una classe dirigente fatta di figure politiche nuove, ad esprimere un parere positivo sarebbero soprattutto gli elettori di Forza Italia, il 47% (contro un 18% di parere negativo e 35% di non saprei).
Sarebbe alta anche la percentuale tra gli elettori della Lega (37% parere positivo, 20% negativo, 43% non saprei), mentre tra gli elettori di FdI i pareri positivi si attestano al 31%, i negativi al 27%, ‘non saprei al 42%. In generale, considerando tutte le forze politiche, i pareri positivi e negativi quasi si equivalgono (30% positivo, 31% negativo, 39% non saprei).
Immagino che Giorgia Meloni, politica navigata, finora abbia tenuto d’occhio le mosse e le iniziative del suo ex amico Alemanno, magari con un minimo di preoccupazione.
Ma adesso che la minaccia concreta è quello di dare vita ad un nuovo Partito, che si posizionerebbe a destra di Fratelli d’Italia, non si tratta più di una cosa da sottovalutare.
Perché il rischio reale è che la nuova formazione si possa trasformare per lei e FdI in una vera e propria spina nel fianco.
Non so cosa la premier potrà fare, o cosa intenderà fare, per cercare di evitare questa eventualità.
Ricordo che in altri tempi, quelli della Prima Repubblica, una questione del genere si risolveva con il leader che, a tu per tu, poneva al reprobo (mi si passi il termine) la classica domanda: “A’ fra’, che te serve?”
Non so se adesso funzioni ancora così.
Umberto Baldo