23 Ottobre 2024 - 10.43

Abolito il numero chiuso a Medicina? E’ falso!

Per capire quali problemi dovrà affrontare nell’immediato futuro la Sanita italiana non occorre leggere tomi o relazioni chilometriche: basta accedere ad un qualunque ambulatorio di un medico di famiglia.

Io ieri ci sono andato, e ho costatato che, pur essendo ormai un anziano, ero forse il più giovane fra gli “avventori”, con tutto quello che l’invecchiamento della popolazione (nel 2050 si stima che gli ultra65enni saranno il 35,9% degli italiani) comporta in termini di necessità di maggiori risorse e cambio di organizzazione dei servizi.

Le tensioni si cominciano già a vedere quotidianamente, con le cronache che riferiscono che la vita nei “Pronto soccorso”, vero buco nero della sanità italica, spesso assomiglia a “mattinali di polizia”.

A tutto questo si aggiunge il problema della carenza sempre più evidente di personale sanitario (medici ed infermieri), fra pensionamenti e “fughe all’estero”.

Ed è su questo aspetto che intendo soffermarmi oggi, perché il non aver saputo prevedere per tempo l’attuale carenza di sanitari, pur avendo a disposizione tutti i dati necessari, è sicuramente una delle maggiori prove di incompetenza ed ignoranza della nostra classe politica, e non parlo certo del Governo dei Patrioti, perché quelli che l’hanno preceduto hanno colpe sicuramente maggiori (nonostante quello che urla Elly Schlein).

E come è ormai la regola in questo Paese, in cui i nostri rappresentanti nelle Istituzioni possono affermare tutto e il contrario di tutto, nei giorni scorsi abbiamo appreso una notizia rivoluzionaria, declamata ad alta voce con cipiglio e soddisfazione dal ministro della Repubblica Salvini, con queste parole (che riferisco perché sono emblematiche di un certo modo di fare politica): “Un’altra promessa mantenuta per i nostri ragazzi: basta con il test di ingresso a Medicina, con la casualità, con le crocette, con la sorte, dall’anno prossimo basta test, ragazzi e ragazze che si sentono di fare i medici cominciano e dopo i primi esami sarà il merito, la competenza i voti a decidere chi va avanti e chi invece sceglierà altre strade. Un Paese che dà questa possibilità è un Paese sano”

Avrete certo capito che la novità è quella che sarà abolito il test d’ingresso  per l’ammissione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia. 

Un annuncio i cui toni trionfalistici mi hanno fatto ritornare in mente Luigi Di Maio quando annunciava dal balcone di Palazzo Chigi l’introduzione del “Reddito di cittadinanza”, urlando “Abbiamo abolito la povertà”. 

Abbiamo visto con il tempo come la realtà fosse ben diversa.

E analogamente, sia pure denti stretti, relativamente alla sbandierata liberalizzazione degli accessi a Medicina mi verrebbe da affermare: ”nulla di più falso!”, anche se, con una buona mascheratura, i nostri Demostene cercano di far capire che sia esattamente così.

Capisco che mamme e papà, disabituati ormai a qualsiasi “bocciatura” per i propri pargoli, vedessero nei test di ammissione alle facoltà mediche una sorta di ingiustizia, un ostacolo alle giuste aspirazioni dei ragazzi di diventare tutti dei grandi clinici.

Quindi cosa c’è di meglio che l’annuncio urbis et orbis che i tanto odiati test di accesso andranno in soffitta per sempre?

Todos caballeros quindi?   Tutti medici? Tutti dott. Tersilli?

Ragazzi, spiace deludervi ma non è così, perché a dire tutta la verità si può parlare di abolizione dell’ostacolo solo relativamente al primo semestre, nel senso che le matricole si potranno iscrivere liberamente alla Facoltà di Medicina e Chirurgia senza dover fare i conti con il test d’ingresso. 

Però, al termine del primo semestrenel corso del quale dovranno sostenere  vari esami, sulla base dei risultati conseguiti verrà pubblicata una “graduatoria nazionale”.

Alla fine cioè  si valuteranno i voti, e solo chi avrà superato una certa media potrà proseguire gli studi. Gli altri potranno riprovare l’anno successivo, oppure iscriversi ad altre facoltà, vedendosi riconosciuti gli esami superati.

Riassumendo, per potere accedere al secondo semestre del corso di laurea in Medicina sarà necessario superare tutte le materie previste nel primo semestre, per potere poi essere collocati in una «graduatoria di merito nazionale».   

Ogni anno sarà stabilito «il numero complessivo di iscrizioni al secondo semestre» (ovvero il “numero chiuso”, che quindi non sparisce) in coerenza con il fabbisogno di professionisti determinato dal SSN.

Questo almeno è quello che mi è sembrato di capire da quanto riportato da giornali e media, perché la normativa è ancora in progress in Parlamento, e come sempre in Italia nelle prime fasi è tutto un po’ nebuloso, per cui conviene aspettare l’articolato finale, e credetemi anche i decreti attuativi.

Inutile dire che il solo annuncio delle “porte aperte”, almeno al primo semestre, ha già suscitato numerose reazioni fra gli addetti ai lavori, alcune piuttosto preoccupate.

Come ad esempio quella dei Rettori, la cui Conferenza ha  emesso una nota in cui, paventando un aumento di iscrizioni ingestibile per le facoltà mediche,  si dice: “L’ingresso di 40-60mila candidati in più è semplicemente impensabile. Le risorse attuali, già insufficienti per gli attuali 20mila studenti, non possono coprire un aumento così consistente”. 

E’ evidente che l’apprensione riguarda proprio la qualità della formazione, obiettivo della riforma, che rischia invece di essere danneggiata dall’eccessivo numero di studenti.

Credo non siano preoccupazioni campate in aria, perché se anche non si dovesse arrivare alle 80mila matricole da qualcuno ipotizzate, fossero anche 40/50mila, c’è da chiedersi dove le metterebbero.  Negli stadi?

Ma sappiamo bene che queste “quisquilie” non tolgono il sonno ai nostri politici, interessati ovviamente solo all’effetto annuncio.

Da vecchio frequentatore delle aule universitarie mi permetto di esprimere anche le mie perplessità.

In primis gli iscritti al primo semestre saranno impegnati in una competizione selvaggia, e alla fine solo l’80% di loro potrà proseguire gli studi di Medicina, non perché “non meritevoli”, ma perché “meno meritevoli degli altri” (e pensate quanti ricorsi al Tar dei genitori degli scartati!).

Poi c’è un aspetto che capisco essere piuttosto “peloso”, ma non posso non accennarne; quello che io definirei “selezione localistica”; per spiegarmi meglio parlo della provenienza geografica dei promossi al secondo semestre.

Già adesso ci sono polemiche fra coloro che sostengono che le Università di certe aree del Paese sono meno “selettive” di altre.   

Immaginate, solo per fare un esempio, se nella “graduatoria nazionale” per puro caso ci fossero più studenti provenienti dalle Università del Sud rispetto a a quelle del Nord quali sarebbero i contrasti e le diatribe, quali sarebbero le polemiche al calor bianco.

E poi a volerla dire tutta, in questo Paese in cui purtroppo constatiamo che i livelli corruttivi sono ancora piuttosto elevati, pensate che non si aprirebbe un mercato a suon di raccomandazioni, e  magari anche di mazzette, per far ottenere a figli di parenti ed amici l’agognato superamento dello scoglio del primo semestre?

Via ragazzi, siamo seri, sappiamo già che sarà così!

C’è poi un ultimo aspetto interessante.

Sembra, da quanto trapelato, che gli Atenei tradizionali potranno avvalersi della collaborazione degli Atenei telematici, anche se non è ancora chiaro a che titolo e con quali modalità (attualmente gli atenei telematici non hanno corsi di laurea in Medicina, mentre hanno i corsi di Scienze Motorie e Biotecnologie).

A tal riguardo, al di là di altre considerazioni che forse starete facendo anche voi, sarò anche “antico”, sarò anche “superato dal tempo”, ma io non mi farei operare da un medico che ha studiato e si è laureato davanti ad un video, senza cioè frequentare le corsie degli ospedali.

In definitiva, la riformadell’accesso alla Facoltà di Medicina e Chirurgia, e quindi l’abolizione del test iniziale, sembra non incontrare i favori di Rettori e Docenti.

Seguiremo la vicenda per vedere gli sviluppi, ma per quanto mi riguarda penso che la necessaria riforma delle professioni sanitarie, alla luce dello sfascio cui assistiamo quotidianamente, sarebbe dovuta partire da ben altro che dall’abolizione del test di accesso (non del numero chiuso ricordatelo!).

Umberto Baldo

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