2 Maggio 2019 - 10.30

Al S. Bassiano un intervento innovativo


Utilizzare gli ultrasuoni per rompere le calcificazioni coronariche: è questa la metodica innovativa che è stata utilizzata dall’equipe di Emodinamica dell’ospedale San Bassiano. L’intervento è stato eseguito nei giorni scorsi per ripristinare il corretto flusso sanguigno nell’arteria coronarica di un paziente di 82 anni che presentava un’occlusione del 95%, dunque con evidente rischio di infarto miocardico e che non poteva essere operato con la metodica tradizionale.

«Normalmente in questi casi – spiega il dott. Fabio Chirillo, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia dell’ospedale di Bassano – si procede con la tradizionale angioplastica mediante palloncino, che gonfiandosi all’interno del vaso sanguigno occluso lo espande, ripristinando così il corretto flusso al suo interno. Purtroppo però in questo caso la calcificazione era troppo avanzata per consentire al palloncino di aprirsi. E la metodica alternativa presente in letteratura scientifica, l’aterectomia rotazionale, presentava troppi rischi per essere presa in considerazione. Così abbiamo adottato la tecnologia degli ultrasuoni».
Una metodica innovativa (il San Bassiano è il primo ospedale in provincia ad averla utilizzata, il terzo in tutto il Veneto), ma già ben documentata, con circa 500 casi nel mondo. In pratica, come nelle normali angioplastiche gli specialisti del San Bassiano hanno introdotto un catetere (in questo caso attraverso l’arteria radiale destra, quindi dal polso) fino a raggiungere la coronaria oggetto dell’intervento. Attraverso il catetere è stato inserito all’interno della coronaria un palloncino particolare che, collegato a un generatore esterno di onde d’urto, ha consentito di frantumare il calcio. Questo pretrattamento ha permesso di rimodellare la lesione calcifica e di trattarla agevolmente con il posizionamento di stent (particolari tubicini metallici utilizzati per dilatare e mantenere aperta la coronaria) con un ottimo risultato finale.
L’intervento è durato circa un’ora e un quarto, senza necessità di sedazione, e il paziente è stato dimesso già dopo 5 giorni.

«Poter disporre di questa tecnologica – conclude il dott. Chirillo – ci consente di offrire un’alternativa terapeutica efficace anche ai pazienti non operabili con la metodica tradizionale, che altrimenti avrebbero un’elevata possibilità di incorrere in un evento cardiaco acuto. Si tratta dunque di un’innovazione davvero salva-vita, e voglio ringraziare la sensibilità e la disponibilità della Direzione per avere autorizzato in tempi molto rapidi il suo utilizzo».

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