Alla fine ho scaricato Tik Tok. Lo tengo o lo disinstallo?
Umberto Baldo
Qualche giorno fa, per puro caso, ho fatto due cose apparentemente slegate fra loro, ma che invece, a ben guardare, sono connesse.
Cominciamo con la prima. Mi sono trattenuto un paio d’ore presso l’edicola in cui abitualmente compro i giornali, per constatare la tipologia dei frequentatori.
Ebbene, spiace dirlo, ma io ho visto che i quotidiani ormai li acquistano solo le persone dai 50 anni in su.
Non ho visto giovani, il che mi porta a concludere che l’editoria della carta stampata sia un settore in via di progressiva estinzione, destinato a chiudere i battenti non appena i cinquantenni di oggi passeranno a miglior vita.
Nello stesso giorno, spinto da un amico che fa il giornalista, ho scaricato sul mio Iphone uno dei social media che vanno per la maggiore fra giovani e ragazzi (ma non solo a quanto ho potuto vedere); Tik Tok.
Premetto che finora mi sono volutamente tenuto alla larga dai social più noti e diffusi: qualche tempo fa avevo provato a scaricare Facebook al mattino, per decidere di disinstallarlo la sera stessa.
Perché tornare sulla scena del delitto (scherzo ovviamente) scaricando Tik Tok?
Come vi dicevo, da un lato mi aveva incuriosito il mio amico, dall’altro ero interessato a vedere di cosa si trattasse, visto il braccio di ferro in atto fra questa società di proprietà cinese e l’Amministrazione Americana.
Confesso che mi sono limitato a guardare, senza cioè interagire troppo con l’App. (non ho fatto, come si dice, il tiktoker passivo); ma questo mi è bastato per farmi un’idea dei contenuti.
Non mi attardo a spiegarveli, perché forse l’unico a non conoscerli fino ad ora ero solo io.
In estrema sintesi, per quei due o tre che non lo hanno mai frequentato, Tik Tok è una serie infinita di video, postati da gente di tutto l’universo mondo, che trattano tutti gli argomenti che potete immaginare, anzi sicuramente qualcuno di più.
Guardate, voglio essere chiaro. Non è mia intenzione fare il moralista o l’esperto di comunicazione.
Io come sempre mi limito a trasmettervi le mie impressioni su un fenomeno o su un fatto, fornendovi per quanto possibile delle chiavi di letture “diverse” da quelle più diffuse, senza ovviamente pretendere che siate d’accordo con me.
Tornando a Tik Tok, debbo dirvi che la prima mezz’ora di visione è senz’altro gradevole, perché ti apre un mondo che non ti aspetti.
Il suo punto forte? La velocità. Non ci sono inutili video di 3 ore che ti fanno venir voglia di lanciare il telefono dal balcone; tutto viene condensato in pochi secondi.
Di primo acchito mi è sembrato un social dove si facevano solo balletti stupidi, spesso esibizioni sia di teenager che di “tardone” in cerca di riscatto; poi ho scoperto il suo “potenziale nascosto”.
Ho trovato video interessanti soprattutto di bricolage (evidenti in molti casi le sponsorizzazioni più o meno nascoste), qualche gag umoristica, e anche qualche intervento di qualcuno che cerca di fare cultura (sic!).
Volendo riassumere, direi che Twitter e Facebook si basano sulla parola scritta, Instagram sulle foto, TikTok sui video brevi. YouTube lo metto a parte perché il target è fatto di persone che vogliono vedere video anche di una ventina di minuti, e non tutti riescono ad apprezzare queste tempistiche.
Continuando a guardare, di fronte a certi video hai la netta impressione che molti di coloro che li postano soffrano di tendenze narcisiste.
Per spiegarmi meglio, di fronte a video che si concludono con la richiesta esplicita di un “like”, immagino che al primo “mi piace” costoro pensino: “Cacchio! A qualcuno importa quello che ho da dire!”.
Se ne ricevono due o tre: “Ah, però , allora non é solo mia nonna che mette “mi piace” ! Quando sono arrivati ad una decina: “Wow. sono praticamente un/a influencer! “.
Ma qui a mio avviso si pone il problema vero.
Perché se un soggetto, postando sui social, magari usando profili falsi, post inventati che non corrispondono alla realtà, e talvolta completamente ”costruiti”, in questo modo riesce a sentirsi diverso, e per un po’ di tempo riesce a fuggire dalla propria realtà quotidiana che magari giudica triste, poco male. Dovrebbero essere problemi suoi, o del suo analista semmai!
Ma se dietro invece ci sono dei furbacchioni, dei manipolatori che, compresa l’ignoranza e la debolezza umana, e la poca voglia di impegnarsi a fare sul serio di tantissimi, creano false informazioni, lanciano campagne denigratorie od altro, le cose cambiano.
In altri termini, se si trattasse di argomenti importanti e veritieri, magari potrebbe anche essere una cosa buona; ma se invece si trattasse solo di notizie depistate, o di campagne mediatiche finalizzate a promuovere gli interessi di qualche gruppo politico, economico, o addirittura di uno Stato nemico, non si può più parlare di narcisisti bensì, come accennato, di manipolatori.
Solo per curiosità ho poi provato a cercare i leader politici iscritti a Tik Tok, e li ho trovati tutti, ma proprio tutti: Meloni, Schlein, Conte Renzi, Calenda ecc.
Ovviamente i nostri Demostene non postano video di balletti, bensì brevi interventi relativi alle loro proposte, o performances politiche o di governo.
Non ritengo di avere le competenze per dire se Tik Tok, ma questo vale ad esempio anche per Facebook, Instagram, You Tube o altri social, sia nocivo a meno, in particolar modo per i minori.
Prendo atto che negli Usa lo scontro è dovuto quasi sicuramente alla proprietà cinese, che secondo gli americani consentirebbe al regime di Pechino di acquisire informazioni “sensibili” sui cittadini Usa (ma ho anche il sospetto che Washington sotto sotto voglia così aiutare i social “a stelle e strisce”).
Come pure prendo atto che TikTok è nel mirino anche della Ue con sei filoni di indagine.
In sintesi, si indaga sull’attività degli algoritmi del colosso del web (135,9 milioni di utenti attivi/mese nella Ue, e circa otto miliardi di euro di fatturato mondiale): si intende verificare se creano dipendenza e se catturano l’utente (specie i bambini) con l’effetto informatico detto «tana di coniglio» (spirale concatenata di link e contenuti con risultati alienanti).
E a mio avviso nel prossimo mese ci sarà un po’ il banco di prova, in quanto i candidati alle europee dovrebbero per coerenza rinunciare a fare campagna sul social cinese, vista l’intenzione della Ue di mettere al margine la piattaforma per il rischio di disinformazione (scelta non facile visto che in quattro Paesi voteranno i 16enni, ed in un altro i 17enni).
Ho qualche dubbio che lo faranno!
A questo punto inevitabilmente il cerchio si chiude, e non posso non riprendere l’iniziale constatazione che, all’inarrestabile calo dei giornali e della carta stampata, corrisponde una sempre maggiore diffusione di questi social media.
I quali, inutile girarci attorno, sono piattaforme che si propongono come strumenti di socializzazione e svago, ma in realtà sono imprese che si occupano di conquistare l’attenzione degli utenti per il maggior tempo possibile, per poterla vendere agli investitori pubblicitari.
E a tal fine il modo migliore di tenere le persone engaged il più a lungo possibile è proporre loro una serie senza fine di video più o meno insulsi ma brevi; balletti, animali che fanno cose buffe, umani che fanno facce strane, ragazze che si truccano, scherzi stupidi, anche consigli su come procurarsi una cicatrice in faccia.
E qui arriva fatalmente la domanda finale; qual è il livello di intontimento della popolazione sotto il quale una democrazia non può permettersi di scendere?
E come corollario: quanto sono influenzabili da parte di altri Stati, interessati magari a destabilizzare una democrazia, le scelte politiche di giovani inebetiti da ore e ore passate davanti ad uno schermo, che per di più non leggono più neanche un giornale, e quindi non sono più in grado di valutare se una notizia è vera o falsa o tendenziosa?
Ad essere onesto io credo che siamo già andati oltre il punto di non ritorno, e che non sarà facile liberarsi dei social (o magari contenerli) una volta che si sono presi il tempo della gente, vero tesoro dell’economia digitale.
Per quanto mi riguarda, appurato che Tik Tok non aggiunge nulla alla mia vita, lo disinstallerò come ho fatto a suo tempo con Facebook, con buona pace dei cinesi, degli americani, e quant’altro.
Umberto Baldo