All’Università di Teheran studenti e docenti intonano “El pueblo unido jamàs serà vencido”.
Erano tanti anni che non mi capitava di riascoltare quelle note.
Si tratta di una canzone scritta nel 1970 da Sergio Ortega in collaborazione con il Gruppo musicale Quilapayùn.
Una canzone che diventò famosa in Cile durante i tre anni della Presidenza di Salvador Allende, ma che divenne, dopo il golpe del 1973 di Augusto Pinochet e l’uccisione del leader cileno, un simbolo della lotta per le libertà e contro le dittature in tutto il mondo,
Mi rendo conto che i più giovani possano anche non averla mai sentita, non solo perché sono passati ormai cinquant’anni, ma anche perché almeno in Italia sono venute meno le occasioni per cui era divenuta nota ai più, cioè le feste dell’Unità.
Una canzone che ebbe un suo importante momento anche in Veneto, quando il 6 settembre del 1975, a due anni esatti dal golpe cileno, in un’Arena di Verona gremita all’inverosimile, gli Inti-Illimani, che ne divennero gli interpreti più conosciuti, la cantarono con il pubblico tutto in piedi.
Vi confesso che mi sono venuti i brividi quando ieri l’ho risentita.
I brividi e gli occhi lucidi, perché “El pueblo unido jamàs serà vencido” potrà anche essere una canzone vecchia, anche retrò se preferite, finanche vintage, ma la mia generazione non potrà mai dimenticare cosa abbia rappresentato mezzo secolo fa anche per chi non era comunista come me, vale a dire una grande speranza di liberazione dalle catene della povertà, del sottosviluppo e dello sfruttamento coloniale dei popoli diseredati.
Purtroppo come spesso succedeva in quegli anni, di questo che era e sarà sempre e solo un inno alla libertà dei popoli (e la libertà non è né di destra né di sinistra, allora in Cile ora in Iran), si appropriò la sinistra comunista, trasformandolo così in un canto di divisione, così come avvenuto con “Bella ciao”.
D’altro canto è innegabile che “El pueblo….”, con la sua parte gridata, si prestava magnificamente agli slogan da manifestazione urlati a pugno chiuso.
Ma tornando all’oggi, è passato oltre un mese dall’inizio dell’assedio delle Guardie della Rivoluzione iraniane alla Sherif University di Teheran, dopo le proteste innescate dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne ragazza curda morta per mano della “polizia morale” per non aver indossato correttamente l’hijab.
Ma la brutale repressione non ha fermato le proteste e, a dispetto dei moniti e delle minacce degli Ayatollah, gli studenti continuano a chiedere il rilascio incondizionato di tutti gli arrestati, il divieto di mandati di cattura per i ragazzi rilasciati, la revoca delle recenti sospensioni accademiche, ed il ritiro delle forze armate dai Campus universitari di tutti l’Iran.
Secondo lo Sharif Today, un media che diffonde le proteste in corso al Politecnico di Teheran: “a decine di studenti è stato vietato l’ingresso nei loro atenei. Sono state viste lunghe code fuori dall’università per identificare gli studenti a cui non è consentito entrare. Il codice QR sulle carte viene utilizzato per identificare questi studenti”.
E per ribadire la loro opposizione alla repressione, nel 54esimo giorno di proteste, gli studenti e i professori si sono uniti insieme, e in coro hanno intonato appunto El pueblo unido jamás será vencido (“Il popolo unito non sarà mai sconfitto“).
Modificandone anche il testo, che nella versione tradizionale in spagnolo terminava con queste parole “E ora il popolo/che si alza nella lotta/con voce da gigante/urlando:avanti!”, e che i ragazzi iraniani hanno trasformato in: “Alzati, perché una donna viva una vita di libertà”.
Vi invito a guardarlo con rispetto ed ammirazione questo video, disponibile in Rete dopo essere stato scovato e diffuso da Mariano Giustino, corrispondente di Radio Radicale in Turchia.
Magari a voi quella musica e quelle parole non faranno venire gli occhi umidi, ma rappresentano una testimonianza del coraggio dei ragazzi e dei docenti iraniani disposti a sfidare la barbarie del regime in nome della libertà dalla teocrazia.
E mi auguro che quel verso magico “El pueblo unido jamàs serà vencido” si trasformi in una vera speranza di libertà per tutto il popolo dell’Iran.
Umberto Baldo
Ultim’ora: A Kabul l’accesso a palestre, parchi e giardini è stato vietato alle donne con un provvedimento varato dal regime fondamentalista dei talebani, che segna un’ulteriore restrizione delle libertà e diritti delle afghane.
Con campioni della libertà e del rispetto dei diritti umani di questo genere in Europa c’è qualcuno che ha ancora il coraggio di parlare di integrazione.