Alta velocità Vicenza Padova. Fine lavori mai?
Umberto Baldo
Qualche giorno mi è capitata sott’occhio la notizia che nel giro di 15 anni la Cina ha costruito la rete ferroviaria ad alta velocità più lunga del mondo: 37 900 km in totale (per avere un’idea noi siamo a circa 1.250 km).
Intendiamoci, i cinesi stanno mostrando al mondo capacità costruttive che hanno quasi del miracoloso.
Tanto per fare un solo esempio qualche anno abbiamo visto il posizionamento di un ponte da 46 mila tonnellate in soli 68 minuti, utilizzando una tecnica innovativa.
Per non citare il Ponte sul mare più lungo del mondo, (55 km) completato in soli 4 anni.
Inevitabilmente la mente corre ai tempi “italici”, dove per fare una rotonda solitamente non basta un anno.
Certo i detrattori di Pechino parlano di regime dittatoriale, di partito unico, dove nessuno che non ambisca ad andare a passare qualche anno a picconare in Tibet si azzarderebbe a proporre opposizioni del tipo No Tav, No Tap, No ponte, e di conseguenza, una volta decisi, i lavori procedono e si concludono in tempi record.
Tutto vero, la Cina non è certo un modello di democrazia, e qualcuno fa notare che i regimi autoritari si sono sempre rivelati molto più efficienti di quelli democratici, quando si tratta di costruire infrastrutture.
Se non che anche gli altri Paesi europei sono più veloci ed efficienti nel realizzare pubblici interventi, ed io l’ho visto con i miei occhi ad esempio in Spagna, e credo si possa concludere che, alla fine della fiera, quanto a rispetto dei tempi ed efficienza buona parte dei Paesi ci surclassa.
Tutte queste considerazioni mi sono riaffiorate guardando alla tratta ad Alta Velocità ferroviaria fra Vicenza e Padova, ferma da anni alla fase pre-progettuale (che vuol dire in altre parole alla fase delle chiacchiere), e di cui allo stato non si riesce neppure ad intuire come finirà e soprattutto in che tempi.
Guardate, io mi sono fatto l’idea che i ritardi, i tempi biblici, siano ormai penetrati nel Dna di noi italiani, tanto che quando assistiamo al completamento di un’opera in tempi altrove “normali”, come è avvenuto ad esempio con la ricostruzione del Ponte Morandi a Genova, siamo portati a parlare di un “miracolo”.
Pensate solo che la Superstrada Pedemontana Veneta, completata nei giorni scorsi, ha iniziato il suo iter nel 1990, quando è stata inserita nel Piano Regionale dei Trasporti della Regione del Veneto (se 33 anni vi sembrano una cosa normale!).
Tornando alla linea veloce Vicenza Padova di cui, se la memoria non mi inganna, si parla da oltre 20 anni, tanto da rendere superato ed obsoleto qualunque progetto a suo tempo presentato, tende sempre più ad assomigliare alla mitica “Fiaba del Sior Intento, che dura tanto tempo, che mai no se destriga”.
Quanto richiesto alla fine della filastrocca, “Vuto che te ‘a conta? O vuto che te ‘a diga?” diventa difficile per questo progetto, relativamente al quale, non avendo io accesso agli atti, posso solo cercare di fare il punto sulla base delle indiscrezioni e delle cronache di stampa e media.
Il progetto sembra ormai consolidato nel tratto Grisignano-Mestrino-Rubano, ma ancora in alto mare relativamente alle due città capoluogo, appunto Vicenza e Padova.
Non sono un tecnico, non ho competenze particolari in campo ferroviario, e quindi mi pongo davanti alle cose con lo sguardo di chi vuole semplicemente capire lo stato dell’arte, e come si intenda andare avanti.
Da quel che si legge, e si è letto nei mesi scorsi, relativamente all’uscita da Vicenza verso est mi sembra che alle due ipotesi già sul campo (nuova linea a raso con il cosiddetto “salto del montone” a Settecà, o in alternativa la “galleria corta”) se ne sia aggiunta un’altra, che prevede la cosiddetta “galleria lunga”.
In altre parole parrebbe che l’Amministrazione comunale berica vorrebbe che fosse valutata questa terza ipotesi, che prevede l’interramento dei binari, indipendentemente dall’allungamento dei tempi (due anni in più rispetto ai 5-6 previsti per la soluzione a raso) e dall’aumento esponenziale dei costi (quasi il triplo). A parte poi le questioni tecniche particolarmente difficili, visto che sembra si dovrebbe passare anche sotto corsi d’acqua.
Dall’altra parte, a Padova, non è che le cose siano poi tanto diverse, visto che relativamente al non facile snodo di “Montà” l’Amministrazione patavina non avrebbe ancora fornito ai progettisti del Consorzio le proprie indicazioni definitive.
Da quanto è dato sapere, ai Comuni sono stati forniti dai tecnici vari schemi, ma sembra che, fra richieste di ulteriori simulazioni ed approfondimenti, si sia ancora in alto mare.
Si capisce che di fronte ad una simile situazione Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) stia mettendo sotto pressione le due Amministrazioni, perché in assenza di queste decisioni “di fondo” è impossibile ultimare la progettazione successiva.
Come vi dicevo non è questo il luogo dove discettare circa le soluzioni tecniche sul tappeto, e meno che mai mi spingerei a caldeggiarne una rispetto ad un’altra.
No, qui il problema è diverso; ed è sempre quello che, se al di là di ogni dubbio, l’Italia è il Paese più lento d’Europa nella realizzazione delle opere pubbliche, qualche motivo deve pur esserci.
Io credo si tratti di un mix di fattori, fatto di procedure burocratiche particolarmente lente e farraginose, di una Pubblica Amministrazione complessivamente anziana ed culturalmente impreparata alle esigenze dell’oggi, e di una classe politica sia nazionale che locale interessata al mantenimento del potere, e quindi disponibile ad essere influenzata dagli umori dell’opinione pubblica, soprattutto quelle delle minoranze riunite nei Comitati per il “NO a tutto”.
Vedete, noi consideriamo normale che per fare un’opera da 1 milione di euro servano mediamente 5 anni, e per una da 100 milioni ne servono 15 (con tempi nettamente diversi poi fra Nord e Sud del Paese).
E troviamo anche normale che il 40% del tempo complessivo necessario sia quello dedicato alla fase di progettazione, che è poi la fase in cui si affrontano le problematiche legate al territorio su cui l’opera insiste (proteste, cortei, ricorsi, petizioni ecc).
Se a tutto ciò aggiungiamo anche quelli che io chiamo “tempi giudiziari”, visto che difficilmente una ditta che perde un appalto non fa il suo bel ricorso al Tar (con le sospensive e poi i processi), capite bene perché nel tempo che in Italia si fa una rotonda altrove, nel mondo, si fa un ponte o una strada.
Da non trascurare infine che le lungaggini ed i tempi infiniti rischiano di far diventare obsolete le opere ben prima della loro realizzazione, perché il mondo va avanti più velocemente della nostra Politica e della nostra Amministrazione, e non è detto che un’infrastruttura pensata oggi sia ancora adeguata alle esigenze quando verrà terminata magari venti o trent’anni dopo.
Non meraviglia quindi se dopo anni passati a discutere sulle possibili soluzioni, a Palazzo Trissino e a Palazzo Moroni si sia ancora a “sfogliare la margherita”, fra “salto del montone” e cavalcavia di Montà.
E se provassimo ad affidare ai cinesi la realizzazione delle nostre opere pubbliche?
Con i loro tempi e metodi però; se no sarebbe inutile!
Umberto Baldo