Aria inquinata – Cosa respiriamo – 3
Umberto Baldo
Chiudo oggi la “trilogia” dedicata alla qualità dell’aria, argomento che dovrebbe interessare tutti, ma proprio tutti, visto che nessuno può esimersi dal “respirare”.
Nelle due “puntate precedenti”, per chiamarle così, abbiamo visto che il 97% dei cittadini dell’UE, (dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente) è stato esposto a livelli eccessivi di PM2,5, particelle collegate a malattie respiratorie e cardiovascolari.
Ricordo cheil principale riferimento normativo per i paesi europei è la Direttiva 2008/507CE, che in Italia è stata recepita con il decreto legislativo 155 del 2010.
La legge prevede che per il PM10 non si superino i 50 microgrammi per metro cubo in media in una giornata, e che il dato medio annuale non superi i 40 microgrammi al metro cubo; il primo valore può essere superato per un massimo di 35 giorni l’anno.
Roba non solo superata ma, come accennavo, assimilabile alle “grida manzoniane”, perché è evidente che nessuno è in grado di fare miracoli, facendo sparire di colpo l’inquinamento.
E allora cosa facciamo?
Ce la prendiamo con i Sindaci se nei giorni scorsi i limiti sono stati ampiamente superati in molte città del Nord Italia? Li processiamo?
Il 18 febbraio, per esempio, a Milano sono stati superati i 100 microgrammi per metro cubo, a Torino i 77 microgrammi per metro cubo e le cose non sono andate meglio ad Asti (91), Brescia (87), Bergamo (83) e Piacenza (96).
E l’Agenzia spaziale europea (ESA), sulla base dei dati raccolti con i sistemi satellitari, ha mostrato con una animazione come per buona parte del mese di gennaio l’aria sia stata altamente inquinata in quasi tutta la Pianura Padana, e in molti casi anche nelle zone prealpine e preappenniniche, con più giorni consecutivi di qualità dell’aria “estremamente scarsa”, il peggior livello possibile.
Visto che, nonostante sforzi, soldi spesi, e buone intenzioni, le cose sembrano non migliorare, l’Unione Europea ha preso atto che sarebbe necessario rimettere mano alle normative.
Per questo i legislatori dell’UE dal 2022 hanno negoziato una revisione della direttiva sulla qualità dell’aria: e come sempre succede a Bruxelles quando si tratta di temi delicati, e con ricadute economiche, si è dato vita ad una trattativa fra Consiglio Europeo, Commissione e Parlamento.
Neanche a farlo apposta, proprio martedì 20 gennaio si è arrivati ad un accordo, che nelle intenzioni dovrebbe contribuire a ridurre i 330mila morti che si stima lo smog provochi ogni anno in Europa.
Ovviamente il testo dell’intesa non è ancora disponibile, visto che mancano alcuni passaggi formali, per cui ci affidiamo a quanto riportato da stampa a media.
Il punto di partenza non poteva essere che un rilancio dell’azione sul Green Deal, che in poche parole significa introdurre regole più severe contro l’inquinamento dell’aria.
C’è da dire che non è stato un negoziato facile, perché trattasi di una materia che ha ricadute economiche e sociali pesantissime, e non a caso alcuni Paesi, fra cui l’Italia, hanno cercato in tutti i modi di frenare lo slancio innovatore, in particolare per quanto riguarda la tempistica.
In estrema sintesi (ma si intuisce che la Direttiva sarà molto più articolata), il punto nodale sta in una stretta decisa ai livelli degli inquinanti più nocivi – le polveri sottili Pm2,5, Pm10 e il biossido di azoto (NO2) su tutti – e il diritto al risarcimento per i cittadini con sintomi associati all’inquinamento atmosferico.
Questo del risarcimento non è un passo da poco, ed è facile prevedere che darà la stura a numerosi contenziosi miliardari fra cittadini e Stati.
In particolare le misure messe a punto dalla squadra di Ursula von der Leyen nel pacchetto “Zero Pollution”, stabiliscono limiti più severi per il 2030 per diversi inquinanti, tra cui il particolato (Pm2,5, Pm10), il biossido di azoto (NO2) e il biossido di zolfo (SO2).
Per i due inquinanti con il maggiore impatto documentato sulla salute umana, appunto il Pm2,5 e l’ NO2, i valori limite annuali dovranno essere più che dimezzati.
L’obiettivo dichiarato, ripeto, è quello di ridurre di almeno il 55% il numero di morti premature causate dalle polveri sottili.
Sono inoltre previsti più punti di campionamento della qualità dell’aria nelle varie città.
Per favorire i cittadini, si è poi convenuto di rendere comparabili, chiari e accessibili al pubblico gli indici di qualità dell’aria, attualmente frammentati in tutto il Vecchio Continente, fornendo informazioni sui sintomi associati ai picchi di smog, e sui rischi per la salute associati a ciascun inquinante.
Sono inoltre previste verifiche periodiche, il che comporta che gli standard di qualità dell’aria saranno riesaminati entro il 31 dicembre 2030 e successivamente almeno ogni cinque anni, o più spesso se richiesto da nuovi dati scientifici, così allineandosi alle linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Come abbiamo visto l’intesa trovata dai Ventisette prevede sì nuovi obblighi. ma anche alcune flessibilità.
E’ stata ad esempio introdotta una clausola per i Paesi membri, che potranno chiedere di posticipare la scadenza del 2030 fino a dieci anni (2040) nelle Regioni con determinate condizioni geografiche, o dove la riduzione dell’inquinamento atmosferico sarebbe possibile solo con un “impatto significativo sui sistemi di riscaldamento domestico esistente” (scommettiamo che questa verrà chiamata “clausola Padania”? E scommettiamo che a breve inizieranno le polemiche fra ambientalisti e categorie produttive, che sosterranno che le nuove norme affosseranno il Nord d’Italia?).
Avremo sicuramente modo di ritornare sul tema non appena potremo leggere gli articolati (gli Stati avranno poi due anni dall’approvazione Ue per ratificare l’accordo).
Che dire?
Così, di primo acchito, i due obiettivi fissati dalla Ue, quello della riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030, e dell’impatto climatico a zero entro il 2050, mi sembrano appartenere alla categoria dei “libri dei sogni”.
Intendiamoci; è vero che la cosiddetta “coscienza ecologica” negli ultimi anni è molto cresciuta fra i cittadini, ma è anche vero che, data la varietà delle fonti di inquinamento, immaginare di rivoltare il mondo in soli 6 anni mi sembra quasi utopistico.
Chi può obbligare i cittadini che non hanno i soldi a cambiare le caldaie obsolete, o le automobili datate, o a isolare meglio le abitazioni e quant’altro?
E se a Bruxelles immaginano che i nuovi limiti saranno accolti da tutti con gli applausi si sbagliano di grosso.
Solo per fare un esempio, per di più recente, gli agricoltori olandesi hanno protestato alla grande contro le intenzioni del Governo di ridurre del 30% il numero dei capi di allevamento, ovviamente per abbassare l’inquinamento.
C’è poi il fatto incontrovertibile che mentre noi ci flagelliamo imponendoci limiti ferrei, nel resto del mondo si continua ad inquinare senza porsi tanti problemi.
Il problema è sempre quello, difficile da gestire, perché cambiare certi modelli produttivi, o anche solo adeguare le abitazioni alle normative, comporta costi sia in termini sociali che economici.
E per quanto possa sembrare inconcepibile, “fuori dai salotti delle Ztl” non sempre è agevole scegliere fra ecologia e salute.
Spero abbiate capito che il mio non è cinismo, ma semplicemente realismo, suggerito dal fatto che nel corso della vita di “piani” poi ridimensionati o irrealizzati ne ho visti troppi.
Nelle more, come vi accennavo nella “prima puntata”, voi che come me abitate in pianura padana, abituatevi a consultare i dati relativi alla qualità dell’aria della città in cui vivete, e quanto la stessa non è buona, il che succede assai di frequente, seguite le indicazioni e le limitazioni consigliate dall’Oms.
Di più, come singoli individui, non possiamo fare!
Umberto Baldo