Attenti a Vance!

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Immagino che qualcuno preferirebbe parlassi dei fasti del Festival di Sanremo, che rispetto come passatempo (non certo come un evento da celebrare), ma che non seguo per scelta.
Invece ragazzi tocca ritornare ancora agli sconquassi provocati dall’avvento di Donald Trump, ché potrà magari non piacervi, ma sicuramente condizionerà il vostro futuro e quello dei vostri figli.
Ieri vi ho parlato di “burro o cannoni” perché se c’è una cosa che balza agli occhi dopo i primi 30 giorni dell’ “era Trump” è che “la democrazia a costo zero non esiste”.
Sono bastate poche settimane al Tycoon per scuotere alle fondamenta la rete protettiva delle alleanze, contestare il ruolo delle organizzazioni multilaterali, minacciare con i dazi gli scambi commerciali.
Ieri vi dicevo che era tutto scritto fin dal 2016 nei discorsi del primo Trump, ma l’Europa ha preferito applicare su scala planetaria la logica italica del “adda passà ‘a nuttata!”; ma la nottata non è passata, e la realtà si presenta peggiore delle più fosche previsioni.
Oggi, come una novella Cassandra, mi permetto di lanciare un ulteriore memento.
Quello che sarebbe un errore considerare Trump un uragano passeggero, che si placherà allo scadere del suo mandato (ammesso che non riesca a cambiare la Costituzione Usa), perché non sarà così.
Trump si è mosso anche in una prospettiva futura, e la prova provata è la scelta di Vance come Vice Presidente.
J.D. Vance, che ha solo 41 anni, a mio avviso è destinato a rappresentare il futuro del Partito Repubblicano nell’era post-trumpiana.
Non è un alieno piovuto alla Casa Bianca, cioè non è solo un “normale” Vice-Presidente, bensì un erede politico.
Che riassume tutte le caratteristiche del “trumpiano di ferro”: un millenial venuto su povero e incazzato nella desolazione umana del Midwest, figlio di un’America antropologicamente diversa da quella che abbiamo conosciuto negli ultimi 80 anni, antidemocratico, antiliberale, anti europeo.
Non stupisce se la sua prima uscita sia avvenuta proprio in Europa, in quella conferenza sulla sicurezza di Monaco di cui vi ho riferito ieri.
E a questo appuntamento cruciale Vance si è presentato senza usare alcuna cortesia, imprimendo una nuova accelerazione agli eventi, e quel che più conta dettando nuove regole per la vecchia Europa.
Il suo discorso è stato un capolavoro di supponenza, doublespeak e malevolenza.
Se avete tempo vi consiglio di cercare in rete il testo integrale del discorso del Vice Presidente (alcuni giornali lo hanno pubblicato) perché un conto sono i resoconti giornalistici, un conto la crudezza e l’immediatezza delle parole.
Ma cosa ha detto di tanto sconvolgente, tanto da far scriverea Yaroslav Trofimov, capo commentatore del Wall Street Journal: “Il messaggio è che l’America è una democrazia, e l’Europa l’Unione Sovietica”?
In estrema sintesi Vance ha dato lezioni di democrazia ai leader europei, accusandoli di essere dei censori illiberali che utilizzano una terminologia sovietica come “misinformazione” per nascondere “antichi interessi radicati”, e che hanno paura dei loro stessi cittadini quando esprimono il loro dissenso:
E come esempio di queste paure e di queste censure ha portato la cancellazione delle elezioni in Romania, nel dicembre scorso, vinte a sorpresa da uno sconosciuto nazionalista filorusso rumeno grazie ai fondi russi, cinesi e della criminalità.
Ma secondo lui è censurata anche Alternative fur Deutschland, filo russa ed anti-atlantista per natura, con la cui laeder Alice Weidel ha avuto poi un incontro formale.
Per fortuna, ha sottolineato Vance, che c’è l’America, questa America con un “New sheriff in town”, che ha ancora la magnanimità di fare un’offerta agli europei impauriti e livorosi, e di garantire all’occidente uno spazio libero di confronto e d’espressione, in cui sono accettate tutte le voci, quelle in accordo e quelle in disaccordo.
Quando ho letto queste parole confesso che ho sgranato gli occhi incredulo, perché mi sono chiesto come faccia Vance a parlare di confronto e libertà di espressione, nel mentre Elon Musk, fresco di nomina a capo del Doge, licenzia ogni giorno funzionari pubblici americani colpevoli di averla pensata diversamente da Trump, e di aver agito contro i suoi crimini. Per non dire che la storica Agenzia di stampa statunitense Associated Press, per non aver voluto adottare la dizione “Golfo d’America”, voluta da Donald Trump per quello che è ufficialmente il Golfo del Messico, ha visto i suoi reporter tenuti fuori dalla porta dello Studio Ovale.
In questo mondo capovolto (altro che Vannacci), capitanato da un’America sfigurata ed irriconoscibile, per il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance la ”minaccia più preoccupante per l’Europa non è la Russia, non è la Cina, non è un attore esterno”, bensì «la ritirata dall’Europa dai suoi valori fondamentali” (sic!).
Dove, ovviamente, per valori fondamentali intende tutt’altro che libertà e democrazia: Vance ha infatti accusato l’Europa di negare la libertà di parola, di voler regolare il settore tech (cosa che non piace a Musk, Zuckerberg e compagnia) e di avallare politiche “woke” sul fronte migratorio e sociale.
La sua tesi è questa: per salvarsi, l’Occidente deve uscire da sé stesso; stato di diritto, società aperta e democrazia liberale non rappresentano il tesoro da custodire, ma la zavorra da cui liberarsi, la catena da spezzare per dispiegare appieno la potenza dei popoli e degli Stati (guarda caso è quello che predica da anni il Cremlino).
Non occorre leggere tanto fra le righe per capire che Vance, per dare una scossa all’Europa, si augura l’ascesa delle forze eversive, e si diverte anche ad augurarci la nostra fine: “Se abbiamo retto a Greta Thunberg per dieci anni, voi potrete sopravvivere a qualche mese di Elon Musk”, ha detto compiaciuto, riferendosi all’altro distruttore dell’Europa che infatti ha festeggiato sul suo X il Vicepresidente ripetendo tutto maiuscolo “Mega Mega Mega”, Make Europe Great Again, che era non a caso anche lo slogan del semestre europeo presieduto dall’Ungheria di Viktor Orbán.
Ci sarebbero molte altre cose da riferire, ma spero di avervi dato l’idea di un Vance venuto in Germania alla vigilia di elezioni politiche determinanti per sferrare con fredda determinazione un colpo in faccia all’Europa, sostenendo che i nemici non sono esterni ma dentro la stessa Ue.
E forse per non essere frainteso lo ha scandito chiaramente: “Non si può ottenere un mandato democratico censurando gli avversari o mettendoli in prigione. Né ignorando l’elettorato”. Appropriandosi infine delle parole di Papa Giovanni Paolo II, non abbiate paura: “Non dovremmo avere paura del nostro popolo, anche quando esprime opinioni in disaccordo con il suo establishment”.
Relativamente al richiamo al Papa, io penso invece che noi europei dobbiamo invece avere paura di un Vice Presidente (che non parlava certo a titolo personale) che dice chiaro e tondo che gli Stati Uniti hanno rinunciato alla proiezione europea e all’obiettivo di contenere l’espansionismo russo, per concentrarsi sul nemico vero, la Cina.
Penso che parole del genere abbiamo il suono delle “campane a morto” per i Paesi del Nord Europa, in particolare per gli ex satelliti dell’Unione Sovietica.
Volendo concludere (ma sappiate che questo è solo un inizio), mi sento di dire che più che una prospettiva isolazionista, dietro la retorica di Vance sui valori occidentali, percepiti da Trump e dalla sua cricca come superati e negativi, si respira sempre più un atteggiamento profondamente anti-occidentale, poiché a venir meno, in ultima istanza, è proprio la difesa dei valori occidentali e dell’ordine mondiale costruito dopo la seconda guerra mondiale.
Mi piange il cuore constatare che un grande Paese come gli Stati Uniti, che io considero ancora come una costola della cultura europea, stia avviandosi verso una deriva autocratica ed antidemocratica.
A noi europei non resta che fare di necessità virtù, ponendoci in primis il tema della difesa, non solo sul piano strettamente politico e militare, ma anche su quello culturale e storico.