29 Aprile 2024 - 15.24

Baby gang e violenza minorile: la Francia vuole eliminare la ‘scusa’ della minore età. Siete d’accordo?

Shemseddine, quindici anni, ucciso in un brutale pestaggio mentre tornava a casa a Viry-Châtillon (Essonne). Samara, uccisa a seguito di un’aggressione subita alla fine della scuola a Montpellier (Hérault), e le rivolte estive del 2023, Matisse è stato accoltellato a morte a Châteauroux… Sono solo alcuni dei tragici esempi di violenza tra adolescenti. Di fronte a questo fenomeno, il primo ministro Gabriel Attal ha annunciato una presa di posizione decisa. Ha incaricato il ministro della Giustizia di avviare un dibattito sulla riforma del sistema giudiziario per i minori. “La delinquenza giovanile si è intensificata, è diventata più violenta”, ha dichiarato questa settimana Éric Dupont-Moretti durante un’intervista su RTL.

Attualmente, a partire dai 13 anni, i minori sono considerati penalmente responsabili, ma godono di attenuanti legate all’età. Le loro pene sono ridotte rispetto a quelle degli adulti. Attualmente, ogni giovane tra i 13 e i 16 anni beneficia automaticamente di questa attenuante. Dai 16 ai 18 anni, il giudice minorile può decidere di applicarla.

Con la riforma proposta dal governo, questa attenuante non potrebbe più essere applicata a partire dai 13 anni. Tuttavia, secondo il sindacato dei magistrati e diversi avvocati, questa decisione è vista come un’eresia. “Tornare a questa concezione dell’età come attenuante significa considerare che un bambino sia un adulto. Un bambino di 13 anni verrebbe trattato con le stesse pene di un adulto. È una negazione dell’infanzia, dell’idea che siamo in fase di crescita verso l’età adulta”, spiega l’avvocato specializzato in diritto minorile, maître Isabelle Clanet.

Attualmente, i giovani delinquenti sono principalmente condannati a servizi comunitari. Tuttavia, secondo alcuni sociologi, queste sanzioni non sono sufficientemente dissuasive. “Oggi, tutti i settori sociali possono essere coinvolti, a causa di una nuova tendenza: l’incoscienza frequente dei nostri atti”, sostiene Michel Fize.

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