Ballottaggio in Francia. “Gallia est omnis divisa in partes tres…” La grande illusione del sovranismo francese. Il tragicomico commento dalla Russia
Umberto Baldo
Come immagino molti di voi, ieri sera alle 20 ero davanti alla Tv per scoprire dal primo exit poll chi avesse vinto le elezioni in Francia.
La prima cosa che balza gli occhi leggendo i dati è che anche in politica “Vendere la pelle dell’orso prima di averlo preso” è sempre sbagliato.
E lo dimostra il fatto che l’enfant prodige di Marine Le Pen, Jordan Bardella, che spericolatamente aveva dichiarato che sarebbe stato il nuovo premier francese, si trova con il suo Partito al terzo posto, dopo il blocco delle sinistre ed i centristi di Macron.
Ma guardiamoli questi dati.
Come accennavo, a sorpresa il Nuovo fronte popolare (Nfp) conquista 192 seggi, la maggioranza presidenziale di Ensemble 168 seggi, ed il Rassemblement National 143 seggi.
Il blocco delle sinistre sarebbe comunque lontano dalla maggioranza assoluta, che è di 289 seggi, cioè la metà più dei 577 che compongono l’Assemblea Nazionale.
In estrema sintesi mi sembra quindi si possa dire che il vero vincitore delle legislative è il Nuovo Fronte Popolare, la coalizione delle sinistre socialista, ecologista, comunista e mélenchonista, che hanno funzionato le desistenze anti Rn, che ha funzionato il fronte repubblicano, seppur forzato e bizzarro tra due coalizioni che se ne sono dette di tutti i colori durante la campagna elettorale, che gli elettori hanno seguito le indicazioni delle loro famiglie politiche, la strategia del “tutti contro il Rassemblement national”.
Mi asterrò per il momento da analisi politiche che lasciano sempre il tempo che trovano, e mi limiterò quindi a darvi qualche impressione e qualche chiarimento.
Innanzi tutto, sentendo le dichiarazioni di Mélenchon, vecchio tribuno trotzkista-giacobino adesso Insoumis (non sottomesso, ribelle), che assomiglia nei toni al Peppone di Don Camillo, toni da comunista in piena guerra fredda, uno potrebbe pensare che lui sia il “Capo” di tutta la sinistra.
Non è esattamente così, perché del Fronte Popolare, oltre che la France Insoumise di Mélenchon (74 seggi) fanno parte anche il Partito socialista (59 seggi) e gli ecologisti (28 seggi), con esponenti che, sono pronto a scommettere, sono molto meno estremisti e massimalisti dell’antisemita Mélenchon.
Credo non vada poi sottovalutato il risultato dei centristi di Macron, che hanno ottenuto dei numeri che nessuno alla vigilia avrebbe nemmeno ipotizzato. Certo si potrebbe dire che ha giocato a poker; è stato molto pericoloso, ma suo partito è uscito secondo, e quindi è come se avesse vinto di nuovo.
Venendo infine alla Le Pen e al suo Rassemblement National, che passa in un mese dal successo strabiliante delle europee a quello delle politiche, e poi in un sola settimana alla “sconfitta” (non numerica ma sicuramente morale) del secondo turno di ieri, io ho un’idea che mi frulla in capo da tempo.
Nel senso che a mio avviso periodicamente i francesi usano l’estrema destra della Le Pen come un “ba bau” per la classe di governo. La fanno vincere in elezioni come le Europee, o le Amministrative, o il primo turno delle politiche, per poi sbarrarle la strada quando si fa sul serio (ballottaggio o Presidenziali).
In altre parole il voto dimostra che la destra non riesce ad entrare ed istituzionalizzarsi, e ieri abbiamo avuto la conferma che quando i francesi sono chiamati alle urne non scelgono le leggi razziali, non scelgono chi vuole creare nemici, chi sotto sotto è anti europeo e filo putiniano, e questo credo ridia un po’ di conforto sul senso di cos’è la vera politica.
Ieri sera poi è stato il momento della gioia per una parte, e del rammarico per l’altra.
E così Place de la République si è riempita di sostenitori della sinistra inneggianti alla vittoria, mentre nel quartier generale della Le Pen il colorito più diffuso nei volti era fra il verde ed il grigio.
E adesso?
Tutto a posto? Nuovo Governo a breve, e via col vento?
Qui per la verità sorge il problema.
Perché i numeri, come vi dico sempre, sono la chiave per capire la politica.
E se guardate bene, e fate qualche “più”, vi accorgerete che nessun raggruppamento politico raggiunge la maggioranza dei 289 deputati richiesti, e ciò mi ha fatto riaffiorare il ricordo dell’inizio del “De bello gallico”, che Giulio Cesare inizia con queste parole “Gallia est omnis divisa in partes tres..”.
Dal suo ritiro all’Eliseo, Emmanuel Macron non ha parlato e ha lasciato filtrare attraverso il suo entourage un invito alla «cautela», perché “i risultati non dicono chi debba governare», e bisognerà attendere che il Parlamento «si strutturi» per «prendere le decisioni necessarie».
Io credo che di una cosa non si potrà non tenere conto nella formazione del Governo; vale a dire delle “desistenze”, cioè di quei veri e propri passi indietro che sono stati fatti da molti esponenti centristi a favore di quelli del Fronte, e viceversa.
Va bene che in politica vale tutto, e non dovrebbero esserci “sentimenti”, ma stavolta c’è stato una specie di “patto d’onore” fra gentiluomini per fermare l’estrema destra,
e sarebbe oltre modo “disonorevole” non tenere conto di uomini e donne che hanno fatto un passo indietro per una causa comune.
E poi i numeri non offrono molte alternative, e quindi sarà una coabitazione, ma non con la destra estrema, piuttosto guardando a sinistra.
Con quale premier è ancora tutto da capire.
Il rompicapo è tutto di Macron, che è appunto obbligato a nominare un primo ministro di “sinistra”.
In questo momento è impensabile immaginare Mélenchon a Matignon, non solo perché trattasi di un personaggio troppo divisivo, ma anche perché il Fronte è composto pure da moderati che hanno siglato per onor di firma un programma molto radicale con il quale non sono certamente d’accordo.
Non so se le cose in Francia possano funzionare come in Italia, ma noi che siamo da sempre abituati a situazioni che sembrano ingovernabili, siamo i maestri del “A Fra’ che te serve?”.
Nel senso che da noi la prima cosa che si cercherebbe di fare sarebbe quella di “spaccare” il Fronte Popolare, a suon di posti di Governo o sottogoverno.
Immagino che, visto che tutto il mondo è Paese, la stessa cosa Macron cercherà di fare anche in Francia.
In ogni caso mi sento di dire ai cugini francesi “Bienvenu en Italie”.
Chiudo confessando che mentre guardavo scorrere i risultati delle elezioni francesi mi figuravo le facce dei nostri leader.
Da quella sicuramente soddisfatta di Elly Schlein, che forse trova conferma che il suo fantomatico “campo largo” funziona (anche se in realtà il campo largo italico funziona un po’ come “Alla Fiera dell’Est” di Angelo Branduardi), a quella meno allegra di Matteo Salvini, che sicuramente già pregustava il trionfo dell’amica Marine (avrà rimesso in cantina lo champagne).
Alla fine mi scappa da dire: vuoi vedere che quella che era sembrata una pazzia da parte di Macron, vale a dire le elezioni anticipate, si è rivelata in realtà una grande intuizione politica?
Visti i risultati senza dubbio, anche se penso che il disegno di Macron fosse in realtà un altro; quello di dare l’incarico di Primo Ministro a Jordan Bardella, facendolo governare per i prossimi tre anni, così obbligandolo a palesare ai francesi le bugie e le promesse irrealizzabili della destra sovranista (il tutto per vederlo fallire, e così vaccinare i francesi contro Marine Le Pen).
Il popolo francese ieri ha deciso diversamente, e ad urne chiuse comunque Macron ha vinto la scommessa, perché il suo Ensemble rimane comunque indispensabile per formare qualsiasi maggioranza.
Certo adesso le trattative che contano si svolgeranno sotterraneamente fino al 18 luglio, ma se dovessi scommettere il classico “dollaro” io punterei sullo scioglimento del Fronte Popolare, con la nascita di una coalizione formata da macronisti, repubblicani e sinistra moderata. In fondo la stessa che governerà l’Europa con Popolari, Socialisti e Liberali.
Questa è la politica, piaccia o non piaccia!
Umberto Baldo
PS: non avesse fatto il servo-sciocco di Vladimir Putin, il Ministro degli esteri russo Serghei Lavrov avrebbe avuto una sfolgorante carriera come comico.
Lavrov ha infatti accusato la Francia di “manipolare” la volontà degli elettori nel secondo turno delle elezioni parlamentari, sostenendo che il sistema elettorale francese non rispecchierebbe i principi democratici (sic!).
Dimenticando che in Russia i candidati poco “allineati” sono dichiarati “ineleggibili”, e quelli più pericolosi come Navalny addirittura eliminati, che è vietata qualsiasi manifestazione elettorale, che gli osservatori indipendenti, come quelli dell’Ocse, sono esclusi o bannati.
Certo che quanto a faccia di bronzo