Banche Venete- Le Poste italiane per il salvataggio: Viola, se saltano a rischio tutto il Nord Est
Poste Italiane sarebbero pronte ad entrare per il fabbisogno di capitale privato da 1,25 miliardi di euro per Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca richiesto dall’Europa; il Tesoro dunque potrebbe calare l’asso Poste.
Questo intervento secondo le indiscrezioni di MF potrebbe avvenire in due modi, attualmente allo studio. Uno è la partecipazione del gruppo nel capitale mancante per importi da definire e che comunque saranno ridotti nel negoziato in corso tra l’esecutivo e l’antitrust europeo. L’altro prevede il coinvolgimento di Poste Vita, che potrebbe rilevare da Vicenza il “sistema Cattolica” (le quote restanti nell’assicurazione più le società della partnership bancassicurativa) riducendo di 250 milioni di euro il fabbisogno di capitale richiesto.
Al momento ufficialmente il presidente di Poste, Bianca Maria Farina, ha solo confermato la disponibilità del gruppo a finanziare Atlante come già nel corso del 2016, mentre non ha mai parlato di un coinvolgimento diretto da parte di Poste in quest’operazione. Va tuttavia ricordato che gli azionisti di maggioranza di Poste sono il Tesoro e la Cassa depositi e prestiti.
“La sostituzione di Cattolica Assicurazioni nella partnership di bancassicurazione con la Popolare di Vicenza allevierebbe il fabbisogno di capitale della banca. La notizia sarebbe positiva per Cattolica che deve incassare circa 190 milioni da Bpvi a fronte dell’esercizio della put sulle joint venture di bancassurance”, hanno osservato gli analisti di Equita che sul titolo Poste Italiane hanno un rating hold e un target price a 7,1 euro, lo stesso giudizio su Cattolica Assicurazioni (target price a 8 euro).
Comunque, secondo altre fonti di stampa, forse già oggi una delegazione italiana con rappresentanti del Tesoro potrebbe presentarsi a Bruxelles con una lettera di impegno di quattro operatori di private equity per un ingresso nelle banche venete. Le modalità di ingresso dei fondi (Atlas, Centerbridge, Warburg Pincus in cordata con l’hedge fund Baupost) non sono ancora compiutamente definite: si parla di prestito obbligazionario convertibile o di altri strumenti partecipativi.
La disponibilità dei fondi di private equity e, stando agli ultimi rumor, di Poste Italiane a investire nelle due banche venete dovrebbe permettere di raccogliere il miliardo di euro di investimenti privati, scongiurando definitivamente la possibilità del bail-in per i due istituti. Una definitiva soluzione sul salvataggio delle banche venete rappresenterebbe una notizia molto positiva per il settore bancario italiano.
Fabrizio Viola, ad della Banca Popolare di Vicenza e consigliere di Veneto banca, in un’intervista ha messo in guardia dagli effetti di una crisi non risolta delle banche venete, sostenendo che non sarebbero molto inferiori a quelli generati da un default della Grecia. Per essere più chiari la procedura di bail-in impone il rientro forzoso degli impieghi a tutela dei depositi.
“Si pensi che Bpvi e Veneto Banca hanno concesso prestiti buoni, cioè al netto da sofferenze e incagli, per circa 30 miliardi. In gran parte concentrati nel Nordest, cioè nel territorio più importante per l’economia nazionale. Doverli richiamare da un momento all’altro creerebbe uno sconquasso tremendo, non senza conseguenze anche sul piano politico. Anche per questo faccio appello al senso di responsabilità delle autorità europee: le dimensioni in gioco non possono essere sottovalutate”, ha spiegato Viola, sostenendo che i tempi di soluzione della crisi si sono allungati in misura insostenibile, “quello che era sostenibile un mese fa rischia di non esserlo tra un mese”.