BASSANO – Inaugurata TAC 128 strati all’ospedale
“A breve approveremo in Giunta una delibera che conterrà nuovi modelli organizzativi per i Pronto Soccorso, che consentiranno al cittadino di attendere di meno e ai sanitari di lavorare con meno pressione”.
Lo ha annunciato il Presidente della Regione del Veneto, inaugurando oggi, all’ospedale San Bassiano di Bassano, accompagnato dall’Assessore regionale alla Sanità e Sociale, dal direttore generale dell’Ulss Pedemontana, Bortolo Simoni e da numerose autorità locali, una nuova Tac a 128 strati di ultimissima generazione, del valore di oltre 560 mila euro, che consente la massima accuratezza e velocità di indagine, ma con una ridotta esposizione alle radiazioni (un bimbo viene totalmente esaminato in 0,6 secondi).
“In giro se ne sentono di tutti i colori – ha aggiunto il Governatore – si sente che Bassano viene ridimensionato, che Asiago chiuderà, che l’Ulss Pedemontana verrà eliminata. Fake news. La verità è che, qui come altrove, e come oggi con questa Tac, continuiamo a investire in tecnologie (70 milioni di euro l’anno nel Veneto) e organizzazione, che questa è una delle nove Ullss della riorganizzazione e tale rimarrà, che Asiago verrà sviluppato con la conclusione di tutti i progetti in corso, che Bassano e Santorso non sono e non devono sentirsi in competizione, perché sono due strutture valorizzate dalla programmazione e che, con Asiago, non solo rimarranno, ma potranno anche crescere”.
“Lo scenario, qui come altrove – ha detto – è di progresso, di novità tecnologiche, di nuova organizzazione basata sempre di più sulle alte specialità, sulla specializzazione degli ospedali, sulle elevate tecnologie e professionalità, che aiutano tantissimo sul fronte della deospedalizzazione; e chi è contento di stare in ospedale anche un solo minuto in più del necessario per guarire, alzi la mano. Chi pensa che la foto della sanità veneta di oggi, che testimonia di qualità elevata, sia buona fra dieci anni, si sbaglia di grosso. In sanità, che si ferma in realtà arretra, e noi non abbiamo nessuna intenzione di dormire sugli allori.”.
Il Governatore non ha mancato di affrontare anche una serie di temi di carattere nazionale, dall’autonomia, agli stipendi dei medici, alla loro carenza negli ospedali.
“Continua a circolare – ha detto – la grande madre di tutte le bugie, e cioè che l’autonomia aggraverebbe le differenze di cura tra i cittadini del nord e quelli del sud, e mi dispiace che anche un Ministro si sia lasciata condizionare, dicendosi pronta a scendere in trincea per fare in modo che questo non succeda. Di sicuro non succederà per colpa dell’autonomia, perché succede già adesso, e la colpa non è di chi ha saputo essere virtuoso, ma di una classe dirigente di alcune aree d’Italia che, a forza di sprechi, ha costretto la sua gente a emigrare al nord per farsi curare. E invece che utilizzare l’autonomia come mezzo di responsabilizzazione, e quindi di miglioramento per tutti quelli che accettino la sfida, che fa? Continua a preconizzare una sorta di equa divisione del malessere con la quale il paese non andrà da nessuna parte”.
“Tra le fake news che circolano, questa volta da parte di qualche sindacato, c’è poi che i medici in Veneto sarebbero pagati anche 7.000 euro meno di altri – ha poi detto il Governatore – ma ho fatto verificare dai tecnici della nostra Azienda Zero e il Veneto è al quarto posto in Italia per livello delle retribuzioni. Premesso che, se potessi dare anche un euro in più ai nostri medici, lo farei perché lo meritano – ha aggiunto – nei conteggi nazionali fatti circolare c’è qualcosa che non va. Temo che si sia fatta un’operazione fuorviante: preso il totale dei medici lo si è diviso per la somma delle retribuzioni. Così non va bene – ha ammonito – perché, per esempio, ci sono Regioni dove esistono più primari che reparti. Bisogna fare un conteggio rispetto a ogni categoria di medici: i primari con i primari, gli aiuti con gli aiuti, e via dicendo. Aspetto di vedere gli esiti”.
“La carenza dei medici – ha poi detto il Presidente del Veneto – ha cause nazionali che vengono da lontano: dal numero chiuso nelle Università, che crea la strozzatura a 19 anni senza lasciare ai ragazzi la possibilità di far vedere il loro valore con gli esami; alla carenza di borse di studio di specialità, senza la quale un laureato non può fare il medico. Se in tutto, in Italia, ci sono ogni anno circa 10.000 laureati e circa 6.000 borse di specializzazione è evidente che qualcosa non va e che 4.000 laureati non vengono messi nella condizione di esercitare. In Veneto stiamo rispondendo sia con un intervento emergenziale, come la ricontrattualizzazione di medici pensionati, sia con una previsione strutturale: assumere negli ospedali pubblici gli specializzandi degli ultimi due anni per inserire forze fresche e giovani e farle crescere in corsia, con la guida dei colleghi più esperti”.