Camillo Benso di Cavour – Meloni, Salvini, Schlein e compagnia cantante. Trovate le differenze!

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di Umberto Baldo

Nel 1855 il Primo Ministro del Regno di Sardegna Camillo Benso di Cavour, apparentemente senza una motivazione plausibile, inviò 15mila uomini a combattere in Crimea accanto a Francia e Inghilterra contro l’Impero Russo. Ma Cavour era uno statista di prim’ordine, e sapeva che la partecipazione dei piemontesi avrebbe consentito ad uno staterello tutto sommato ininfluente di sedere accanto alle grandi potenze di allora al Congresso per la pace a Parigi. Oggi di fronte ai cosiddetti “volonterosi”, vale a dire le grandi democrazie europee (Francia, Germania, Inghilterra) che hanno capito che questa sarà l’ultima guerra in cui Washington farà da garante per l’Europa, che il sistema di sicurezza basato sulla presenza americana è finito, e che se l’Europa non lo capirà e non agirà, le conseguenze saranno tetre, i quaquaraquà che ci governano si baloccano fra ignavia e indecisione.
Fra la posizione euroscettica e ultra-trumpiana assunta da Meloni, caratterizzata da una sfilza di distinguo e critiche più e meno esplicite alle posizioni dell’Ue ed al suo piano di riarmo, nemmeno nominato nella risoluzione di maggioranza per non turbare Savini, e quella da “centri sociali” della Schlein imposta ad un Pd ormai in aperto dissenso dai socialisti europei, c’è da sbattere la testa contro un muro.
Anche senza fare appello a principi ideali, ormai desueti in questa nostra repubblichetta di Pulcinella dominata dal populismo, quando si arriverà ad una fine del conflitto, (tutte le guerre prima o poi finiscono) non si meravigli poi l’Italietta se la ricostruzione dell’Ucraina sarà un affare dove a fare la parte del leone saranno le aziende francesi, piuttosto che tedesche o inglesi. Perché in certi momenti bisogna avere il coraggio di esporsi, di decidere, e se del caso mettere gli scarponi a terra; diversamente a spartirsi le spoglie, e gli affari, saranno coloro che non si sono limitati ai balbettii, ai tentennanti, ai “si però, ma……”.