Campi allagati nel Vicentino, compromesso il 30% della semina dei cereali
Semine in difficoltà nel Vicentino a causa dell’interminabile ondata di maltempo che sta flagellando la provincia da giorni e non accenna a finire. I campi sono allagati, sia per le bombe d’acqua, sia per esondazioni di torrenti e corsi fluviali, rendendo perciò impossibile il lavoro in campo.
“I campi sono impraticabili per seminare qualsiasi cosa – spiega Gianni Biasiolo, vicepresidente di Confagricoltura Vicenza e presidente dell’Essiccatoio cooperativo berico -. Nel Basso Vicentino siamo in grande difficoltà con la semina dei cereali autunno vernini, vale a dire frumento, frumento duro e orzo, che si seminano entro la fine di novembre. Se le piogge cesseranno, si riuscirà a farlo forse per la metà di dicembre, ma può anche essere che molti rinuncino a seminare. Diciamo che ci è andata bene perché molti sono riusciti a seminare prima di queste piogge interminabili, quindi è andato a buon fine il 70 per cento. Resta però da seminare il 30 per cento ed è probabile che si rinvierà alla primavera. Il risultato è che saranno scombussolati i piani dei seminativi, perché bisognerà orientarsi su altre colture, come il mais, con ripercussioni sui prezzi e sul mercato”.
Si teme, quindi, per un 2020 difficile mentre va in archivio il 2019, anno horribilis per i seminativi, che Biasiolo definisce il peggiore degli ultimi dieci anni: “La stagione è iniziata male e finita peggio – dice -, a causa delle problematiche legate al meteo. Per il mais parliamo di raccolti pari al 20-30 per cento in meno a causa di un marzo e aprile asciuttissimi, che ha causato difficoltà nella nascita delle piantine, e quindi di un maggio piovoso che ha causato la perdita di molte semine. Idem per la soia, dove le perdite sono arrivate anche al 40 per cento. Pure il frumento, trebbiato a fine giugno, ha pagato i problemi di maggio sia in quantità che in qualità, perché molti sono stati i guai a livello sanitario, cimici comprese, che hanno condotto a pesi specifici bassi. Infatti quasi tutto è stato venduto all’industria mangimistica anziché alimentare, con perdita di un euro al quintale nel prezzo. In aggiunta ci sono stati eventi calamitosi che hanno flagellato molte colture dal Basso Vicentino al capoluogo, come la grandine nelle zone di Montegalda, Longara e Thiene”.