20 Marzo 2024 - 9.48

“Campo Largo” o “Campo dei Miracoli”?

Umberto Baldo

Il grande Carlo Collodi, l’inventore di Pinocchio, uno dei personaggi letterari più noti al mondo, per contestualizzare il luogo in cui il Gatto e la Volpe portano il burattino per piantare gli zecchini aurei, che a loro dire avrebbero fatto germogliare l’albero delle monete d’oro, lo chiamano Campo dei Miracoli, situato nei pressi della città di Acchiappa-citrulli (nel Paese dei Barbagianni).

Questo luogo nato dalla fantasia di Collodi è diventato emblematico, ed è spesso usato come metafora di politiche e pratiche volte a diffondere l’idea di facili vittorie o facili arricchimenti.

Nel mio ragionare non ho potuto sottrarmi dal mettere a confronto il Campo dei Miracoli di Pinocchio con il “Campo Largo”, nome con il quale viene comunemente indicato il progetto politico del Partito Democratico di ampliare la coalizione di centro-sinistra innanzi tutto ai “Cinquestelle” di Giuseppe Conte, ma anche alle forze centriste come «Azione» di Carlo Calenda o «Italia viva» di Matteo Renzi, oltre che ovviamente alla cosiddetta sinistra radicale.

Un disegno sicuramente affascinante sul piano teorico, ma che quando ci si cala nella realtà politica vera mostra molti limiti, a mio avviso insuperabili.

E la cosa si è palesata dopo l’inaspettata ed insperata vittoria alle regionali sarde, che hanno dato vita ad una vera e propria commedia degli equivoci.

Quei 1600 o 3000 voti, poco importa, che hanno diviso la vincitrice Todde (grillina, non dimenticatelo) da Truzzu hanno innescato l’idea che il “vento stesse cambiando” ovviamente a favore della sinistra; speranza che è andata a schiantarsi sul risultato delle elezioni abruzzesi.

Ho già avuto modo di dirvi che certi abbagli derivano dal fatto che i nostri Demostene hanno perso la sana abitudine di leggere e studiare i flussi elettorali, e si limitano a guardare i risultati solo nei valori assoluti, senza cercare di capire se di tendenza si tratta, o solo di un accidente della politica. 

Tornando al tema della grande alleanza a sinistra, parlo scientemente di limiti insuperabili, partendo dalla domanda più banale.

Chi ci crede al “Campo Largo”?

Io direi senza ombra di dubbio Elly Schlein, che fin dalla sua elezione alla Segreteria del Pd sta facendo carte false per il raggiungimento di questo obiettivo (manco fosse il Sacro Graal), e lo persegue con una tenacia, mi verrebbe da dire una fede incrollabile, che a mio avviso meriterebbe di essere riservata ad altri fini.

Quanto sia condivisa la posizione della Segretaria dal corpaccione del Pd è tutto da scoprire, ma io non ci scommetterei troppo.

Fratoianni e Bonelli non so se ci credano fino in fondo, ma direi che, dato il  posizionamento politico dei loro Partiti, non hanno molte altre alternative, se non quella di uno splendido isolamento, palesemente inutile ai fini elettorali.

Quanto ci credano Calenda e Renzi lo abbiamo visto in questi giorni, in occasione delle trattative per l’individuazione del Candidato Presidente della Basilicata, che si sono trasformate in una “pièce teatrale”, alla fine della quale i due Capi di Azione e Italia Viva hanno optato per l’appoggio diretto alla lista del Governatore uscente Bardi, quindi un’alleanza a pieno titolo con il Centro destra.

D’altronde questa scelta arriva dopo che Calenda aveva manifestato tutta la sua repulsione per i Grillini in generale, e per Conte in particolare, dati i suoi cedimenti a Putin e Trump, tanto  da arrivare ad affermare in un dibattito radiofonico: “Ne ho le balle piene del Campo Largo” .

Più chiaro di così!

E arriviamo così all’ultimo soggetto che dovrebbe dare l’imprinting al Campo Largo, quel Movimento 5 Stelle, o forse è meglio dire chiaramente il partito di Conte, che da sempre mostra di non esserne un grande e convinto sostenitore.

Conte per certi aspetti dovrebbe svolgere un ruolo da mediatore fra il Pd e le forze centriste, ma in realtà non è così, perché l’Avvocato del Popolo non nasconde le sue ambizioni di essere incoronato come il vero “Capo” della sinistra in Italia. 

E lo si è visto chiaramente in ogni trattativa, perché Conte dà il via libera al Campo Largo a livello locale (dove fra l’altro è oggettivamente debole) solo ed esclusivamente se il candidato Sindaco o Presidente appartiene al suo Partito o alla sua Area politica.

Qualora non sia così preferisce smarcarsi, o alzare il prezzo, o alla fine buttare tutto all’aria rovesciando il tavolo.

Già perché c’è poi un altro fattore non trascurabile.

Quello di Conte è ancora un partito liquido, nel senso di non radicato nel territorio, mentre il Pd è altra cosa.

Il Pd, anche se non sembra, viene dalle due grandi tradizioni democristiana e comunista, fatte di iscritti, tessere, sezioni, circoli, in cui di dibatteva di politica e si decidevano i candidati.

E questi militanti mal sopportano i diktat grillini, anche se gli stessi sono stati accettati dalla Schlein e dal livello nazionale. 

Lo abbiamo visto in Basilicata,  in Piemonte, ed anche in Comuni importanti come Firenze.

Capite bene, che se questa è la situazione, il “Campo Largo” finisce per essere solo un’espressione mediatica, buona per essere sbandierata dalla Schlein nei comizi o nei talk show, ma completamente avulsa dalla realtà.

E questa realtà, se letta freddamente senza gli occhiali dell’ideologia, ci dice alcune cose inequivocabili.

In primis che il Campo Largo è sempre più un recinto limitato.

Limitato dal lato centrista riformista, perché Renzi e Calenda proprio non riescono a reggere un’alleanza organica con Conte, il quale a sua volta non nasconde la sua naturale avversione verso i due. 

Ma prima o poi si porrà anche il problema di certe posizioni di Conte, e parlo ad esempio del suo neutralismo-pacifismo, di fatto filo russo. 

In questo caso il problema è tutto del Pd.

Perché non si può non chiedersi fino a dove possa spingersi un Partito tendenzialmente riformista, da sempre ancorato al Partito Socialista Europeo, sulla strada indicata dalla Schlein, in cui tutto diventa fluido, ed in cui si mescola tutto ed il contrario di tutto; movimentismo da Centri Sociali, europeismo, pacifismo, atlantismo timoroso.

In altri tempi su una determinata problematica si poteva indovinare in anticipo quale sarebbe stata la posizione del Pd; e si sbagliava raramente visti gli ancoraggi culturali ed ideologici dello stesso.

Oggi non è più così, e per sapere come la pensi il Pd su una tematica precisa bisogna aspettare il “responso” della Schlein, che forse prima di parlare vuole vedere come la pensa Conte. 

Solo per fare un esempio.  Nei giorni scorsi il Capo dei 5Stelle, per la serie “provaci ancora Conte”,  ha proposto in Campania l’introduzione di un “Reddito di Cittadinanza Regionale”.

Come si porrà la Schlein ed il Pd su questa proposta grillina?

Come la pensi il Governatore De Luca è facile immaginarlo.

Ma se Conte si muove ancora come se il M5S fosse il “Sindacato del Sud”, buon per lui; la Schlein dovrebbe invece tenere conto che il Pd i voti li vuole prendere anche al Nord, ed appoggiare nuovamente la riedizione di una “genialata assistenzialista” come il Reddito di Cittadinanza (nella sua variante regionale) non sarebbe certo un bel biglietto da visita sopra il Po.

Concludendo, capisco che per contrastare la destra serva un’alleanza a sinistra, ma perché questa abbia fiato servono degli ancoraggi ideologici, dei punti di partenza solidi, che non siano solo l’ “antifascismo”. 

Dove guarda oggi il Pd? Guarda a sinistra? Sta dalla parte di chi occupa scuole e università gestendole come proprietà privata? Sta con la Nato? Sta con l’Ucraina, compreso l’invio di armi e denaro?  Sta con Hamas o con Israele? Sta con l’accoglienza senza se e senza ma ai migranti?

Sono solo alcune delle domande che io giudico ineludibili per un Partito che si candida ad essere un’alternativa nazionale credibile ai FdI di Giorgia Meloni.

E sono domande cui non si risponde certo con una espressione vuota come “Campo Largo”!

Umberto Baldo

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