Caro Presidente Luca Zaia…
Caro Presidente
Mi scusi per il paragone, e mi azzardo perché so che Lei è persona di spirito, ma cosa vuole, io ho come l’impressione che Lei rischi di assomigliare a Hiroo Honoda, l’ “ultimo giapponese” ad arrendersi alla fine della seconda guerra mondiale, dopo aver passato 29 anni nascosto nella giungla filippina.
Mi riferisco al progetto dell’autonomia differenziata, che i Veneti hanno ”plebiscitato” nel 2017.
Che sembra sempre un obiettivo a portata di mano, soprattutto durante le campagne elettorali, ma che diventa quasi una chimera subito dopo.
Non le sembra strano che a poco a poco si defilino anche coloro che, almeno a parole, avevano manifestato se non il loro sostegno entusiasta, almeno la loro non contrarietà al progetto?
Certo il tempo passa, le situazioni cambiano, gli equilibri politici si evolvono, ma a pensarci bene chi in questi anni si è visto veramente impegnato in questa battaglia, a parte Lei e il suo collega Fedriga, che però l’autonomia ce l’ha già?
Vediamo un po’.
Sicuramente non il Segretario del Suo Partito, la Lega per Salvini Presidente, che, ma può essere anche che mi sbagli, non ho mai visto porre la questione come veramente ultimativa ai Governi cui ha dato l’appoggio, ed in fondo c’era anche da capirlo, perché è arduo andare a parlare al Sud di autonomia differenziata, visto che da quelle parti la vedono come la “secessione del Nord ricco dal Sud povero”.
Certo in campagna elettorale il Capitano è venuto anche in Veneto ad accalorare l’elettorato sul tema autonomia, fra rulli di tamburi e proclami del tipo “sarà il primo provvedimento del nuovo Governo”, ma ormai penso che la gente abbia percepito come girano veramente le cose, ed i risultati delle urne del 25 settembre anche dalle nostre parti lo stanno a dimostrare.
L’attuale premier Giorgia Meloni, pur avendo più volte dichiarato la sua non contrarietà, alla resa dei conti, a risultato elettorale acquisito, ha spiegato bene che l’autonomia deve marciare di pari passo con il Presidenzialismo, il che, visti i tempi necessari per una riforma costituzione di tale portata, vuol dire semplicemente dare un altro calcio al barattolo, ovviamente sine die.
Come la pensassero i Governatori del Sud lo si sapeva da sempre, e se qualcuno si era illuso che avessero cambiato idea è bastato vedere le veementi reazioni dei vari De Luca ed Emiliano, quando di recente il Ministro Calderoli ha cercato di forzare un po’ i tempi, presentando un documento subito ridimensionato ad “appunto di lavoro”.
D’altronde, ma questa è una mia idea, finché un territorio viene assistito dallo Stato vorrà continuare ad esserlo, e non è certamente un caso se le tre Regioni che hanno chiesto l’autonomia, Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, sono quelle che producono di più e pagano più tasse, ma sono anche quelle che ricevono meno in termini di spesa pubblica.
E guarda caso la cosa che più terrorizza questa classe politica che rifiuta l’autonomia, è che le Regioni del Nord possano trattenere nei propri territori un po’ di risorse finanziarie prodotte dai propri cittadini.
Quindi mi sembra evidente che sul fronte Sud non si sfonda, e mi creda che ci sarà sempre un cavillo, un qualcosa, per dire No al progetto, e raffreddare i Suoi ardori autonomisti.
In questa infinita defatigante contesa fino ad ora sembrava che il Governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini fosse pienamente allineato con Lei nella richiesta dell’introduzione dell’autonomia differenziata.
Dico sembrava non a caso, perché Bonaccini adesso ha pensato bene di correre per la Segreteria del Partito Democratico, o almeno di quello che ne resterà dopo il congresso.
E poiché da quello che sembra trasparire in questi giorni la vecchia “ditta” (ex componente comunista) e l’intramontabile Franceschini appoggerebbero Ely Schlein, per restare in partita a Bonaccini non resta che trovare l’appoggio del Sud, aggrappandosi ai due Ras del Mezzogiorno, Vincenzo De Luca e Michele Emiliano.
Ma poiché nella vita nulla è gratis, pensate che in cambio del loro appoggio non chiederanno a Bonaccini l’abbandono dell’autonomia differenziata, e magari anche un accordo politico con Giuseppe Conte, diventato il Che Guevara del meridione?
E forse la “prudenza” manifestata dal Governatore dell’Emilia-Romagna proprio in occasione della “proposta” Calderoli, da lui bocciata nettamente assieme al collega pugliese Michele Emiliano, rappresenta il primo segnale di un “assestamento”, per usare un eufemismo, della sua linea politica.
Se fosse così, caro Presidente Zaia, credo che l’autonomia si allontanerebbe sempre più, per finire magari fra i ricordi dei nostri figli e nipoti quando parleranno di questo sogno mai realizzato dei loro padri, e di Lei, come accennavo nel paragone iniziale, come l’ “ultimo dei giapponesi”.
In questa fase in cui nella Lega si ricominciano a fare i Congressi, diventano palesi i mal di pancia presenti da tempo fra iscritti e militanti.
Posso sbagliarmi, ma visti i risultati dei congressi di sezione di Bergamo, Brescia, Lodi, Cremona, nelle vele della Lega sembra spirare un vento nuovo, anzi un vento vecchio, che rappresenta forse l’unico asso nella manica prima che i buoi scappino definitivamente dalla stalla, e quel vento di chiama autonomia.
In fondo si tratta di prendere atto, ma bisogna farlo capire anche a Salvini, che quello che è un vecchio cavallo di battaglia del Carroccio sin dalle origini, ma che la Lega “nazionale” ha relegato in un angolo, è l’unico strumento per riprendere il dialogo con i ceti produttivi del Nord.
Al Sud il loro partito-sindacato territoriale lo hanno già, e si chiama “Partito di Giuseppe Conte”.
Per la Lega si tratta semplicemente di rifare la stessa cosa anche al Nord, com’era ai tempi di Umberto Bossi.
Diversamente, non vorrei che qualcuno fra trent’anni raccontasse fra un bicchiere e l’altro la storia dell’ “ultimo leghista”.
Umberto Baldo