20 Settembre 2023 - 9.46

C’era una volta…. la Lega Nord

Umberto Baldo

Alla fine domenica sul pratone non è mancato nessuno (a parte qualche giustificato).

Evidentemente il “vietato mancare” lanciato dal Capitano (“chi non ci sarà verrà chiamato personalmente nei giorni seguenti, e dovrà fornire spiegazioni ufficiali”) ha funzionato.

Il pressante “invito”, per usare un eufemismo, era rivolto in particolare a coloro che occupano posti di rilievo: “Inaccettabile – aveva detto Salvini – che figure istituzionali siano assenti a Pontida, se qualcuno si permette di dire e fare una cosa del genere, vuol dire che sono stato troppo buono”.

Certo qualcuno qualche segnale di dissenso lo ha fatto intravvedere, come ad esempio Giampaolo Bottacin, Federico Caner e Roberto Marcato, che sono stati gli unici assessori della Regione Veneto a disertare l’appuntamento con il governatore Luca Zaia  sul palco, a non srotolare il bandierone con il Leone di San Marco, a non farsi immortalare nelle foto di gruppo.

Ma a Pontida comunque c’erano, e questo era quello che voleva Salvini!

Ovviamente non era il raduno l’oggetto del contendere, bensì, come dire, l’ospite d’onore voluto dal Capitano, Marine Le Pen.

E quasi per ironia della sorte, mentre Giorgia Meloni accompagnava a Lampedusa la donna che più di tutte simboleggia l’Europa, Ursula von der Leyen, Salvini si trovava sul palco a Pontida assieme alla donna che più di ogni altra incarna l’antieuropeismo.

Vista in chiave governativa una situazione alla dott. Jekyll e Mr. Hide! 

Ed al riguardo sono affiorati tutti i dubbi, tutte le diffidenze, ovviamente registrati da stampa e media, sull’opportunità della presenza della leader dell’estrema destra francese, campionessa del centralismo statale, e per questo  giudicata portatrice di valori antitetici rispetto alle tradizionali posizioni della Lega, almeno quella delle origini.

E quindi non è stato un caso se ad esporsi, manifestando apertamente il proprio dissenso, siano stati in particolare i rappresentanti della “vecchia guardia bossiana”.

D’altronde non è un mistero che al fondatore della Lega i partiti di destra non siano mai piaciuti, vuoi per le radici (fasciste diceva lui) di alcuni di loro, vuoi perché di norma si trattava di formazioni nazionaliste che non avevano nulla in comune con le posizioni federaliste ed autonomiste del Carroccio primigenio.

Per capirci, in rete si trovano ancora foto dei manifesti dell’allora “Lega Lombarda” in cui campeggiava la scritta: “Le Pen è fascista come i partiti di Roma”.

E così non stupisce che Mario Borghezio abbia dichiarato: “Con la scelta sbagliata di invitare Marine Le Pen, un personaggio legato in maniera inestricabile al centralismo e alla vecchia ostilità della destra verso le autonomie e i diritti dei popoli, Matteo Salvini ha contribuito alla profanazione del prato di Pontida 2023, che già la forzata assenza di Bossi aveva preannunciato. La lezione di Bossi, che ha introdotto con forza nella politica italiana l’idea del diritto all’autodeterminazione dei popoli, il principio dell’autonomia e della solidarietà internazionale con tutti i popoli che lottano per la loro libertà, viene contraddetta”.

Quel termine “profanazione” la dice lunga su quale sia il sentiment di questi militanti.

Ma non si è tirata indietro neppure l’ex pasdaran vicentina Manuela Dal Lago, che si sarebbe così espressa: “Che c’azzecca la Lega con i fascisti? Così tradiamo la nostra missione autonomista, e diventiamo una semplice forza di estrema destra”.

E sulla stessa linea anche l’ex Ministro Roberto Castelli (giunto a Pontida in bicicletta dal suo Cisano Bergamasco), che ha detto: “Rimango al di qua delle transenne mica per caso, questa non è più la mia Pontida”, arrivando anche ad affermare “Speriamo che l’Autonomia di Calderoli non passi, a rimetterci sarebbero le regioni settentrionali”

Ma anche il governatore veneto Luca Zaia sembra abbia dichiarato: “Io ci sono, ma per quelli del prato, non per chi qui è sul palco”.

Ma al di là dei mal di pancia, la festa c’è stata, e Salvini può cantare vittoria.

Certo le presenze non sono state quelle da lui sbandierate.

Nelle manifestazioni si sa, un conto sono i dati forniti dagli organizzatori, e un altro quelli resi noti della Questura. Abbondanti i primi, molto prudenti i secondi, ma resta inspiegabile il dato che Matteo Salvini continua a dare ogni anno per Pontida: centomila. 

E anche in questa edizione non è  stato così, visto che sul pratone erano in  circa 15 mila, massimo 20 mila; meno di un quinto di quanto dichiarato.

Del resto basta guardare le foto dall’alto pubblicate sui giornali per rendersene conto.
Io credo sia importante non dimenticare che Pontida è un luogo simbolico.

Quando eravamo studenti dicevi Pontida e ti veniva in mente Alberto da Giussano, il giuramento, la Lega dei Comuni Lombardi che inflisse una cocente sconfitta all’imperatore Federico Barbarossa.

Da quando nel 1990 Umberto Bossi ha eletto il pratone a luogo di raduno dei suoi militanti per lanciare le campagne elettorali, dici Pontida e pensi alla Lega, dici Lega e ti viene in mente Pontida.

Dovessi riassumere in due parole la Pontida di quest’anno, direi che ci consegna l’ennesima immagine di una Lega di lotta e di governo. 

E così Matteo Salvini dal palco ha lanciato un patto con Marine Le Pen, chiamando gli alleati di governo a schiararsi, a dichiarare l’adesione ad un progetto unitario delle destre, ben prima del voto europeo.

Una scelta politica precisa, per rinsaldare una storica alleanza in Europa, ma anche per «avvisare» gli alleati italiani che la Lega non intende venire a patti con il Partito Popolare Europeo, che pare intenzionato a confermare l’alleanza con i Socialisti anche nella prossima legislatura.

Esattamente il contrario di quanto avrebbe in mente Giorgia Meloni, che guida i Conservatori europei («di intese parleremo dopo il voto»), e soprattutto Antonio Tajani, che con la sua Forza Italia sta nel Ppe, che appunto governa l’Ue con il Pse. 
Per il resto, stando alle cronache dei media, Salvini ha sciorinato tutte le tematiche su cui immagino svilupperà la prossima campagna elettorale.

E così ha criticato l’Islam («Una cultura in cui uomo e donna non sono uguali va guardata con attenzione”), ha ritrovato l’attacco al solito Soros (“Chi finanzia l’annientamento della civiltà occidentale deve essere contrastato”), e ha riproposto l’autarchia spinta che lo porta a sognare un “Ponte sullo stretto da fare solo con acciaio italiano». 

Ma, soprattutto, riecco il mantra dell’assalto all’Europa che “difende banchieri e multinazionali”.

Certo il Capitano è stato attento a non attaccare la Meloni, e ha fatto professione di unità specificando: “Io e Giorgia abbiamo un destino comune, pur avendo culture e senso di militanza diversi. Non riusciranno a dividerci, governeremo non cinque ma dieci anni”. 

Ma al di là delle dichiarazioni di fedeltà, io credo che Giorgia Meloni sappia bene che Salvini e la Lega possono diventare una vera spina nel fianco per il suo governo.

Personalmente, ma sicuramente è un mio limite, trovo l’attuale politica della Lega piuttosto ondivaga, orientata più a rincorrere l’attualità che ad immaginare e disegnare un percorso futuro, ed in particolare, se fra gli obiettivi di Salvini c’è quello di recuperare quella fetta del voto “nordista” passato a Fratelli d’Italia, ho seri dubbi che le categorie produttive del Nord Est, vocate all’export, siano disposte a seguirlo in alleanze con Forze politiche tradizionalmente anti europee come il Rassemblement National della Le Pen. 

Chiudo con un’osservazione.  

Nel suo discorso di 40 minuti Salvini non ha neppure sfiorato il tema dell’Autonomia, che pure si è dimostrato (assieme al contrasto all’immigrazione) il collante del popolo di Pontida, la principale richiesta urlata su decine di cartelli e striscioni. 

Ci ha comunque pensato Luca Zaia a ricordarne la priorità, dopo aver fatto srotolare una gigantesca bandiera con il leone di San Marco.

«Il leone è sempre più incazzato. La Lega dà la linea, non se la fa dettare», ha affermato Zaia prima di chiamare accanto a sé il ministro Roberto Calderoli, padre della riforma in cantiere. 

Un altro messaggio che dal Veneto leghista viene spedito a Palazzo Chigi.

Il futuro ci dirà se queste rimarranno, come è stato finora, solo parole al vento.

Umberto Baldo

PS: a quanto riportavano ieri i giornali, sembra che gli strali di Salvini stiano per abbattersi su Federico Caner, assessore regionale veneto al Turismo. Come sopra accennato è stato uno dei tre assessori “ribelli”, assieme a Marcato e Bottacin, a non salire sul palco di Pontida, e per di più circolano chiacchiere (ovviamente smentite) di un suo possibile passaggio a Forza Italia di Tosi.  Se gli verranno revocate le deleghe, come si vagheggia, lo si vedrà, ma questo rappresenta comunque il segnale che la giunta Zaia non è più un blocco monolitico, e che sono cominciati i giochi elettorali, in vista delle europee, ma soprattutto delle regionali.

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