2 Agosto 2024 - 9.43

Che ne direste di tornare a lavorare anche al sabato? 

Umberto Baldo

In Europa molti Paesi stanno sperimentando la settimana lavorativa di quattro giorni. 

In Belgio, per esempio, i dipendenti hanno ottenuto il diritto di svolgere un’intera settimana lavorativa in quattro giorni invece dei soliti cinque, senza ricevere meno soldi a fine mese.

Nel Regno Unito, uno degli esperimenti pionieristici che ha coinvolto 61 aziende e poco meno di 2.900 dipendenti, che hanno lavorato 34 ore alla settimana per quattro giorni tra giugno e dicembre 2022, è stato un successo: i dipendenti hanno goduto di un miglior bilanciamento tra vita privata e lavoro, mentre le aziende non hanno constatato un sostanziale calo di produttività.

Ma la tendenza a ridurre l’impegno lavorativo settimanale si riscontra anche in Germania, Giappone, Francia,  Irlanda, Sud Africa, Singapore, Emirati Arabi, Spagna, e anche in Italia, dove aziende come Intesa San Paolo, Luxottica e Lamborghini hanno introdotto la settimana lavorativa di quattro giorni.

E’ chiaro che nel mondo del lavoro europeo “il tempo sta diventando oggetto di negoziazione come il salario, un bene che si contratta”, e mi sembra che la spinta dei lavoratori sia inarrestabile verso la riduzione dell’orario, anche se  in Italia a mio avviso il processo potrà essere più lungo che altrove perché noi abbiamo una produttività lavorativa tendenzialmente bassa, e per ridurre l’orario di lavoro è necessario investire nella formazione del personale e nello sviluppo anche dimensionale delle imprese, che così potranno compensare la quota di lavoro in meno, con sistemi organizzativi più sviluppati, competenze dei lavoratori, e macchinari più efficienti.

Ma nella nostra Europa c’è uno Stato che sta andando in controtendenza, nel senso di aumentare giorni ed ore di lavoro;  e questa è la Grecia.

Infatti dal 1° luglio scorso una nuova legge consente alle aziende di diversi settori di poter richiedere ai dipendenti una settimana di 48 ore e sei giorni. 

Per di più chi ha un impiego a tempo pieno potrà inoltre accettare un secondo lavoro, part-time, e arrivare a un massimo di 13 ore di lavoro al giorno.

Va specificato che la  misura è indirizzata al settore industriale, a quello delle telecomunicazioni, ed alle aziende che devono garantire un servizio 24 ore su 24. 

Non riguarda (al momento) il comparto del turismo. 

Il giorno di lavoro extra richiesto dalle aziende dovrà comunque essere pagato il 40% in più, e se lo stesso cade di domenica o festivi il plus sale al 115%.

Vista così potrebbe sembrare una bizzarria di un Governo di destra che odia i lavoratori, e non si fa alcuno scrupolo ad attaccare i loro diritti e la qualità della loro vita.

Ma come sempre vi invito a fare, non limitatevi mai alla prima impressione, e cercate di approfondire, di riflettere, per capire cosa ci sia dietro una certa decisione. 

Quindi, cosa spiega questo inaspettato cambiamento di politica? 

Il Governo stesso descrive  la mossa come una “misura eccezionale”, che tutti sappiamo essere un eufemismo per “politica di ultima istanza”.

Cerco di fornirvi qualche ulteriore chiave di lettura.

Da quanto tempo leggiamo e sentiamo esperti di demografia lanciare allarmi sui problemi legati alla bassa fertilità delle nostre società, e all’invecchiamento della popolazione. 

Questi allarmi, al di là di qualche commento di maniera, lasciano nei nostri Demostene il tempo che trovano, per il semplice motivo che si tratta di argomenti poco graditi ai cittadini, che non amano sentirsi dire la verità che tutti sanno e nessuno dice; vale a dire  che l’avvicinarsi della cosiddetta “gobba previdenziale”, cioè del momento in cui il numero dei pensionati sarà maggiore di quello dei lavoratori attivi, unita appunto al calo demografico e all’invecchiamento della popolazione, metterà a dura prova i conti dell’ Inps. 

Questi elementi graveranno sul bilancio dell’Ente Previdenziale, la cui situazione patrimoniale girerà al passivo nel corso di 10 anni, passando da +23 miliardi nel 2023 a -45 miliardi nel 2032.

Il Governo greco, diversamente dal nostro, definisce giustamente queste problematiche come una “bomba ad orologeria”, e ha deciso di non nascondere la testa sotto la sabbia, cercando di mettere in campo una contro misura, per quanto impopolare.

Il punto di partenza è che la Grecia, come molti Paesi ad alto reddito, sta affrontando una grave carenza di manodopera. 

Per di più la situazione ellenica è particolarmente disperata, a causa di una consistente fuga di manodopera conseguente alla crisi finanziaria del 2010 (si stima che circa 500.000 greci, il 5% della popolazione attuale, se ne siano andati).

Ma se ci pensate bene non è l’Italia, quanto a fuga dei giovani verso l’estero, navighi poi in acque migliori. 

Bene, di fronte al problema di un consistente calo di lavoratori disponibili, l’Esecutivo ellenico ha deciso, come accennato, di mettere le mani sull’orario di lavoro.

Scelta discutibile?   Assolutamente sì!

Scelta incomprensibile?  Assolutamente no!

La domanda a questo punto dovrebbe essere a mio avviso questa: non è che i greci stiano facendo da apripista verso un domani “diverso” da quello che immaginiamo?

Meglio ancora: come dovrebbero affrontare questo problema le economie avanzate? 

Non sono un esperto, e neppure onnisciente, ma da profano mi vengono in mente quattro possibilità. 

La prima è quella di abbracciare l’automazione, partendo dal presupposto che macchine, robot e intelligenza artificiale potrebbero alla fine prendere il posto dei lavoratori mancanti. Il problema è che non tutti i lavori possono essere svolti da una macchina, ed in certi settori (edilizia, alimentare, ospitalità) serviranno sempre le persone fisiche.

La seconda opzione sarebbe aumentare la retribuzione dei lavoratori. L’economia di base ci insegna che quando la domanda supera l’offerta, i prezzi (in questo caso, i salari) salgono.   Ma salari più alti alla fine portano a prezzi più alti per i consumatori, e tendono quindi  ad essere impopolari, specialmente in un momento in cui l’inflazione è una preoccupazione primaria.  Per non dire che un aumento notevole dei prezzi metterebbe alcuni settori economici fuori mercato. 

La terza opzione è chiedere ai lavoratori delle economie avanzate di lavorare di più, come ha fatto appunto la Grecia.  Nonostante  la mossa possa sembrare in contro tendenza,  in realtà non è poi così diversa dall’aumento dell’età pensionabile, come hanno ritenuto necessario fare diversi altri Paesi (Danimarca, Francia, Germania e Italia).  Sempre di un aumento delle ore lavorate parliamo!

Una quarta opzione sarebbe quella di aumentare l’offerta di manodopera sfruttando l’immigrazione controllata e legalizzata. Ma al momento è poco percorribile perché sappiamo bene quanto sia avversata dagli europei, che per contrastarla votano sempre più a destra.

Fuori sacco, ci sarebbe a mio avviso un’ultima opzione; quella che noi cittadini dei Paesi più avanzati decidessimo di ridurre consumi e qualità della vita, accontentandoci di quello che può offrici la quantità di lavoro che siamo disposti a fornire.

Vi sembra una soluzione che assomiglia alla mitica “decrescita felice” teorizzata da alcuni?

E’ vero, lo è! 

Ma so già che non piacerà, perché noi europei vogliamo tutti “botte piena e moglie ubriaca”. 

Quindi?

Non credo che alla prova dei fatti ci saranno soluzione tanto diverse da quelle che vi ho accennato; siano maggiore immigrazione, aumento dell’ età pensionabile, o aumento dell’ orario di lavoro.

E vuoi vedere che fra qualche anno qualcuno si ricorderà di quando il Governo Greco il 1° luglio 2024  aumentò l’orario di lavoro settimanale, e magari dirà: “sono stati degli anticipatori preveggenti!”.

Umberto Baldo

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