Conclave 2 Per gli italiani una partita da giocare, se rimangono uniti

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Umberto Baldo
Riprendendo il nostro discorso sull’elezione del nuovo Pontefice romano, credo che, come in tutte elezioni, sia importante partire da qualche numero.
E il primo che viene in mente è: quanti sono i cardinali aventi diritto al voto?
I cardinali nel mondo sono 252, di questi 135 sono elettori e 117 non elettori. Qual è la differenza? I cardinali elettori sono coloro che hanno meno di 80 anni e prendono parte al Conclave per l’elezione di un nuovo papa.
I non elettori, invece, fanno comunque parte del collegio dei cardinali, ma dopo aver compiuto gli 80 anni di età non hanno più diritto di voto in Conclave.
Scherzando un po’, visto il numero elevato di non elettori in età avanzata, direi che “il Cardinalato allunga la vita”.
Da segnalare che ben 99 dei 135 cardinali elettori sono stati creati da Francesco in ben 10 tornate: circa il 70% del totale.
Ben165 Cardinali non appartengono a nessun ordine religioso.
Degli altri, 9 sono dell’ordine dei Salesiani, 6 dei Gesuiti, 4 dei Frati Cappuccini, 3 dei Frati Minori, 2 degli Spiritani, 2 dei Dominicani, 2 dei Vincenziani e 2 dei Claretiani.
C’è solo 1 rappresentante, invece, per i seguenti ordini religiosi: Francescani Conventuali, Congregazione di Santa Croce, Comboniani, Redentoristi, Istituto Secolare Pio IX, Missionari del Sacro Cuore di Gesù, Agostiniani Recolletti, Cistercensi, Carmelitani Scalzi, Ordine Maronita Mariamita, Sulpiziani, Claretiani, Missionari d’Africa, Missionari oblati di Maria Immacolata, Poveri servi della Divina Provvidenza, Istituto dei padri di Schönstatt, Scalabriniani.
Sono 86 i Paesi di provenienza delle “Eminenze”, 65 dei quali hanno cardinali elettori.
Geograficamente, quanto ad elettori, l’Europa è la più rappresentata con 53 Cardinali, seguita da Asia (23), Africa (18), America latina (21), Nord America (16), e Oceania (4).
L’Italia è il Paese con il maggior numero di Cardinali, (19), seguita dagli Stati Uniti (10 e dal Brasile (7).
Come si vede, l’Europa conta ancora molto, ma il Sud del mondo (America Latina, Africa e Asia) si sta rafforzando.
E la predominanza dell’Europa è confermata dalla storia, che ci dice che dal 1800 sono stati eletti 13 papi Italiani, un Polacco, 1 Tedesco, un Argentino.
Oltre alla geografia, nel Conclave contano le “sensibilità”, cioè i vari gruppi d’influenza.
E cosi, a spanne, si hanno i Progressisti riformisti, cioè i cardinali che vogliono continuare la linea di Francesco (poveri, dialogo interreligioso, sinodalità); i Conservatori classici, vale a dire i Cardinali che vorrebbero riportare la Chiesa ad una maggiore “chiarezza dottrinale” (meno aperture sui temi morali); i Moderati diplomatici, quelli che cercano una sintesi, senza scossoni. Questi ultimi vogliono stabilità ma senza chiudere a tutto; gli Africani e Asiatici in particolare, più che ideologici, sono molto pragmatici; spesso sui temi morali sono conservatori, ma molto aperti sui temi sociali (pace, giustizia, ambiente).
Prima di passare a fare qualche nome di “papabile” credo sia opportuno soffermarmi su qualche altra considerazione generale.
E penso in particolare al ruolo che potrebbero giocare i Porporati italiani in questa partita a scacchi.
Come la penso sulla figura del nuovo Pontefice credo di averlo sufficientemente espresso nel pezzo (https://www.tviweb.it/appunti-per-il-prossimo-papa-tornare-indietro-non-sara-possibile/).
Ma poiché io credo che la storia proceda per gradi e più raramente per salti, mi sembra utile riguardare al ruolo degli ultimi tre Papi.
Wojtyla rappresentava la risposta, unita alla novità del primo non-italiano dopo un lunghissimo periodo, ad una Chiesa italiana addormentata e chiusa in se stessa, dopo gli ultimi anni di un Papa esausto come Paolo VI, non tralasciando il ruolo storico che il papa polacco ebbe nel dare la spallata finale ad un regime comunista agonizzante a Varsavia come a Mosca.
Dopo i ventisette anni del papato battagliero di Wojtyla la Chiesa sentì il bisogno di eleggere al soglio di Pietro Joseph Ratzinger, il più grande teologo del Novecento, che probabilmente esprimeva l’esigenza di un maggior rigore dottrinario.
Dopo le dimissioni di Papa Ratzinger, dovute forse alla stanchezza per una Curia scossa da scandali e crisi profonde, di fatto ingovernabile, arrivò il momento di Bergoglio, il Papa del Sud del mondo.
Non è che nel 2013 i Padri elettori ignorassero le caratteristiche del gesuita argentino, ma evidentemente Bergoglio rappresentava la reazione alla corruzione della Curia romana, unitamente alla rottura con una Chiesa “vaticana”, con una Chiesa “chiusa e burocratizzata”; in sintesi l’extrema ratio per aprirla ad una società in cambiamento ed in piena secolarizzazione, anche a costo di scelte coraggiose.
E venendo, sempre con l’avvertenza che i pronostici valgono come il due di spade quando vale a coppe, agli schieramenti, io partirei dalla “compagine cardinalizia italica”, che con 19 Porporati dovrebbe, almeno sulla carta, poter giocare un ruolo importante, se non addirittura poter rivendicare il papato.
Già perché non va trascurato il fatto che Papa Bergoglio per molti aspetti è stato un Pontefice “divisivo”, e con le sue ondate di innovazioni, per molti indigeribili, ha sicuramente creato ferite, divisioni, rotture, nel tessuto delle alte gerarchie cattoliche.
Quindi logica vorrebbe che per tenere insieme tutto e tutti servirebbe quello che una volta si sarebbe definito un Papa “curiale”; ma non nel senso di un “maneggione da Curia”, bensì un profondo conoscitore dei meccanismi di governo, e degli equilibri della Chiesa.
In quest’ottica chi meglio di un italiano?
E di personalità che potrebbero rispondere a queste esigenze ritengo ce ne siano; ma per poter incidere veramente, per avere qualche prospettiva di successo, sarebbe indispensabile che agissero come una compagine unita e determinata, dimenticando cioè le tradizionali divisioni fra “riformisti” e “conservatori” che lasciano il tempo che trovano.
In realtà la lista dei “papabili” italiani non è che sia molto lunga; perché a ben guardare tre sono i nomi spendibili, l’ex segretario di Stato Pietro Parolin, il Presidente della Conferenza Episcopale Matteo Maria Zuppi, e come outsider il Cardinale Pierbattista Pizzaballa Patriarca di Gerusalemme dei Latini.
Matteo Maria Zuppi potrebbe essere il candidato favorito dell’ala progressista della Chiesa.
Il presidente della Cei è stato un fedelissimo di Papa Francesco, e la sua eventuale successione a Bergoglio rappresenterebbe un segno di continuità. Legato alla Comunità di Sant’Egidio, come Francesco è uomo di pace. Negoziatore in Mozambico, Guinea e Ruanda (al fianco di Nelson Mandela), Zuppi è stato scelto a suo tempo anche per una missione in Ucraina.
Ha difeso strenuamente l’apertura del Papa alla benedizione delle coppie omosessuali; non ha escluso la possibilità di rendere facoltativo il celibato per i preti. Senza dimenticare la chiesa sinodale ed il riavvicinamento alla Cina. Attento agli ultimi, ha tutte le caratteristiche del “prete di strada”. Sicuramente non troverebbe molto consenso fra i “Conservatori”.
Pietro Parolin, veneto di Schiavon nel vicentino, è stato il Segretario di Stato scelto da Bergoglio. Diplomatico riservato, è considerato un progressista moderato, favorevole alla Chiesa sinodale ed all’impegno contro il cambiamento climatico. Sicuramente non arretrerà su temi ormai “stantii” come il ripristino del latino liturgico.
Quanto all’apertura al sacerdozio femminile, si trova più in sintonia con le posizioni dei conservatori.
Forse, per queste posizioni di “bergogliano moderato”, potrebbe attirare i consensi dell’ala più reazionaria del Sacro Collegio, in cerca di un compromesso accettabile per tutti.
Onestamente per Pizzaballa la vedo molto più difficile.
Perché tenete presente come regola generale che qualsiasi Cardinale non vuole un Papa che crei problemi con il proprio Paese d’origine.
E questo fa si, solo per fare un paio di esempi, che le eminenze yankee non voterebbero mai un Papa deciso a prendere sottogamba il problema della pedofilia e degli abusi sessuali del clero, così come quelle africane non darebbero mai l’appoggio ad un candidato molto gay friendly, né tantomeno incline ad eccessive aperture al dialogo con i Musulmani.
Contro Pizzaballa gioca sicuramente, il fatto di trovarsi a dover dialogare ogni giorno con Israele e con Hamas, e difficilmente un conservatore vorrebbe un Papa propenso a discutere con un movimento considerato terroristico.
Domani chiuderemo la carrellata dei “papabili”, almeno quelli che al momento vengono considerati tali, sapendo che da qui al Conclave altri nomi sicuramente si imporranno alle cronache.
E’ sempre stato così, ed in fondo è quello che rende interessante la partita.
Umberto Baldo