28 Aprile 2022 - 9.46

Consulta: ai figli il cognome di mamma e papà

di Umberto Baldo

Lo so che potrebbe sembrare qualunquismo, ma certe volte viene spontaneo chiedersi: ma cosa fanno in Parlamento i nostri Deputati e Senatori?
Che non ci vengano a dire che lavorano indefessamente per gli italiani, se non riescono neppure a decidere leggi che di “politico” hanno poco o nulla, ma che sono comunque importanti per la vita delle persone!
Mi riferisco in particolare alle norme che regolano l’attribuzione del cognome ai figli, relativamente alle quali si discute vanamente nei “palazzi romani” da oltre un decennio, tanto da costringere i giudici della Corte Costituzionale ad intervenire ogni tanto per metterci una pezza.
Capite bene che la Consulta dovrebbe limitarsi a valutare la costituzionalità delle leggi ma, nell’inerzia del Parlamento, alla fine di fatto finisce per “legiferare”, travalicando così i suoi compiti istituzionali.
Eppure non parliamo certo di una materia eticamente divisiva, come può essere ad esempio il cosiddetto “fine vita”, ma di una normativa che può anche avere un “sapore burocratico”, ma che evidentemente i nostri “Soloni” non riescono a regolare.
Non è la prima volta che Tviweb si interessa del problema.
Chi ha buona memoria potrebbe ricordarsi che ne avevamo parlato in un editoriale del 12 giugno 2019, (titolato “Doppio cognome per i bimbi italiani. Voi lo vorreste?”) nel quale facevamo riferimento alla storica sentenza della Corte Costituzione n. 286/2016 (estensore Giuliano Amato), che dopo decenni di discussioni, aveva riconosciuto la possibilità di attribuire al figlio il doppio cognome, aggiungendo quello materno dopo quello paterno, sempre che entrambi i genitori fossero favorevoli. Sulla base di quella decisione, la scelta del doppio cognome doveva essere fatta dai genitori obbligatoriamente solo al momento della registrazione della nascita all’Ufficio Anagrafe del Comune, essendo vietato compierla in un secondo momento.
Era evidente che, dopo quella sentenza, fosse indispensabile un intervento legislativo, perchè le decisioni dei giudici costituzionali possono solo cassare le norme costituzionalmente illegittime, ma non possono certo dare vita a nuove regole che abbiano l’organicità di una legge.
Tanto per fare un solo esempio, sulla base della sentenza del 2016, due genitori, tanto per fare dei nomi Mario Baldo ed Eleonora Faietti, potevano decidere di attribuire al loro primogenito Antonio il doppio cognome. Quindi il pargolo si sarebbe chiamato Antonio Baldo Faietti. Ma potevano anche non fare questa scelta con la secondogenita Maria, che sarebbe diventata così Maria Baldo. Capite bene che in tale ipotesi, possibile anche se improbabile, avremo due fratelli, uno col cognome Baldo Faietti, ed un’altra con il solo cognome Baldo.
Roba da Domenica del Corriere; come si diceva una volta!
Ma, come accennato, a Montecitorio e a Palazzo Madama in sei anni non si è riusciti a produrre nulla, per cui, per riconoscere alle donne un diritto storico è dovuta intervenire nuovamente la Corte Costituzionale, con un’altra pronuncia innovativa.
Come è noto la Corte Costituzionale decide di solito quando viene investita da un organo giurisdizionale, e nella specie il caso è stato sollevato dalla Corte d’Appello di Potenza relativamente ad una giovane famiglia lucana per una storia di tre fratelli, i primi due registrati col cognome della madre, ed il terzo registrato automaticamente con il cognome del padre perché nato dopo il matrimonio tra i due genitori. I genitori avrebbero voluto registrare con il cognome della madre anche il terzo figlio, per renderli tutti uguali, ma gli uffici comunali si sono opposti, e i Magistrati in primo grado hanno dato ragione al Comune.
La Corte d’Appello ha così deciso di sottoporre il caso agli ermellini della Corte Costituzionale.
Ma cosa hanno deciso i giudici della Consulta?
Hanno fissato il principio che sono illegittime, in quanto “discriminatorie e lesive dell’identità del figlio” tutte le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre ai figli.
La sentenza non è ancora stata depositata, ma l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale fa sapere che le norme censurate sono state dichiarate illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
In particolare, la Corte si è pronunciata sulle norme che non consentono ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori.
La sentenza della Corte è auto applicativa, per cui la nuova regola diventa che “il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico”.
Ovviamente queste regole valgono per tutti i figli, nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio, o adottivi.
Non si può sottacere che questa nuova pronuncia della Corte Costituzionale rappresenta una piccola rivoluzione, perchè, finalmente posti sullo stesso piano, da oggi i genitori potranno scegliere se attribuire al proprio figlio o alla propria figlia il cognome della madre, o del padre, o di entrambi e, in mancanza di accordo, il neonato avrà il cognome di entrambi.
Resta l’amaro in bocca per l’inerzia di un Parlamento che non riesce a fare il proprio dovere non solo su temi oggettivamente “difficili” come la fecondazione assistita o il fine vita, ma anche su materie che oserei definire “neutre”, costringendo così la Consulta ad intervenire.
Non è un problema banale, perchè il ridimensionamento della funzione legislativa è frutto soprattutto di un sistema politico instabile, in cui i Governi si reggono su maggioranze fragili, ed il Parlamentare perde la sua funzione di rappresentante dei cittadini, diventando il mero esecutore di una volontà spesso formata altrove, al di fuori delle aule parlamentari.
Resta il fatto che, grazie alla Corte Costituzionale, se siete genitori in attesa di un erede, potete cominciare a discutere per decidere con quale cognome, o cognomi, registrarlo all’Anagrafe.
Umberto Baldo

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