Coronavirus: “Aria meno inquinata durante il lockdown”
Meno biossido di azoto (NO2) e meno polveri PM10: sono questi gli effetti del lockdown sui due inquinanti atmosferici principali. Il rapporto rilasciato da Arpav, aggiornato al 31 maggio 2020, conferma la precedente valutazione degli effetti sulla qualità dell’aria delle misure per l’emergenza COVID-19 in Veneto.
La valutazione è stata effettuata utilizzando un triplice approccio: l’analisi delle concentrazioni degli inquinanti misurate dalle stazioni di monitoraggio per la qualità dell’aria di Arpav; la stima delle variazioni delle emissioni inquinanti dei settori interessati dalle restrizioni del lockdown; l’analisi delle concentrazioni stimate dal sistema modellistico SPIAIR utilizzato in Arpav per la previsione e la valutazione dell’inquinamento atmosferico.
L’effetto delle misure di restrizione, che hanno comportato la riduzione delle emissioni in particolare per alcuni settori emissivi chiave, tra cui in primis i trasporti, è stato evidenziato da una riduzione, ben visibile, delle concentrazioni di biossido di azoto durante le fasi 1 e 2, rispetto a quanto mediamente monitorato nel quadriennio precedente (figura 1).
Per quanto riguarda il PM10, la valutazione dell’effetto del lockdown sulle concentrazioni delle polveri sottili, risulta di più difficile quantificazione in quanto si tratta di un inquinante costituito, sia da una frazione primaria direttamente emessa, sia da una frazione secondaria dovuta alla trasformazione di altri inquinanti gassosi in particolato sottile. I fenomeni che avvengono in atmosfera e che portano alla formazione del PM10 sono molteplici e complessi e spesso le condizioni meteorologiche rivestono un ruolo preponderante nel determinare variazioni, sia stagionali che giornaliere, delle concentrazioni di tale inquinante.
Considerando l’intero periodo in analisi, dal 1° marzo al 31 maggio, si è stimato, che le condizioni di restrizione delle attività antropiche abbiano comportato un risparmio dell’emissione di circa 5 mila tonnellate di NOx e di circa 150 tonnellate di polveri PM10 primarie. Questi quantitativi corrispondono rispettivamente al 28% e al 5% delle emissioni che si sarebbero avute da tutti i settori emissivi in Veneto nel periodo in esame.
Il rapporto estende ed aggiorna, al 31 maggio 2020, la precedente valutazione degli effetti sulla qualità dell’aria delle misure per l’emergenza COVID-19 in Veneto. E’ stato verificato quanto il lockdown abbia inciso sui due inquinanti atmosferici principali: il biossido di azoto (NO2) e le polveri PM10.
La valutazione è stata effettuata utilizzando un triplice approccio: l’analisi delle concentrazioni degli inquinanti misurate dalle stazioni di monitoraggio per la qualità dell’aria di Arpav; la stima delle variazioni delle emissioni inquinanti dei settori interessati dalle restrizioni del lockdown; l’analisi delle concentrazioni stimate dal sistema modellistico SPIAIR utilizzato in Arpav per la previsione e la valutazione dell’inquinamento atmosferico.
L’effetto delle misure di restrizione, che hanno comportato la riduzione delle emissioni in particolare per alcuni settori emissivi chiave, tra cui in primis i trasporti, è stato evidenziato da una riduzione, ben visibile, delle concentrazioni di biossido di azoto durante le fasi 1 e 2, rispetto a quanto mediamente monitorato nel quadriennio precedente (figura 1).
Per quanto riguarda il PM10, la valutazione dell’effetto del lockdown sulle concentrazioni delle polveri sottili, risulta di più difficile quantificazione in quanto si tratta di un inquinante costituito, sia da una frazione primaria direttamente emessa, sia da una frazione secondaria dovuta alla trasformazione di altri inquinanti gassosi in particolato sottile. I fenomeni che avvengono in atmosfera e che portano alla formazione del PM10 sono molteplici e complessi e spesso le condizioni meteorologiche rivestono un ruolo preponderante nel determinare variazioni, sia stagionali che giornaliere, delle concentrazioni di tale inquinante.
Considerando l’intero periodo in analisi, dal 1° marzo al 31 maggio, si è stimato, che le condizioni di restrizione delle attività antropiche abbiano comportato un risparmio dell’emissione di circa 5 mila tonnellate di NOx e di circa 150 tonnellate di polveri PM10 primarie. Questi quantitativi corrispondono rispettivamente al 28% e al 5% delle emissioni che si sarebbero avute da tutti i settori emissivi in Veneto nel periodo in esame.