8 Agosto 2022 - 9.32

Cos’è il Presidenzialismo caldeggiato dalla Meloni?

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Qualche giorno fa mi sono trovato per caso a fare due chiacchiere con un ragazzo di 18 anni. Parlando del più e del meno ho cercato di capire il suo orientamento politico, visto che il 25 settembre voterà per la prima volta.

Ma conversando, quello che mi ha colpito particolarmente sono state le difficoltà del mio giovane interlocutore a mettere a fuoco le due figure del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio.

Mi è quindi venuto naturale chiedermi: ma con queste lacune coma fa a valutare, in positivo o in negativo, la proposta della Meloni, accettata anche da Lega e FI, di modificare la Costituzione in senso presidenzialista?

E voi siete sicuri di sapere bene cosa comporterebbe questa riforma?

Spero quindi di fare cosa utile fornendovi alcune indicazioni al riguardo, senza la pretesa che siano esaustive. Al riguardo mi scuso in anticipo con quanti fra voi hanno fatto studi di Diritto Costituzionale italiano e comparato, ma cosa volete, il mio obiettivo in questa sede non è formare dei giuristi; a me basta che dopo aver letto questo pezzo il lettore sappia qualcosa in più di prima.

Bene, il primo concetto che bisogna conoscere è la differenza fra Repubblica Parlamentare e Repubblica Presidenziale, che rappresentano le forme di governo più diffuse nel mondo contemporaneo.

La Repubblica Parlamentare, come indicato dal termine stesso, prevede la cosiddetta “centralità” del Parlamento, nel senso che siamo noi elettori ad eleggere i nostri rappresentanti in Parlamento (Deputati e Senatori), i quali a loro volta eleggono il Presidente della Repubblica (Capo dello Stato), che a sua volta attribuisce l’incarico di formare il Governo su indicazione dei Partiti. Il Presidente del Consiglio incaricato, qualora riesca a formare il Governo, deve necessariamente ottenere la “fiducia” del Parlamento.

Semplificando al massimo, è quindi evidente che tutto parte e promana dai Rappresentanti del popolo eletti a suffragio universale alle due Camere del Parlamento.

Così il Presidente della Repubblica, non eletto dal popolo, è una figura di “garanzia”, che nulla ha a che fare con il Governo (Potere esecutivo) se non nel momento in cui, come accennato, attribuisce l’incarico al futuro premier, e quando accetta il giuramento dei nuovi Ministri.

L’Italia è una Repubblica Parlamentare, così come lo sono la Germania, la Grecia, la Finlandia. l’Irlanda ed altre Nazioni.

La Repubblica Presidenziale si caratterizza invece per il fatto che il Presidente esercita sia la funzione di Capo dello Stato che quella di Capo del Governo.

Solitamente, ma non in tutti casi, il Presidente è eletto direttamente dai cittadini, e quindi il “suo” Governo non necessita della fiducia del Parlamento, avendo lui già ottenuto il voto della maggioranza dei cittadini.

Si badi bene che, diversamente da quanto si creda, il Presidente non ha poteri illimitati; anzi è vero il contrario in quanto il potere di fare le leggi, e quindi di autorizzare le spese, spetta sempre al Parlamento eletto dai cittadini.

Forse talvolta avrete sentito l’espressione “anatra zoppa”, che si usa nel gergo giornalistico per indicare un Presidente Usa che sia privo di una maggioranza al Congresso (Parlamento), con il quale si trova quindi obbligato a concordare e contrattare ogni legge che preveda un impegno di denaro pubblico.

L’esempio più noto di Repubblica Presidenziale sono gli Stati Uniti, ma tali sono anche il Brasile, il Messico, l’Argentina ecc.

Venendo a noi, ed alla proposta della Meloni, sicuramente è un po’ presto per vederne le possibili caratteristiche, se non quella che, per definizione, prevede l’elezione diretta del Capo dello Stato da parte dei cittadini.

Basti dire che di presidenzialismo se ne discusse a lungo all’Assemblea Costituente del 1946-48, e l’opzione presidenzialista venne appoggiata da voci autorevolissime (Pietro Calamandrei, Gaetano Salvemini, , Randolfo Pacciardi, Leo Valiani, Giuseppe Saragat, Giuseppe Maranini, Giorgio La Pira), ma fu scartata perché all’epoca democristiani e comunisti non si fidavano gli uni degli altri, e l’allora troppo recente esperienza del fascismo alimentava la paura dell’ “uomo forte”.

Preferirono così un governo debole, e una distribuzione di poteri complicata e mai limpidissima tra Quirinale, Esecutivo e Camere.

Aprendo così lo spazio per un verso al dominio extra-istituzionale delle Segreterie di partito, e per altro verso agli sconfinamenti quirinalizi cui assistiamo da ben più di un ventennio.

Per completezza di informazione, poiché è probabile che nel dibattito (ammesso che ci sia) durante questa campagna elettorale, su questo tema possiate leggere o sentire l’espressione “semi presidenzialismo”, vi dico in breve di cosa si tratta.

Innanzi tutto l’espressione “semi presidenzialismo” è solitamente accompagnata dalla dicitura “alla francese”, e credo che il perché sia intuitivo.

Vediamo quindi di cosa si tratta.

Abbiamo visto che negli Usa il Presidente è eletto dai cittadini, ed è anche Capo del Governo in quanto nomina (e revoca) come Ministri uomini di suo gradimento, senza bisogno della fiducia del Congresso.

In Francia hanno scelto una via intermedia, si potrebbe dire di presidenzialismo più attenuato, caratterizzato da un potere esecutivo “diarchico”, nel senso che queste funzioni sono svolte in contemporanea dal Presidente della Repubblica e dal Primo Ministro.

In breve il Presidente della Repubblica (recentemente Emmanuel Macron) viene eletto direttamente da tutti i cittadini, rappresenta lo Stato, nomina il Primo Ministro, e su proposta di questi gli altri membri del Governo.

Svolge comunque funzioni anche di Capo dell’Esecutivo in quanto presiede il Consiglio dei Ministri, anche se francamente trovo questa funzione un po’ ridondante.

Abbiamo visto che in Francia il Primo Ministro viene nominato direttamente del Presidente della Repubblica (che può scegliere chi vuole), ma diversamente che negli Usa ha la necessità di ottenere la fiducia del Parlamento.

Da questo passaggio parlamentare obbligatorio, si capisce che il Presidente della Repubblica francese per poter governare deve comunque scegliere un Primo Ministro che possa ottenere la fiducia del Parlamento.

E’ così evidente che, quando al Presidente della Repubblica corrispondono una maggioranza e un Primo Ministro dello stesso colore politico, il suo potere si espande.

Se invece la maggioranza del Parlamento e il Presidente della Repubblica in carica appartengono a schieramenti politici opposti, si dà luogo alla cosiddetta “cohabitation”, che, come nel caso dell’”anatra zoppa” negli Usa, obbliga in questo caso il Presidente a nominare come Primo Ministro un avversario politico, e di conseguenza il suo potere si contrae.

La Quinta Repubblica Francese ha visto finora tre periodi di cohabitation: il primo fra il Presidente della Repubblica, il socialista Francois Mitterand, ed il Primo Ministro gollista Jacques Chirac, un secondo sempre fra Mitterand ed il gollista Edouard Balladur, ed il terzo fra il Presidente centrista Jacques Chirac ed il Primo Ministro socialista Lionel Jospin.

In conclusione mi auguro di non avervi confuso le idee, e di avervi fornito qualche nozione in più per capire meglio di cosa si parla quando si evoca il presidenzialismo.

Non vi dico come la penso sul tema, ma credo sia opportuno avvertirvi che l’introduzione del presidenzialismo, alla francese o all’americana, sarebbe una rivoluzione sostanziale del nostro sistema, perché occorre tenere a mente che non esiste solo l’elezione diretta del Presidente della Repubblica.

Se si volesse passare da una Repubblica Parlamentare ad una Presidenziale seria e funzionale, diventerebbe infatti necessario rinegoziare i ruoli, le competenze e i poteri di Camera e Senato, del Governo, e della Magistratura.

Insomma bisognerebbe quasi riscrivere l’attuale Costituzione.

Dunque ritengo sia legittimo che si ponga il tema, senza preclusioni ideologiche in difesa di una Costituzione che non solo non è la più bella del mondo, ma che mostra sempre più i suoi anni, ma con l’avvertenza che è necessario dire chiaramente ai cittadini che non sarebbe certo una questione né facilmente né brevemente risolvibile.

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