Croazia, la contagiosa rivoluzione dei supermercati

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Umberto Baldo
Un paio di giorni fa, assieme a mia moglie, sono andato a mangiare una pizza in un locale che frequentiamo abitualmente
Quindi stessa pizzeria, uguali le due pizze ordinate, un litro di minerale gassata: ma alla cassa, invece dei 25 euro pagati di paio di settimane prima il conto è salito a 28 euro.
Immagino starete pensando; ma che pignolo, e magari i più cattivi anche “che caìa” (in veneziano vuol dire avaro, spilorcio)! Cosa sono in fondo tre euro di aumento?
Posso concordare con voi relativamente al valore assoluto, ma non è questo il punto; perché se calcolate la percentuale, l’aumento è di circa il 10%.
A me francamente sembra molto, anche perché non si ha l’impressione che le materie prima che servono per una pizza siano aumentate nelle ultime settimane di una tale percentuale.
E poi i nostri Demostene non ci stanno dicendo che l’inflazione post covid è ormai domata? Ma evidentemente non vanno a fare la spesa o in pizzeria, o se ci vanno, per i loro emolumenti da 15mila euro mensili e passa gli aumenti sono ininfluenti.
Già l’inflazione, una brutta bestia, contro la quale il singolo ha poche armi, se non rinunciare a qualcosa.
Infatti la considerazione più logica sarebbe: non ti vanno bene i 28 euro? Sono troppi per le tue tasche?
Amico mio, se non vuoi spendere resta a casa tua, e mangiati una buona pizza surgelata!
Se ci pensate bene questa risposta “banale” esprime un concetto ben noto in economia: quello che ad un aumento dei prezzi di solito consegue un calo dei consumi.
In realtà non è del tutto così, perché la teoria economica distingue fra domanda elastica e domanda anelastica; che detto in parole povere (ma proprio povere povere eh, tanto per capirci) vuol dire che quando l’aumento di prezzo di un bene non influisce significativamente sulla quantità richiesta dai consumatori, quel particolare prodotto viene indicato come “anelastico” , mentre se il consumatore o rinuncia all’acquisto, o diminuisce la quantità, o passa ad un sostituto, quel prodotto viene definito “elastico”.
Inutile che sottolinei che i prodotti tipicamente “anelastici” sono i beni di prima necessità, quelli di cui non se ne può fare a meno per vivere, in primis i generi alimentari.
Questo pistolotto iniziale mi è servito per raccontarvi di un fenomeno che non ha trovato grande spazio nella stampa e nei media del BelPaese, ma sul quale a mio avviso sarebbe il caso di riflettere.
Forse ricorderete due miei articoli (https://www.tviweb.it/addio-croazia-prezzi-folli-piu-cara-dellitalia-con-servizi-minimi/) e (https://www.tviweb.it/croazia-bella-ma-cara-la-riscossa-di-sottomarina-rosolina-co/) in cui parlavo dell’aumento dei prezzi in Croazia, tanto da rendere più conveniente scegliere le nostre spiagge rispetto a quelle pur splendide dell’Istria e della Dalmazia.
Che fossero finiti i tempi in cui si andava sulla costa slava per soggiornare e mangiare pesce a pochi soldi, ormai è chiaro da tempo, e bastava seguire le cronache de “La voce del Popolo – Quotidiano italiano dell’Istria e del Quarnero” per averne contezza.
Ma vedete, adesso il caro vita da quelle parti sta evidentemente diventando insopportabile per la popolazione, tanto da provocare aperte proteste.
Ma andiamo con ordine.
Tutto ha avuto inizio lo scorso 24 gennaio 2025 in Croazia, quando di fronte al continuo aumento dei prezzi di alcuni prodotti, tra cui soprattutto pane, uova e latticini (dove era stato segnalato un aumento dal +40% al +60%) un gruppo di cittadini di Zagabria ha deciso di unirsi per boicottare congiuntamente, le grandi catene multinazionali di supermercati,preferendo tornare a fare la spesa presso i piccoli negozi, mercatini e produttori locali.
Ricordate sempre che tutte le proteste hanno sempre una sorta di “ispiratore”, e questainiziativa sarebbe nata a partire da un gruppo Facebook di consumatori denominato “Halo Inspektore”(“Pronto ispettore”) guidato da Josip Kelemen, presidente dell’European Center for Consumer Excellence, (ECIP), un’associazione per la protezione dei consumatori fondata da esperti, con oltre 15 anni di esperienza in questo campo.
Kelemen era un personaggio già noto al grande pubblico, soprattutto per il suo ruolo di redattore presso Open Television (OTV), dove ha ospitato uno spettacolo sulla protezione dei consumatori, che si chiamava appunti “Hello, Inspector”, nome che è stato ripreso sulla pagina Facebook dell’iniziativa di boicottaggio.
Come anticipato, questo movimento, di fronte della crescente inflazione, si è proposto, in un primo momento, di smettere di acquistare carne dalle grandi catene di supermercati, colpevoli di sovra prezzare eccessivamente alcuni prodotti.
Ma come si usa dire, “da cosa nasce cosa”, e così quella che all’inizio era partita come una piccola protesta locale, in poche settimane si è estesa a ben 13 Paesi europei.
Già, perché grazie ai social, il movimento #boicotsupermerket si è esteso a macchia d’olio, ed è diventato così popolare che vi hanno aderito anche i cittadini di Slovenia (dal 27 gennaio), Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord (dal 30 gennaio), Albania (dal 5 febbraio), Romania e Kosovo (dal 10 febbraio) e Bulgaria (dal 13 febbraio); e recentemente anche i consumatori di Grecia, Slovacchia e Ungheria hanno annunciato di voler partecipare.
Ricapitolando, la protesta ha trovato la sua prima concretizzazione in Croazia, spinta dal malcontento dei cittadini per il costante aumento dei prezzi al consumo, soprattutto dei beni di prima necessità.
E va segnalato che, secondo i dati raccolti, il primo “sciopero della spesa” attuato di venerdì, in Croazia ha avuto un successo rilevante, tanto che le vendite nei supermercati presi di mira avrebbero subito un calo di ben il 53% rispetto ai volumi di un venerdì normale.
Senza alcun dubbio si è trattato di una prova di carattere dei cittadini croati, determinati a dimostrare al Governo e ai commercianti un aspetto fondamentale: quello che non c’è commercio senza consumatore.
Date le dimensioni della “jacquerie” molti commercianti hanno espresso preoccupazione per le conseguenze economiche di un eventuale boicottaggio prolungato, mentre alcuni esponenti del Governo hanno dichiarato di voler monitorare attentamente la situazione per valutare eventuali interventi.
Guardate, non mi attarderò sulle cause della protesta, che stanno sicuramente nel fatto che mentre stipendi e pensioni in Croazia, Serbia, Romania, Bulgaria sono nettamente inferiori a quelle dei cittadini dei paesi occidentali (in Macedonia del Nord la pensione media è di 400 euro), i prezzi degli alimenti,dopo la pandemia di Covid del 2020-2021, sono vertiginosamente saliti arrivando a pareggiarsi con quelli dell’Europa occidentale, avendo però, come accennato, le popolazioni dell’Europa orientale, ed in particolare dell’area balcanica, una disponibilità economica nettamente inferiore.
I cittadini croati in particolare accusano commercianti e grande distribuzione di alzare troppo i prezzi nel periodo turistico, senza però poi abbassarli a stagione finita, quando i turisti da spennare non ci sono più.
Altri ancora puntano il dito anche sull’ingresso della Croazia nell’area euro, avvenuto il 1° gennaio 2023, e personalmente non scarterei questa ipotesi visto che in Italia i commercianti hanno adottato unilateralmente (senza nessun intervento delle Autorità) l’equivalenza 1000lire = 1 euro (facendo finta di dimenticare a loro vantaggio che 1euro valeva 1.936,27 lire).
Difficile dire quale possa essere lo sbocco di questi boicottaggi, soprattutto perché l’estensione geografica su cui questo movimento di protesta si sta sviluppando, rende impossibile immaginare un’unica soluzione comune e valida per tutti i Paesi coinvolti.
Tuttavia qualcosa si è già mosso, tanto che in diversi casi l’iniziativa, che in poco tempo ha dato luogo ad un calo degli acquisti stimato tra il 30 e il 50%, è stata sostenuta anche da alcuni politici locali, tra cui il Ministro dell’economia croato Ante Šušnjar, da diverse associazioni di consumatori, mentre il Governo della Bosnia Erzegovina ha annunciato misure per “congelare” temporaneamente i prezzi.
Per il momento mi limiterei a prendere atto di una situazione tuttora in divenire, che sta però assumendo sempre più itratti di un grosso movimento transnazionale, dove i social media hanno avuto il curioso ruolo di unire milioni di cittadini con un obiettivo comune persino nell’Unione Europea, dove il dato più evidente è la sempre maggiore “incazzatura” dei consumatori di fronte a prezzi sempre e solo in crescita.
Come si usa dire “se son rose fioriranno!”
Umberto Baldo