24 Aprile 2025 - 9.40

Croce e ruspa. Due mondi paralleli: Papa Francesco e Salvini

ISCRIVITI AL CANALE WHATSAPP DI TVIWEB PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO

CLICCA QUI.

Umberto Baldo

Si sa che la morte è una grande livellatrice.

Ma è anche, spesso, un potente strumento di riabilitazione. 

Papa Francesco, il Papa argentino che ha voluto chiamarsi come il poverello d’Assisi, ha lasciato questo mondo circondato da quell’affetto universale che, curiosamente, in vita non sempre gli è stato concesso. 

Ed ecco allora, puntuali come le campane a morto, le dichiarazioni, i post, le interviste, i ricordi commossi.

In questi giorni è tutto un fiorire di “l’ho conosciuto”, “mi aveva detto…”, “ci sentivamo spesso..”, come se ognuno volesse ritagliarsi un pezzetto di santità riflessa.

C’è un che di ipocrita, ma anche di profondamente umano: il bisogno di sentirsi parte della storia, di poter dire “io c’ero”, “lui mi stimava”, “avevamo un rapporto speciale”. 

Ma pur conoscendo le debolezze degli uomini, vi assicuro che rimango stupito  di fronte alle interviste, agli articoli, agli interventi in video di personaggi pubblici, politici, prelati, giornalisti, perfino quelli che lo avevano aspramente criticato,  e che ora si affannano a raccontare aneddoti personali, incontri privati, parole “che non dimenticheranno mai”. 

È il trionfo della memoria selettiva, quella che dimentica i fischi e tiene solo gli applausi. 

Ma Papa Francesco, che non era né ingenuo né facile da incasellare, non merita questa santificazione automatica, che rischia di renderlo inoffensivo. 

Era un uomo di conflitti, di parole nette, di gesti scomodi. Era il Papa della denuncia della “Chiesa dei denari”, delle critiche ai muri, ai nazionalismi, ai mercanti del Tempio.

E di conseguenza c’è il rischio che queste dichiarazioni finiscano per oscurare proprio ciò che Mario Bergoglio ha davvero rappresentato.

Nel suo pontificato ha cercato di riportare la Chiesa al Vangelo vissuto, più che predicato. 

E questo non è piaciuto a molti. Anche dentro la Chiesa. Soprattutto lì. 

Lo hanno chiamato “eretico”, “distruttore della dottrina”, “Papa comunista”. 

E ora? Ora che non può più parlare, né smentire, né difendersi, viene elevato a icona trasversale. 

Una figura che tutti vogliono abbracciare, ma a modo loro, filtrata, ripulita, neutralizzata.

Mi ripeto, c’è un aspetto profondamente umano in questo bisogno collettivo di riconciliazione postuma. Ma c’è anche qualcosa di profondamente ipocrita. 

E allora vale forse la pena dirlo chiaramente: Francesco non ha avuto bisogno di amici famosi; e non ha disdegnato il rapporto anche con personaggi non proprio in odore di sagrestia, come Emma Bonino, che il Papa andò persino a trovare a casa una volta dimessa dall’ospedale, o Marco Pannella. Il leader radicale scriverà al Papa una lettera struggente, un mese prima di morire.

Aveva scelto di stare con chi non aveva voce: i migranti, i poveri, i malati, i carcerati. Quelli che adesso, nel trambusto delle commemorazioni ufficiali, rischiano di sparire sullo sfondo.

Come stiamo toccando con mano, la morte ha il potere di riscrivere la memoria collettiva, spesso levigando spigoli e contraddizioni.

Ma non dobbiamo mai dimenticare che viviamo nell’epoca dei social, in un’epoca in cui non si dimentica niente, perché è tutto scritto ed archiviato nel mitico “cloud”. 

E così era inevitabile che la morte di Papa Francesco riaprisse il dibattito sulla relazione conflittuale con Matteo Salvini, emersa in anni di divergenze su temi politici e religiosi. 

E nonostante lo stile sobrio scelto dalla Lega, con il semplice messaggio “Papa Francesco ha raggiunto la Casa del Padre”il web ha ricordato e riproposto le contrapposizioni passate, mettendo in discussione la coerenza del leader Matteo Salvini.

Tanto per dire, solo pochi giorni prima il Carroccio ricordava l’anniversario della nascita di Ratzinger con queste parole: “Un acuto pensatore, un grande pastore, difensore delle radici cristiane dell’Europa. Sempre nei nostri cuori!”.

Il ricordo di un Papa scomparso non è certo un atto da condannare; ma inutile nasconderlo, Papa Ratzinger è sempre stato utilizzato dalla Lega in contrapposizione a Bergoglio. 

Le frizioni tra Salvini e Papa Francesco affiorarono già all’indomani dell’elezione del Pontefice, nel lontano 2013. La nuova impronta sociale del pontificato, la centralità dei temi legati alla povertà, all’ambiente, alla giustizia globale, ma soprattutto all’accoglienza dei migranti, cominciarono ben presto a entrare in collisione con la linea politica della Lega e del suo Segretario.

“Quanti rifugiati ci sono in Vaticano?”, attaccava, per fare un altro esempio, il leader leghista nel 2015 dai microfoni di Radio Padania, replicando al Papa che invocava il perdono per chi chiudeva le porte ai migranti.  “Non abbiamo bisogno di essere perdonati. Ci sentiamo buoni e generosi più di altri pseudo cattolici che dicono che c’è posto per tutto il mondo”, era stata la dura risposta di Salvini.

Nel settembre 2016, a pochi giorni dal consueto incontro sul pratone di Pontida, i giovani padani organizzarono un sit in a Milano in cui vennero indossate magliette con la scritta “Il mio Papa è Benedetto”.

All’interno delle “mura leonine” non fu poi sicuramente apprezzata, per usare un eufemismo, la scelta del “Capitano”, durante la campagna per le elezioni europee nel 2019, di salire sul palco di piazza Duomo a Milano ostentando un rosario in mano.

Al riguardo Famiglia Cristiana parlò apertamente di “strumentalizzazione religiosa” e Padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica e vicino al Papa, scrisse che si trattava di un uso “politico e improprio dei simboli della fede”; Salvini rispose “Io sono credente, porto il rosario sempre con me. Lo diceva anche Papa Benedetto”.

E la dimostrazione del disagio del Vaticano la si trova nel fatto che  nessun incontro, nessuna udienza, vennero mai concesse a Salvini. 

In oltre dieci anni di pontificato, Papa Francesco ha ricevuto capi di Stato, ministri, delegazioni ufficiali di ogni orientamento politico; eppure, con il leader della Lega un incontro formale non è mai avvenuto. 

Neanche in contesti istituzionali, come la Festa della Polizia del 2018, quando entrambi erano presenti: nessun saluto, nessun gesto distensivo. 

Com’è per tutte le cose del mondo, anche per Papa Francesco vale la locuzione latina “sic transit gloria mundi”.

Dopo i funerali di sabato, dopo l’omaggio di Re, Regine, Capi di Stato e di Governo, il suo viaggio terreno finirà nell’antica Basilica di Santa Maria Maggiore, ed a quel punto le polemiche sfumeranno e l’attenzione si concentrerà sul Conclave.

Ma consentitemi di dire che  onorare davvero la memoria di Francesco non significa mettere la sua immagine sul profilo social con un cuore spezzato. 

Significa, forse, iniziare a vivere quella radicalità evangelica che tanto ha disturbato le coscienze. E che oggi, nel silenzio lasciato dalla sua scomparsa, suona ancora più forte.

Umberto Baldo

PS: ieri a Montecitorio è andato in scena l’ennesima figuraccia dei Partiti, tutti impegnati ad azzuffarsi per accaparrarsi un pezzettino dell’eredità di Papa Francesco.  La Lega ed i 5 Stelle lo elevano a campione della pace,  per Schlein è stato un leader pro-gay, pro-ambiente, per Forza Italia era attento alla famiglia e contro l’aborto, Della Vedova ricorda le telefonate a Pannella eccetera. La premier Meloni si è rifugiata nei rapporti personali.  E’ triste dover constatare che neanche la morte riesce a dare un minimo di dignità ai nostri Demostene.

VIACQUA

Potrebbe interessarti anche:

VIACQUA