Da “Dieu lo volt” ad “Allah Akbar”. La pericolosa commistione fra politica e religione
Ogni qual volta sentiamo l’espressione “Allah akbar” o “Allahu akbar” il primo pensiero che facciamo, almeno in Occidente, è rivolto a un attentato.
In realtà, però, questa espressione, che significa letteralmente “Dio è il più grande”, non è esclusivamente legata al jihadismo e non è una specie di slogan dei terroristi: ha a che fare più generalmente con la religione, ed è un’esclamazione di uso comune fra i musulmani.
Ma il fatto che questa frase venga spesso urlata prima di un attentato è diventato per noi come la prova del fatto che quel gesto abbia motivazioni religiose.
Già, motivazioni religiose!
Credo vi sia ormai chiaro che io sono contrario ad ogni commistione fra sacro e profano, meglio fra ambito politico ed ambito religioso.
Il che non vuol dire essere necessariamente anticlericale, ed infatti non lo sono, ma semplicemente sostenere che deve sussistere una netta distinzione fra i due poteri (checché se ne dica anche le religioni rappresentano un potere).
E ciò perché a mio avviso ogni qual volta potere politico e potere religioso si sono contrapposti, o quando il potere politico ha fatto propri simboli religiosi a sostegno delle proprie ideologie, o quando la Chiesa ha sostenuto certe parti contro altre, o quando potere politico e potere religioso coincidono come ad esempio nell’odierno Iran, il risultato è sempre stato disastroso per i popoli.
Volete qualche esempio?
Ovviamente tocca fare ricorso alla storia.
Tralasciando l’antichità con i suoi Dei ed i suoi riti (Marte dio della guerra ad esempio), ci concentriamo nella cosiddetta “era cristiana”, che iniziò di fatto con Costantino, l’imperatore che seguendo la suggestione del “In Hoc signo vinces” (probabilmente una favoletta mai provata in realtà) con l’editto di Milano del 313 d.C. sdoganò il culto cristiano, ponendo fine alle persecuzioni.
Iniziò così il percorso dell’unione fra potere temporale e potere spirituale, che nel corso dei secoli successivi si consolidò nell’idea che il potere dei monarchi fosse di derivazione divina (ricorderete che anche Carlo III d’Inghilterra, durante l’incoronazione del 6 maggio scorso è stato, “unto con l’olio santo”, a significare la sua consacrazione in nome di Dio).
Fatto questo primo passo, fino ad un paio di secoli fa rimase viva in Europa l’idea dell’Impero universale cristiano, e non a caso la figura di Imperatore del Sacro Romano Impero durò ben mille anni, da Carlo Magno a Francesco II d’Asburgo-Lorena (finendo nel 1806).
In quest’ottica non c’è alcun dubbio che la Chiesa cattolica abbia rappresentato il primo vero esempio di un potere religioso costituito, supportato poi anche da un potere temporale (basato per di più su un falso documento storico noto come “Donazione di Costantino”, smascherato da Lorenzo Valla nel ‘400), che diede vita ad un vero Stato teocratico con il Papa-Re.
Visto che abbiano iniziato con una frase del mondo islamico, partiamo da “Deus lo volt” (Lo vuole Dio), il grido con cui Pietro l’Eremita predicò nell’ XI secolo la “Prima Crociata” per liberare il Santo Sepolcro dagli infedeli.
E’ forse il primo esempio documentato dell’”arruolamento di Dio” in un’impresa bellica, che conquistò Gerusalemme, ma a costo di un vero massacro di cristiani e musulmani.
Proseguendo con gli slogan, ricordiamo anche il “Dieu e mon droit” (Dio e il mio diritto) adottato da Riccardo Cuor di Leone come slogan nella guerra contro i francesi, e che venne poi adottato da Enrico V come motto dello stemma reale inglese (è ancora presente).
Ma un bel richiamo alla sacralità del proprio potere, conquistato sicuramente non con le opere di bene ma sulla punta delle baionette, lo diede anche Napoleone Bonaparte con la famosa espressione “Dieu me la donne, gare à qui la touche” (Dio me l’ha data, guai a chi la tocca), pronunciata nel Duomo di Milano, al momento di mettersi in testa con le sue stesse mani la Corona Ferrea.
Saranno l’anglicano Wellington ed il protestante Blucher a strappargliela dalla testa in quel di Waterloo (non si sa in nome di quale Dio!).
In ambito tedesco c’è un altro motto di richiamo alla divinità che è passato alla storia.
E’ il famoso “Gott mit Uns” (Dio con noi), l’antico motto dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici, adottato poi dai re di Prussia, e successivamente dagli Imperatori tedeschi.
Il motto è diventato tristemente noto perché venne mantenuto anche dal regime Nazista sulle fibbie dei soldati della Wehrmacht; non però su quelle delle famigerate “SS”, su cui era incisa la frase “Meine Ehre heisst Treue” (Il mio onore si chiama lealtà).
Resta comunque il fatto che anche altri personaggi che hanno insanguinato il mondo, in qualche momento della loro parabola politica hanno fatto ricorso alla divinità ed alla Chiesa.
Così Benito Mussolini, che da ateo e anticlericale militante divenne l’ “Uomo della Provvidenza”, dopo aver firmato i Patti Lateranensi, mettendo così fine ad un lungo periodo di scontro con il Vaticano.
Ma pensate che lo stesso Stalin, il peggior sradicatore del cristianesimo, nel 1941 ordinò che la “Madre di Dio di Vladimir”, l’icona più venerata nella Santa Madre Russia (arrivata da Costantinopoli a Kazan nel XIII secolo), sorvolasse a bordo di un aereo la città di Leningrado assediata dai nazisti.
Mi sono limitato ad alcuni episodi che sono passati alla storia grazie anche alle espressioni che ho ricordato, ma tutta le storia europea è costellata di alleanze fra potere ecclesiastico e potere politico che hanno portato ad efferatezze inenarrabili; una per tutte la crociata contro gli Albigesi (o catari).
Difficile trarre conclusioni di fronte al fenomeno delle cosiddette “guerre volute da Dio”, che si sono combattute in ogni secolo e continuano anche ai giorni nostri.
Io credo occorra sfatare il mito delle guerre di religione, del “Dio degli eserciti”.
Perché la verità è che “Nessun Dio” chiede di uccidere in suo nome; non il Dio dei cristiani, non quello degli ebrei, né quello musulmani.
Ma ci sono stati e ci sono cristiani, ebrei e musulmani pronti ad invocare il proprio Dio pur di soddisfare ambizioni politiche ed interessi di parte, strattonandolo di fatto a proprio uso e consumo, riducendolo e idolo.
A muovere gli eserciti, ad attentare alla vita di uomini e donne inermi è, ora come allora, il dio-denaro, la sete di potere, la voglia di conquista, che sempre riesce a corrompere gli uomini di ogni etnia, cultura e credo religioso.
In quest’ottica, quella attualmente in corso a Gaza, a ben vedere, è solo l’ultima pagina di una storia che ha sempre enfatizzato gli aspetti etnici e religiosi delle parti in contrapposizione, ricercando nella religione una legittimazione della guerra e della violazione dei diritti fondamentali della persona umana.
E così dal “Dieu lo volt” siamo arrivati all’ “Allah akbar”; esattamente come mille anni fa.
Umberto Baldo