Da “Dio è morto” alla “morte della Memoria”
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Umberto Baldo
Nei giorni scorsi mi sono trovato a canticchiare le strofe di “Dio è morto”, la canzone di Francesco Guccini che quando fu lanciata suscitò quasi scandalo, con il relativo seguito di discussioni e polemiche.
Addirittura il brano in quel periodo non fu mandato in onda perché etichettato come ”blasfemo” per il contenuto e per il titolo stesso, equivocando, o molto probabilmente non conoscendo, uno dei più grandi aforismi della storia della filosofia.
Difatti ”Dio è morto” è una citazione contenuta nelle opere di Nietzsche, sommo filosofo e profeta dell’ultimo secolo.
Il paradosso fu, che nonostante la censura da parte della RAI, al contempo la canzone fu trasmessa dalla Radio Vaticana, e inoltre si disse che la canzone fosse gradita a Papa Paolo VI.
Sappiamo che la mente, il pensiero, è qualcosa di insondabile, soprattutto quando ci spinge a certi accostamenti, a certi collegamenti, che all’apparenza potrebbero sembrare insensati o inopportuni.
Cercando in rete ho poi trovato queste parole di Guccini: “A volte mi chiedo come Auschwitzo Dio è morto, canzoni scritte nel 1964-66, piacciano ancora così tanto e appaiano sempre attuali. Il merito però, devo dire, non è del tutto mio, ma degli sponsor di queste canzoni, i razzisti e gli imbecilli che, a quanto pare, tornano periodicamente alla ribalta”.
E così ho realizzato perché, mentre canticchiavo “…nei campi di sterminio Dio è morto, nei miti della razza Dio è morto…..”, mi è venuto da pensare che alla luce di quanto avvenuto negli ultimi tempi, forse “è morto anche il Giorno della Memoria”.
Oggi è l’ottantesimo anniversario di quel 27 gennaio del 1945 quando l’Armata Rossa aprì i cancelli di Auschwitz, rivelando al mondo l’orrore del genocidio nazista.
Allora, all’apertura di quei cancelli, il mondo coniò “Never Again”, per imporre a se stesso l’importanza della Memoria.
Oggi forse è giunto il momento di adattare questo “paradigma” al nuovo abisso in cui stiamo sprofondando.
Perché, volenti o nolenti, questo 27 gennaio 2025 sarà inevitabilmente segnato dalle divisioni che ha provocato il conflitto in Medio Oriente.
Dimenticando che quest’ultimo è stato provocato dal pogrom di Hamas il 7 ottobre 2023, con 1194 ebrei trucidati e 250 rapiti, la reazione militare decisa (si può forse discutere se troppo decisa) del Governo Netanyahu ha spinto molti a prendere le distanze da Israele, a parlare di “genocidio” nella striscia di Gaza, a lasciare campo libero al fanatismo antisionista, a negare allo stesso Stato di Israele il diritto di esistere, come ribadito dallo slogan “Palestina dal fiume al mare”.
Ma ripensando a quello che abbiamo visto nell’ultimo anno non si può non essere allibiti ed allarmati.
Già perché ad Amsterdam, la città di Anna Frank, lo scorso novembre, in occasione dell’incontro di calcio Ajax-Maccabi, hanno linciato gli ebrei per strada, albergo per albergo, con i taxi guidati da islamisti che coordinavano le aggressioni con le modalità di un pogrom.
Ma da Harvard fino a Torino gli studenti ebrei sono stati cacciati, con le Autorità accademiche silenziose, magari dopo aver deciso il boicottaggio delle Università israeliane sotto le pressioni e le minacce di quelle vere e proprie “guardie rosse” autodefinitesi Pro-Pal.
E all’Eurovision del maggio scorso in Svezia la cantante ebrea Eden Golan è stata contestata mentre omaggiava le vittime del 7 ottobre.
Quello che mi ha turbato, restando nella nostra Italia, l’Italia della “Costituzione antifascista più bella del mondo” (sic!), è che in molti cortei le bandiere della Palestina sono state affiancate dalle bandiere di Partiti e Movimenti della sinistra.
E ciò mi colpisce in modo particolare, perché dimostra che c’è chi vede e denuncia il pericolo fascista ovunque, ma sembra trovare normale il fatto che gli studenti ebrei si debbano nascondere oggi nelle università italiane, o che una persona che ha provato la Shoah sulla propria pelle come Liliana Segre, 94 anni, possa essere insultata e insolentita.
In Italia la matrice ideologica dell’antisemitismo storicamente è soprattutto di estrema destra, a cui si affiancano l’estrema sinistra, il radicalismo islamico, l’antigiudaismo cattolico.
Ma la guerra in Medio Oriente ha sdoganato l’antisemitismo, mascherato spesso da anti-sionismo, in ampi settori della società, in special modo il mondo giovanile, probabilmente quello più vulnerabile.
Ed era scontato che fosse il Web il luogo privilegiato dove far circolare tutto l’armamentario di pregiudizi usato per attaccare Israele, per sminuire la Shoah, per colpire la minoranza ebraica,
Ed in breve è tornata ad imporsi con forza la falsa e pericolosa identificazione tra Israele – ebraismo – sionismo ed il nazismo.
Una equazione, una equiparazione, che consente di lavarsi la coscienza dalle responsabilità del passato, ribaltando tutte le colpe sugli ebrei.
Guardate, da appassionato di storia, io lo so bene che l’antisemitismo non nasce nell’Europa degli anni 20-30 del 900.
L’odio contro gli ebrei esiste da sempre, ovunque, Italia compresa. E ad essere storicamente onesti, non si può nascondere che la maggioranza degli Italiani non protestò contro le leggi razziali fasciste. Era impossibile sotto una dittatura? Certo era difficile, ma non ci fu una generale diffusione di sconcerto. E a parte Benedetto Croce e pochi altri, anche gli intellettuali restarono in silenzio.
E non dimentichiamoci che da lungo tempo ogni 25 aprile ci sono proteste contro la partecipazione alle cerimonie della “Brigata ebraica”.
Ma fino al 7 ottobre 2023, data in cui l’antisemitismo dell’Occidente è stato sdoganato e ha di gran lunga surclassato quello sventolato dalle teste rasate e decerebrate, negazioniste ed esplicitamente naziste, il ricordo della Shoah rappresentava ancora un momento di riflessione, di raccoglimento comune, di ricordo dei milioni di morti.
Tornando ai miei pensieri, agli insondabili collegamenti della mia mente, al “Dio è morto” che mi suggerisce che anche “il giorno della Memoria è morto,” lo so bene che anche oggi, 27 gennaio 2025, 80° anniversario della liberazione di Auschwitz, tutti i leader politici occidentali parteciperanno a solenni cerimonie, esprimendo parole di omaggio in memoria della Shoah.
Ma non posso non chiedermi come faranno a combattere l’antisemitismo sempre più dilagante, come faranno a convincere a restare quel 38% di ebrei che sta pensando di lasciare le proprie case in Europa perché non si sentono più sicuri.
Come dare loro torto se hanno l’impressione che il Giorno della Memoria sia diventato un evento troppo ritualistico, retorico, anemico, svogliato; una sorta di appuntamento annuale per lavarsi la coscienza e poi passare oltre.
In Israele oggi, giorno in cui si ricordano le vittime della Shoah, quando suona la sirena, il cui sibilo dura per due lunghi minuti che sembrano interminabili, tutti si fermano, in un silenzio che sembra irreale.
E’ così, perché quel ricordo ferisce ancora la carne viva dei superstiti e dei loro discendenti.
Per quanto mi riguarda, credo che, alla luce del clima anti ebraico in cui viviamo, non occorra andare alle consuete cerimonie, ormai piegate ad una stanca e ripetitiva ritualità
Basta che ognuno di noi si fermi qualche minuto in silenzio, per non dimenticare, magari cantando a mezza bocca gli ultimi versi della canzone “Dio è morto” di Guccini.
Umberto Baldo