Da Ventotene alla “gauche Qatar”
Correva l’anno 1941, in pieno regime fascista, tempo di guerra; eppure in un’isoletta del Tirreno in cui erano stati confinati dal regime, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann elaborarono e scrissero il documento “Per un’Europa libera e unita“ poi passato alla storia come “Il Manifesto di Ventotene”, ovvero come uno dei testi fondanti dell’Unione Europea.
Ed impressiona ancora come in quegli anni bui, in cui era persino difficile immaginare un futuro, specie se confinati e ridotti al silenzio, queste donne e questi uomini illuminati non solo sognarono, ma posero le basi di una rivoluzione democratica in Europa, per dare vita ad una federazione europea ispirata ai principi di pace e libertà, con base democratica, dotata di Parlamento e Governo, e alla quale affidare ampi poteri, dal campo economico alla politica estera.
Da europeista convinto, il mio pensiero non poteva che andare a Spinelli quando ho letto le prime notizie sullo scandalo che sta investendo il Parlamento europeo, anche se preferisco dire alcuni rappresentanti di questa Istituzione.
E mi piace pensare che forse è meglio che lui ed i redattori di quel “Manifesto” non siano più fra noi, e non abbiamo quindi potuto vedere il fango che sta sporcando le Istituzioni comunitarie.
Prima di fare ulteriori considerazioni, credo sia doveroso da parte mia ribadire che va salvaguardata in ogni caso la “presunzione di innocenza” degli imputati, non solo per una questione di civiltà giuridica, ma anche perché sono numerosi i casi di persone che, magari dopo i clamori dell’arresto e la gogna mediatica, in sede processuale sono risultati alla fine innocenti.
In secondo luogo, sono abbastanza vecchio e scafato per sapere che la politica non è un’attività per educande, che le “tentazioni” sono sempre in agguato, che politica e denaro hanno sempre marciato a braccetto fin dall’inizio della storia umana, e che i “moralisti all’estremo” come i Savonarola o i Robespierre alla fine finiscono sempre o sul rogo o sulla ghigliottina.
Detto questo mi auguro che a molti, come accaduto a me, sia affiorato alle labbra un urlo di angoscia quando l’inchiesta della Magistratura belga è stata resa pubblica.
Perché sappiamo bene che il Consiglio e la Commissione Europea sono organi “politici”, dove per definizione si media su interessi spesso inconfessabili dei singoli Stati, ma il Parlamento europeo “NO”.
Il Parlamento, l’unica istituzione comunitaria eletta direttamente da noi cittadini, per chi crede ancora nel sogno che fu di Altiero Spinelli e di Ernesto Rossi, è il tempio della Democrazia, il custode dei Valori, dei Diritti Umani, della Libertà di tutti noi.
Il Parlamento è il luogo in cui i nostri rappresentanti discutono del futuro comune, nostro e dei nostri figli, e dovrebbero dare le linee di indirizzo ai Governi.
E francamente è stato scioccante, desolante, apprendere che in quel Parlamento alligna la stessa corruzione che frequentemente affiora anche in Italia, e che soffoca molti Paesi del mondo, dall’India alla Cina all’Africa, solo per citarne alcuni.
E queste vicende dimostrano anche che l’idea che pagare molto i rappresentanti politici, sia nazionali che europei, per tenerli “lontani dalle tentazioni” non ha fondamento.
I deputati europei sono pagati benissimo, hanno tre assistenti ciascuno, lavorano a Bruxelles due giorni alla settimana, sono reputati, stimati, eppure sembra si siano fatti corrompere.
I diritti umani svenduti in cambio di soldi. Tanti soldi. Così tanti da riempirci intere sacche. Immaginateveli quei borsoni zeppi di banconote, e pure le valigie, riempite in fretta e furia quando sono scattati i primi fermi per associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio (sic!)
Non è questione di garantismo un tanto al chilo, qui stiamo parlando di etica, e nessuno può assolvere queste pratiche.
Avrete certamente notato che non ho riportato i nomi degli indagati e dei fermati, e questa scelta è dovuta al fatto che non vorrei scadere nel mattinale di polizia.
Le cronache relative agli arresti, ai sacchi pieni di banconote, alle vacanze da 100mila euro, all’utilizzo di carte di credito intestate a “The Giant”, sono state ampiamente riportate da giornali e media, ed è probabile che nei prossimi giorni ci siano ulteriori colpi di scena, perché a suo tempo “Mani pulite” ci ha insegnato che in questo tipo di inchieste più si scava e più si trova.
Non parlo neppure degli Stati presuntivamente corruttori, perché in certi regimi le mazzette sono la regola, e la colpa maggior è a mio avviso sempre di coloro che, avendo un ruolo pubblico o istituzionale, si fanno corrompere.
Ma ci sono alcuni elementi che non possono essere sottaciuti.
Il primo che i parlamentari ed i “personaggi di contorno”, per chiamarli così, fino ad ora coinvolti nelle indagini, a parte la vicepresidente greca del Parlamento europeo ed un deputato belga, sono per la maggior parte nostri connazionali; un ex deputato ed i suoi familiari, un assistente parlamentare, il capo della Confederazione Mondiale dei Sindacati, il Segretario Generale di una Ong internazionale, tanto che la lettura più diffusa nei corridoi di Bruxelles è che si tratta di un “italian job”, cioè di una “truffa italiana”.
Il secondo che, volenti o nolenti, ad essere investita direttamente è la grande famiglia dei Socialisti & Democratici Europei, ed in particolare il mondo della gauche italica, oltre a tutto quella “più a sinistra”, quella della “Ditta”, quella che, ironia della sorte, non perde occasione di accusare Matteo Renzi di tenere conferenze in l’Arabia Saudita.
Una sinistra in cui, è triste dirlo, il rapporto fra politica e morale non è più al centro dell’attenzione, per usare un eufemismo, come ai tempi di Enrico Berlinguer.
Io credo che la sinistra in generale non possa più nascondersi dietro una supposta diversità “genetica” rispetto alle altre forze politiche.
Non esiste una superiorità morale per definizione, ed il “Qatar gate”, se ce n’era bisogno, sta lì a dimostrarlo.
E non si tenti di dire che si tratta di alcuni “mariuoli”! Questa giustificazione l’abbiamo già sentita in altri tempi, e abbiamo visto com’è finita.
In primis perché questi “mariuoli” appartengono a pieno titolo alla sinistra, in cui hanno sempre militato anche in ruoli di vertice, e poi perché per uno che si posiziona “a gauche” spero sia inaccettabile svendere per soldi i diritti di migliaia e migliaia di lavoratori poi morti per costruire gli stadi nelle sabbie Qatarine.
E’ tempo di guardarsi dentro, di abbandonare l’atteggiamento omertoso generalizzato, di illuminare gli angoli opachi, di fare pulizia se serve; diversamente non si arrabbino se qualcuno assimilerà la “gauche caviar” alla “gauche Qatar”.
Umberto Baldo