4 Aprile 2025 - 9.31

Dazi? Cominciamo dal Mercosur

Umberto Baldo

Non so se abbiate avuto modo di seguire i mercati nella giornata di ieri.

Sono abbastanza vecchio per sapere che le Borse sono come le foglie al vento, e giornate nere ne ho viste tante.

Ed è anche vero che “come una rondine non fa primavera”, così una giornata di pesanti cali generalizzati come quella vista ieri, non vuol certo dire che le Borse abbiamo imboccato la via dell’Orso.

Come vedete non uso volutamente la parola “crollo”, ma non c’è alcun dubbio che si sia trattato di un tonfo da non sottovalutare, causato dall’annuncio della guerra dei dazi che il Presidente Trump ha dichiarato al mondo intero (li ha imposti persino alle Heard e Mc Donald, sperdute isole disabitate dell’Antartide dove ci sono solo pinguini).

Nulla di nuovo in realtà, nessun fulmine a ciel sereno; il Tycoon lo aveva annunciato da tempo che ai primi di aprile avrebbe reso  note le nuove tariffe; ma cosa volete un conto è saperlo, ed un conto è scorrere la lavagnetta di Trump con i Paesi interessati e le percentuali.

Guardate, non sto qui a tediarvi sulle dichiarazioni dell’uno o dell’altro politico, anche perché spesso sono solo parole per arieggiare il cavo orale, e poi perché mostrano diversità di vedute spesso inconciliabili.

Quel che vedo è un’Europa sotto chock, e ci sta dopo decenni di tregua sul fronte dazi, ma che forse proprio per questo fatica ad imbastire una risposta univoca alla sfida che arriva dagli States.

Relativamente all’Italia tralascio le posizioni  di Salvini secondo cui i dazi sarebbero un’opportunità; perché la realtà dei fatti ci racconta proprio l’esatto contrario.

Giorgia Meloni, fidando sui suoi buoni rapporti con il Presidente Statunitense, continua a tenere una posizione dialogante, come se sperasse ancora nel ruolo di “pontiera” fra Usa e Ue.   Ma che la espone al rischio di apparire arrendevole e contraria all’interesse economico dell’Italia e dell’Europa, qualora Trump andasse dritto per la propria strada, non facendo sconti a nessuno.

Avrete certamente sentito molte voci di analisti, economisti, e anche politici, affermare che l’Europa deve cercare altri mercati di sbocco per i propri prodotti, guardando all’Asia, all’Africa, al Messico, al Canada, all’Australia, ed all’America del Sud.

Ma in realtà qualcosa di “pronto all’uso” c’è già, e riguarda proprio i mercati sudamericani.

Mi riferisco al Mercosur (Mercado Común del Sur), un ‘Organizzazione economica e commerciale fondata nel 1991 con il Trattato di Asunción, da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. 

Il suo obiettivo principale è la creazione di un mercato comune sul modello dell’Unione Europea, con libera circolazione di beni, servizi e persone tra i Paesi membri. 

Successivamente si sono aggiunti il Venezuela (sospeso dal 2016), la Bolivia (in fase di adesione completa), ma anche Cile, Colombia, Ecuador e Perù in qualità di associati.

Sono oltre vent’anni che l’Unione europea negozia con il Mercosur per trovare un accordo, che è stato concluso ed annunciato da Ursula Von der Leyen a Montevideo a fine 2024.

Non ha esagerato la Presidente della Commissione Europea a definire questa intesa come una “pietra miliare”, perché si tratta di un mercato di 780 milioni di persone, che, apre straordinarie opportunità per le imprese europee, che beneficerebbero di tariffe ridotte, procedure doganali più semplici, e accesso preferenziale ad alcune materie prime critiche. 

Da tenere presente che giustamente la  Commissione ritiene l’accordo con il Mercosur urgente, dato che in Sud America la Cina è ormai diventata il primo partner commerciale davanti a Ue e Usa, e di conseguenza per l’Unione Europea sarebbe fondamentale rafforzare i legami diplomatici ed economici con i Paesi di quell’area geografica.

Cosa prevede l’accordo?

In estrema sintesi, a seguito dell’intesa, saranno eliminati i dazi per il 93% delle importazioni dal Mercosur nell’Ue, e del 91% in direzione contraria, con un risparmio di dazi per l’Ue pari a 4 miliardi di euro. L’Ue eliminerà il 100% dei dazi sui prodotti industriali provenienti dal Mercosur, su un periodo di 10 anni. Il Mercosur eliminerà i dazi sul 90% dei prodotti industriali europei.

Inoltre più di 350 prodotti protetti europei saranno riconosciuti nel Mercosur, tra cui Parmigiano, Prosciutto di Parma, Prosecco. Ci saranno quote per prodotti considerati sensibili, come la carne di manzo, di pollo, o lo zucchero. I Paesi del Mercosur dovranno al contempo rispettare gli standard fitosanitari europei per la salute umana, e attuare quelli dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Il Mercosur dal canto suo, si impegna ad aprire alle aziende europee le gare d’appalto.

Ma come sempre succede in Europa, ed è il suo tallone di Achille, un conto è quello che decide la Commissione, un conto sono i singoli Stati che queste decisioni (in questo caso accordi) devono poi approvare.

E qui il fronte europeo si è spaccato.

E così Germania e Spagna sostengono l’accordo per i vantaggi economici che potrebbe portare, in particolare per le loro industrie automobilistiche, manifatturiere e agricole.

Paesi Bassi e Portogallo sono favorevoli per l’apertura commerciale ed il rafforzamento dei legami con l’America Latina.

La Francia si è sempre dimostrata la principale oppositrice, mentre l’Italia  ha avuto posizioni altalenanti (come al solito oserei dire), con alcuni settori industriali nettamente favorevoli, ed altri come l’agricoltura più ostili.

Il Presidente Francese è da sempre pressato dai suoi agricoltori, che hanno più volte bloccato il Paese.

Gli accordi commerciali di questo tipo, su cui la Commissione ha la piena titolarità durante il negoziato, vengono sottoposti ad un voto a maggioranza qualificata in Consiglio Europeo: è una procedura, cioè, dove i voti dei vari Stati non hanno tutti lo stesso valore, perché questo varia a seconda della popolosità del Paese. Per ottenere una maggioranza qualificata c’è bisogno che votino a favore almeno il 55 per cento dei paesi (15 su 27) in rappresentanza di almeno il 65 per cento della popolazione. 

La Francia a quanto si sa potrebbe contare sul sostegno di Polonia, Irlanda e altri piccoli paesi dell’Est: non riuscirebbe, dunque, a guidare quella che si chiama nel gergo una “minoranza di blocco”, in grado cioè di impedire l’approvazione. 

Ma se l’Italia si unisse a questo gruppo, Macron avrebbe serie possibilità di mettere il veto.

Ecco perché le ambiguità del governo Meloni sono rilevanti, perché un’eventuale definitiva contrarietà dell’Italia porterebbe automaticamente ad affossare l’accordo, in quanto il voto del nostro Paese è determinante in un senso o nell’altro.

Al di là di tutti i ragionamenti, di tutti gli arzigogoli, di tutte le obiezioniil Governo Meloni, finora, si è finora espresso contro l’accordo sostanzialmente perché sono contrarie le Associazioni degli Agricoltori, considerate dalla destra fra i loro principali sostenitori.

Tutto il resto del sistema produttivo italiano, a partire dall’industria agroalimentare, è favorevole all’intesa con Mercosur, soprattutto ora che servono nuovi sbocchi per l’export se si riduce il mercato americano.

Le Associazioni degli agricoltori sono contrarie sostanzialmente perché temono una saturazione del mercato, il che vorrebbe dire perdere i vantaggi sul mercato interno garantiti finora dalla presenza di gravosi dazi per i prodotti sudamericani.

Concludendo, io credo che, data la difficile congiuntura, tutti i dubbi, tutti i tatticismi per proteggere una categoria “amica” (abbiamo già dato con i balneari ed i taxisti!!!) dovrebbero essere superati, e di conseguenza l’Italia dovrebbe sciogliere la riserva e votare la ratifica dell’accordo Ue-Mercosur.

Se infatti, data la comunanza ideologica, è quasi comprensibile l’indecisione della premier fra il dialogo con Trump e l’allineamento con la Ue, diventa invece ingiustificabile mettere sullo stesso piatto la vicinanza con la Coldiretti e l’interesse nazionale.

Umberto Baldo

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