16 Luglio 2024 - 9.54

Donald Trump: E’ stato Dio a salvarmi!

Sono da sempre convinto che, almeno in politica, nulla succede per caso.

E francamente le immagini di Donald Trump con l’orecchio sanguinante, ed il viso rigato di rosso, non mi ha colpito più di tanto, perché osservo da tempo la deriva, il delirio, che stanno sempre più dilaniando gli Stati Uniti.

Non mi spaccerò per un esperto di politica americana, perché credo che per capire un popolo occorrano alcuni prerequisiti: bisogna conoscerne a fondo la letteratura e la storia, bisogna conoscere di prima mano la cultura e l’immaginario di quella gente, e di fatto bisogna averci vissuto per qualche decennio.

Ciò non esclude però che, seguendo con una certa assiduità i media a stelle e strisce, un’idea di come vanno le cose uno se la possa fare.

E non so voi, ma io ho cominciato a preoccuparmi seriamente del futuro della democrazia americana da quel 6 gennaio  2021, da quell’assalto di 30mila facinorosi al Campidoglio, che a tutti gli effetti mi sono sembrate “prove generali di guerra civile”.

Anche perché, grazie ai 100 deputati che avevano obiettato alla certificazione delle vittoria di Biden,  è risultato palese  che una presa di potere violenta negli Usa è possibile proprio per lo squilibrio nel collegio elettorale tra Stati democratici popolosi, e Stati repubblicani a popolazione rurale con minore peso demografico.

Guardate che Donald Trump non nasce a caso, e la causa fondamentale del suo successo si chiama “globalizzazione”.

E così il Partito Repubblicano si è sostituito ai Democratici come partito della classe operaia, perché quelli si limitano a dire ai lavoratori che devono mangiare bene e sano, fare ginnastica, dare ascolto agli scienziati, mentre operai ed  agricoltori hanno visto peggiorare la loro qualità della vita perché negli Stati della cosiddetta “Rust Belt” (la cintura della ruggine) le fabbriche hanno chiuso, e i contadini subiscono la concorrenza degli altri Stati. 

Capite bene che a questa fetta di elettorato, concentrata nell’America profonda degli Stati non costieri, l’ “America first” del Tycoon assume il sapore di un messaggio evangelico.

Se a questo aggiungiamo l’ingresso in politica degli Evangelici dagli anni ’70,  con tutta la loro carica di settarismo, e le tre anime che si contendono il possesso dello spirito degli americani, la puritana, la libertaria e  l’illuminista, capite bene che ne esce un mix esplosivo.

Mix del quale ha saputo approfittare, prima capendolo e poi cavalcandolo, proprio Donald Trump, che badate bene non è un Repubblicano “vero”, bensì un affarista senza scrupoli, un demagogo populista e ignorante, ambizioso quanto basta per non porsi alcun limite. 

Che poi sia anche uno stupratore, un evasore fiscale o un delinquente, questo è un problema prima della giustizia, e poi degli americani, ad almeno metà dei quali sembra comunque non importare nulla.

In sintesi io direi che Trump rappresenta l’anima “troll” dell’America (l’equivalente del nostro “me ne frego”), quella che lo vede come un Messia, quella che gli crede ciecamente, come quella coppia dell’Arizona che, su suo suggerimento, ha bevuto a suo tempo una bottiglia di varechina per combattere il Covid (badate che nell’America profonda ci sono moltissimi sostenitori evangelici di Trump che fanno affermazioni di questo tenore: «Trump difende Gesù, senza Gesù l’America cadrà». Alcuni si spingono a dire che Trump è il Gesù americano).

Non c’è alcun dubbio che Trump abbia cambiato, in peggio, il modo di fare politica negli Usa.

“Parassita”, “sacco di merda”, “patetico e incapace”, “dittatore”. 

Sono solo alcuni degli epiteti utilizzati da Trump e Biden negli ultimi mesi. 

Il Tycoon da anni normalizza una violenza verbale che ormai si è diffusa a macchia d’olio; un problema ormai troppo radicato per essere fermato.

Anche Biden e i democratici, nelle ultime settimane, avevano intensificato la violenza nei toni delle loro affermazioni. 

Il presidente Usa ha definito Trump uno “sfigato”, “un perdente”. E poi ancora, un “dittatore”. 

Dopo che Trump, lo scorso maggio, aveva pubblicato un video sul suo social Truth nel quale – in caso di sua rielezione – si prospettava un “Reich unificato”, Biden lo ha accusato di aver usato “il linguaggio di Hitler, non quello dell’America”.   “Che cosa farà Trump una volta presidente? Sarà un dittatore su un ‘reich unificato’?” si chiedeva Karine Jean-Pierre, portavoce della Casa Bianca.

D’altronde era naturale che si arrivasse ai ferri corti, visto che ai politici si può chiedere tutto, ma difficilmente di “porgere l’altra guancia”.

Di conseguenza i toni accesi usati in campagna elettorale hanno così esacerbato la violenza in un’America già profondamente divisa e polarizzata, che ha perso la sua immagine rassicurante, forte, protettiva, a volte ingombrante ma comunque stabile, che ha avuto dal dopoguerra in poi. 

La violenza, come sottolineano diversi analisti, fa da tempo intrinsecamente parte del processo politico negli Usa. 

Ma l’attentato contro Trump   in Pennsylvania porta alla luce del sole, ed esaspera, un clima da guerra civile che mette a serio rischio la democrazia americana. 

Ci volevano quei 5 colpi di fucile automatico in un  campo della Pennsylvania per far capire ai principali media americani che la misura è colma, che i rischi per la tenuta democratica del Paese sono reali, e di conseguenza abbiamo visto New York Times, Washington Post, The Atlantic, Wall Street Journal, e CNN concordare all’unisono nel condannare l’attentato al Tycoon. 

Tutti, in maniera più o meno allarmistica, evidenziando le preoccupazioni per la sicurezza politica, e la necessità di responsabilità e leadership per affrontare l’estremismo sempre più diffuso.

Alla buon’ora!   Perché i grandi quotidiani ed i media Usa non sono innocenti, non sono immuni dalla medesima retorica estremista.  L’hanno coltivata e cavalcata, questa è la verità!  E adesso vorrebbero che sparisse come per incanto!

E’ comprensibile che in questo clima, dopo l’attentato a Trump, tra democratici e repubblicani sia iniziata la gara a darsi la colpa per avere usato “una retorica estremista”.

Per non dire del fiorire sui social di teorie “retrosceniste”, alcune delle quali vedono l’attentato come organizzato da Biden per far fuori l’avversario, ed altre che invece lo ritengono organizzato direttamente da Trump per vincere a mano bassa le elezioni. 

Io credo che, comunque vada, l’America sia destinata a vivere dei mesi difficilissimi, sempre sulla lama del rasoio.

Penso anche chenessuno possa ragionevolmente dirsi certo che gli spari di Butler, Pennsylvania, condanneranno definitivamente forse il miglior presidente americano da decenni, Joe Biden, sconfitto caso mai più dal “tempo” che dall’orecchio insanguinato di Donald Trump.

Ma non posso non considerare che quell’immagine di Trump sanguinante, circondato dagli uomini della sicurezza, ma con il pugno alzato mentre urla ai seguaci “combattette, combattete, combattete”, diventerà una specie di “santino” esibito fino a novembre, trasformando un arruffapopoli in un “martire”.

Purtroppo quegli spari rappresentano una sorta di cesura della storia politica degli Usa, e Trump inevitabilmente ne cavalcherà gli aspetti messianici: “E’ stato Dio a salvarmi”. Messaggio che conferma nella sua base la   convinzione che Trump è Dio sceso in terra, tra veglie di preghiera ed interpretazioni cristologiche dell’accaduto. 

E quell’immagine potrebbe alla fine sfociare nella conquista non solo della Presidenza, ma anche della maggioranza alla Camera ed al Senato. A quel punto, avendo Trump già il controllo della Corte Suprema, il rischio è che sulla democrazia americana possa calare veramente il sipario.

Arrivati  alla situazione attuale, il mio pensiero è che se veramente Donald Trump imporrà, come sembra, al prosieguo della sua compagna una svolta moderata, al Partito Democratico resterà una sola opzione per cercare di cambiare il finale; sostituire il vecchio Joe. 

Concludendo, mi auguro che oltre alle parole ed alle frasi di circostanza, ci sia anche nei leader europei una presa di coscienza che il problema non c’è solo negli Usa, perché in tutte le democrazie occidentali si vede il dibattito pubblico scivolare verso l’irreversibilità di uno scontro estremo, e verso una nuova fase di terrore frutto di una radicalizzazione che coinvolge le ali estreme della società.

Questa deve essere la responsabilità cui sono chiamati i leader del mondo occidentale: una strategia che metta tra le sue priorità la decodificazione e il respingimento dei tentativi di influenza di autocrati e dittatori che puntano a far saltare l’ordine mondiale. 

Perché, credetemi, a Mosca, a Teheran, per fare solo due esempi, sabato si è stappato lo champagne!

Umberto Baldo

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