14 Marzo 2025 - 9.47

Donald Trump legalizza la cripto valuta di gangster e malavitosi

Umberto Baldo

Solo pochi giorni fa, il 27 febbraio vi avevo intrattenuto su un’operazione in meme-coin orchestrata da Donald Trump e da sua moglie Melania  (https://www.tviweb.it/trump-melania-libra-le-criptovalute-truffaldine-degli-autocrati/) che si è rivelata un bagno di sangue per  gli investitori ed un bel guadagno di 350 milioni di dollari per il Tycoon. 

Oggi mi vedo costretto a ritornare sull’argomento perché c’è una grossa novità sul tema, sempre comunque relativa al nuovo inquilino della Casa Bianca.

Cosa è successo?

Che nei giorni scorsi The President ha istituito un “Fort Knox Digitale” firmando un ordine esecutivo per dare vita alla Strategic Bitcoin Reserve.

Era chiaro da tempo che Trump era orientato a lasciare che il mercato delle cripto valute facesse il suo corso, e di conseguenza a dare piena libertà alla disintermediazione finanziaria. 

Ma la  Strategic Bitcoin Reserve è molto di più, perché  mostra chiaramente la volontà degli Usa di rafforzare le propria posizione nel mercato degli asset cripto, dando loro legittimità, e così attirando investimenti nel settore.

Attualmente il Governo degli Stati Uniti detiene circa 200.000 Bitcoin, con un controvalore stimato in 17,5 miliardi di euro.

Prima di continuare mi sento di fare due osservazioni personali.

La prima, che mentre in Europa sono anni che discutiamo sulla creazione dell’ “Euro digitale” (che sarebbe comunque emesso e controllato dalla Bce) negli Usa di Trump si liberalizzano totalmente le cripto valute.  E questo la dice lunga sulle differenze culturali che dividono ormai le due sponde dell’Atlantico, e sulle diverse tempistiche di realizzazione di un qualsiasi progetto. 

La seconda deriva dal fatto che, per le loro caratteristiche intrinseche di segretezza e di difficile tracciabilità, ho sempre considerato i Bitcoin la “moneta della malavita”, mezzo ideale di scambi e regolamenti finanziari fra mafiosi, cartelli della droga, trafficanti di armi ecc.

Questo mi conferma nell’opinione che la cultura di Trump sia quella di un “gangster”, che inevitabilmente trova nei Bitcoin la propria moneta di elezione.

Ma andando un po’ più nello specifico, Trump ha chiarito che tutte le nuove acquisizioni saranno esclusivamente in Bitcoin, mentre le altre cripto valute (Ethereum,  XRP, Solana, Cardano) saranno detenute in una scorta separata, composta da asset provenienti da confische giudiziarie.

Come per tutto ciò che riguarda il Tycoon c’è sempre una parte misteriosa.  Nella specie l’ordine esecutivo firmato il 7 marzo specifica che qualsiasi acquisizione di Bitcoin da parte dell’Amministrazione Usa deve avvenire senza alcun costo per i contribuenti.

Come ciò sarà possibile lo vedremo vivendo, ma permettetemi di nutrire qualche sospetto.

Al riguardo io credo che la risposta si possa trovare nella differenza tra i termini reserve e stockpile, traducibili in italiano con riserva e scorta. Nel primo caso, un Paese investe attivamente per acquistare un bene cui attribuisce un’importanza strategica, mentre nel secondo si limita solo a conservare quelli già detiene; la Strategic Bitcoin Reserve, a dispetto del nome, sembrerebbe di fatto descrivere una scorta (stockpile) nazionale di bitcoin confiscati.

Quali sono state le reazioni?

Quelli che vedono i Bitcoin come “l’oro digitale” hanno accolto la notizia positivamente, confidando che il loro riconoscimento istituzionale aiuti la stabilità del mercato delle criptovalute, ed apra la strada a nuovi investimenti.

Altri, fra cui da non trascurare J.P. Morgan e Goldman Sachs, hanno messo in guardia sulla intrinseca volatilità delle valute digitali, e sul conseguente rischio che una “riserva federale” delle stesse possa esporre le finanze degli Stati Uniti alle fluttuazioni estreme dei mercati, con il rischio di un contagio sistemico.

Credo che dopo questo ordine esecutivo si possa dire tranquillamente che la strada indicata da Trump di fare diventare gli Usa la capitale mondiale delle critpo sia definitivamente aperta.

La logica che sta alla base di questa decisione è quella che: “Poiché vi è una quantità massima  prefissata di Bitcoin, ci sarebbe un vantaggio strategico nell’essere tra le prime nazioni a creare una riserva strategica in Bitcoin”.

Secondo i sostenitori di questa tesi  i grandi investitori istituzionali, come i gestori patrimoniali, le istituzioni finanziarie e gli enti pensionistici, ora “non hanno più scuse” per non incrementare l’esposizione a Bitcoin e agli altri asset crypto approvati dall’amministrazione Trump. 

In ogni caso credo  che  la possibilità che  Bitcoin sia dichiarato fuori legge sia ormai pari a zero, nonostante continui la messa in guardia da parte della Banca Centrale Europea sui rischi legati alle critpvalute.

Penso sia innegabile che a Bruxelles, come anche in altre Capitali, ci sia il timore che la diffusione delle criptovalute, adesso legalizzate dagli Usa,  possa mettere a rischio l’autorevolezza della valuta europea quale mezzo per le transazioni, indebolirla sui mercati, e relegarla a ruoli più marginali in un mondo dove i pagamenti on line sono sempre più la regola quotidiana.

Potrei chiuderla qui, ma credo sia invece utile approfondire qualche altro aspetto legato al Bitcoin; così tanto per capirci qualcosa in più.

Non pensiate sia in grado di spiegarvi gli algoritmi che stanno alla base di questa cripto valuta perché, per quanto mi sia applicato, non ho le competenze necessarie.

Immagino però che tutti voi sappiate che Bitcoin è stato progettato dal suo inventore (il mitico Satoshi Nakamoto di cui non si sa neppure se sia mai esistito) per avere una fornitura massima di 21 milioni di monete. 

Attualmente, sono stati creati  circa 19,8 milioni di bitcoin, il che significa che ne restano da estrarre circa 1,2 milioni. 

Il processo di estrazione dei bitcoin, noto come “mining”, diventa progressivamente più difficile nel tempo. 

Inoltre, per sostenerne il valore nel tempo, la ricompensa per i miner si dimezza approssimativamente ogni quattro anni a causa di un protocollo chiamato “halving”. 

Questo meccanismo assicura che l’ultimo bitcoin sarà estratto intorno all’anno 2140. È importante notare che una parte dei bitcoin già estratti è andata persa a causa di chiavi private smarrite o portafogli non accessibili, riducendo così l’offerta effettiva in circolazione. 

Questa scarsità programmata contribuisce alla percezione del valore del bitcoin, poiché la sua offerta limitata lo rende simile a beni come l’oro o altre risorse finite.

Ma cos’è l’halving?

L’halving di Bitcoin, letteralmente “dimezzamento”, è un meccanismo inserito nel codice della criptovaluta che riduce a metà la ricompensa ottenuta dai minatori per la creazione di un nuovo blocco sulla blockchain di Bitcoin. Questo evento avviene automaticamente ogni 210.000 blocchi minati, il che, con il ritmo attuale di estrazione, equivale più o meno a ogni quattro anni.

In parole povere immaginate di essere in un vecchio villaggio minerario, dove gli abitanti scavano ogni giorno nella speranza di trovare oro. Ogni quattro anni, però, qualcosa di straordinario accade: la quantità di oro che i minatori possono estrarre si riduce a metà; meglio ancora la ricompensa che i minatori ricevono per il loro duro lavoro si riduce a metà.  

Quindi l’idea alla base dell’halving è quella di controllare l’inflazione e rendere il Bitcoin una risorsa più scarsa e, teoricamente, più preziosa nel tempo.

A maggio 2020, la quantità di nuovi bitcoin aggiunti alla rete (ogni 10 minuti) tramite “mining” virtuale è stata dimezzata da 12,5 a 6,25. Nell’aprile 2024, diminuirà ulteriormente fino a circa 3,125, e il processo continuerà fino a quando saranno state minate 21 milioni di monete (come accennato si prevede che ciò avverrà nel 2140).

A quel punto i minatori” potranno guadagnare solamente dalle commissioni di transazione per convalidare i blocchi.

Lo so bene che vi state facendo una marea di domande, che forse non ci state capendo niente.  In parte ciò vale anche per me, ma fidatevi che il concetto di cui dovete prendere atto è quello che emettendo meno bitcoin con il passare del tempo, l’halving rende più probabile che il valore di Bitcoin aumenti (posto che il livello della domanda rimanga costante).

Capisco che ciò sia in netto contrasto con le valute Fiat, che in genere diminuiscono di valore nel tempo a causa dell’inflazione, ma per proprio questo è stato pensato l’halving,  cioè come una delle modalità tramite le quali il protocollo Bitcoin mantiene la scarsità. 

E uno dei motivi per cui Bitcoin è ricercato da milioni di persone, e ora anche dal Governo degli United States of America è proprio la sua scarsità. 

Concludendo, credo sia chiaro che il mondo in cui siamo vissuti negli ultimi 80 anni sta subendo un terremoto anche dal punto di vista finanziario.

Piaccia o non piaccia bisognerà fare di necessità virtù, sperando che l’esito finale non sia quello che è accaduto a Pompei nel 62 dopo Cristo.

Umberto Baldo

PS: E’ comunque una scommessa rischiosa quella di Trump sulle cripto. Infatti se più Paesi o Istituzioni decidessero di detenere Bitcoin invece di dollari, la domanda globale di riserve in dollari potrebbe diminuire nel lungo termine. Legittimare una riserva di valore concorrente potrebbe scuotere la fiducia nel biglietto verde, erodendo lo status di valuta di riserva globale dell’America e i vantaggi che conferisce. Senza una forte domanda internazionale per il dollaro, gli Stati Uniti potrebbero alla fine perdere il loro “privilegio esorbitante” di stampare, e prendere in prestito a bassi tassi di interesse.

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