Dopo “Pisa 2023” in Francia si ricomincerà a “bocciare”
Qualche giorno fa stavo sfogliando il sito on line de Le Figaro, uno dei più diffuso quotidiani francesi, quando per poco non svenivo.
Perché?
Per il semplice motivo che, leggendo le proposte del Ministro francese dell’Istruzione Gabriel Attal, ho realizzato che ricalcano quello che, voce nel deserto, sto scrivendo da anni.
La causa scatenante di questa proposta di riforma scolastica annunciata dal Ministro sono stati i risultati dei cosiddetti “test PISA” ( acronimo di Programme for International Student Assessment; si tratta di un’indagine internazionale promossa dall’OCSE per accertare le competenze degli studenti, che ha coinvolto 79 Paesi), che hanno fornito uno spaccato della scuola francese piuttosto sconfortante, con particolare riguardo alla matematica, alla comprensione del testo, ed alle scienze.
Per essere più chiaro vi riporto questo passaggio dell’articolo del Figaro: Funzionari, insegnanti, genitori, tutti si aspettavano che lo scivolamento iniziato negli anni ’90 si trasformasse in caduta libera. Ecco quindi la scuola francese, una volta la migliore al mondo, relegata nella media OCSE, lontana, molto lontana dalle tigri asiatiche che fanno le fusa in cima alla classifica. È necessario constatare che i sistemi scolastici più efficienti generano le economie più dinamiche? Abbiamo “allo stesso tempo” deindustrializzato la Francia, spinto le classi medie verso una proletarizzazione sanguinante, e uberizzato il nostro paese nei servizi turistici”.
Non so voi, ma in questa sia pur breve ma impietosa analisi mi sembra di vedere lo specchio della situazione italiana; ma poiché la logica del “mal comune mezzo gaudio” non mi appartiene, ho cercato di capire quali siano non solo le reazioni, ma soprattutto i rimedi che gli “orgogliosi” francesi pensano di introdurre.
Mi ci vorrebbe ben di più di questo spazio per riportare quanto scritto al riguardo da tutti i media d’oltralpe, per cui mi limito a quelli che mi sembrano i capisaldi delle proposte del Ministro Attal che, come nota di colore, vi segnalo ha la bella età di 34 anni (si avete letto bene, 34 anni).
Ecco le proposte.
In ogni Collège (che corrisponde più o meno alla nostra scuola media) i ragazzi verranno divisi in tre gruppi a seconda del loro livello di competenze in francese e matematica; l’esame di terza media ritornerà ad essere serio e determinante per poter accedere al liceo, ed in tutte le classi si potrà “bocciare” di più gli allievi impreparati, e così sia al “Brevet” (l’esame finale del Collège), che al Baccaulaérat (esame di maturità).
Ma quel “potrà bocciare” secondo il Ministro di deve intendere come “dovrà bocciare”, secondo la logica che è molto meglio ripetete un anno e colmare le lacune piuttosto che trascinarsele per tutto il percorso scolastico successivo, per poi pagarle nel mondo del lavoro (per di più, se la riforma andrà in porto, i genitori non potranno più opporsi alla bocciatura).
Sarebbe un bel salto rispetto all’Italia, dove per essere bocciato uno studente dovrebbe almeno uccidere il Ministro dell’istruzione (e non lo darei neanche per scontato, qualora trovi un Tar compiacente).
Ma non finisce qui.
I ragazzi, sempre secondo il Ministro, dovranno apprendere nozioni, ma anche il principio di autorità, che di questi tempi viene contestato dai genitori sempre più inclini a perdonare tutto ai propri figli.
Il fine dichiarato di questa “nuova scuola” (io oserei dire ritorno alla vecchia scuola) è quella di fornire ai ragazzi le capacità per affrontare prove anche impegnative, insegnando loro che nella vita “non esistono pasti gratis”, che i buoni risultati costano fatica e impegno, e che se ti impegni è giusto che ciò ti venga riconosciuto, senza dover scontare come zavorre le mancanze degli altri.
Sono state fatte anche altre proposte, comprese quelle del Presidente Macron sull’insegnamento della storia e dell’educazione civica ma, per questioni di spazio, per ulteriori approfondimenti non posso che rimandarvi ai media francesi, che onestamente hanno preso molto sul serio queste proposte.
Come accennavo sopra, è evidente che il problema dell’inadeguatezza e dell’impoverimento dei sistemi scolastici, nonché del progressivo lassismo nei metodi di insegnamento, è comune a molte democrazie occidentali, ed i risultati negativi dei test PISA in Francia che tanto hanno colpito i cugini d’oltralpe, non sono che la copia di quanto evidenziato da anni di test INVALSI in Italia.
E’ inutile girarci attorno; possiamo chiamarlo o meno “merito” (parola che fa alzare la pressione ai nostri progressisti da Ztl ed ai nostri Sindacalisti), ma il nocciolo della questione è che i ragazzi bravi ed impegnati finiscono per ricevere lo stesso trattamento dei loro compagni fannulloni.
Le sinistre come sempre cercano di sfuggire agli snodi, parlando di “scuola classista e nozionistica”, o di “culto della performance” (con l’eterno richiamo alla scuola di Don Milani), con il risultato di abbassare il “benchmark” educativo al livello dei ragazzi meno preparati e meno volonterosi, e così svilendo il ruolo dello Stato che, se istruisce peggio di quello che potrebbe fare, non fa il bene né dei giovani né della società.
Il problema è come sempre di tipo ideologico, perché confonde il merito e l’uguaglianza (che devono essere garantiti come prevede la Costituzione) con l’egualitarismo, che altro non è che una categoria della filosofia marxiana.
Lo so che per me è quasi un’ossessione, ma ribadisco una volta di più che spianare la strada, togliere qualsiasi ostacolo, rendere la scuola un “divertimento”, potrà anche funzionare, fino a che i ragazzi non si troveranno a sbattere il muso sul mondo del lavoro, quando i nodi verranno inevitabilmente al pettine, quando cioè le opportunità di carriera saranno direttamente proporzionali al bagaglio di conoscenze acquisite negli anni della formazione scolastica.
Solo quando chi fa le selezioni del personale cercherà di capire cosa sai e cosa sai fare, e inevitabilmente non assumerà i meno preparati, o quando le prove di un concorso diventeranno per i pargoli una scalata insormontabile, allora forse i genitori si renderanno conto che il “tutti promossi” è solo l’ennesima fregatura di un Sistema scolastico in cui nessuno vuole più assumersi alcuna responsabilità, e che il fare finta che tutti i ragazzi siano uguali, indipendentemente dall’impegno e dai risultati, è un ulteriore schiaffo alle classi sociali meno fortunate del Paese.
In Francia, a partire dal Ministro Attal, sembra stiano facendo due più due; sembra cioè stiano associando il generale declino del “Paese della grandeur” al progressivo scadimento del loro sistema scolastico.
Qui da noi, a parte qualche polemica politica che lascia il tempo che trova, non si muove nulla.
E questo non vuol certo dire che vada tutto bene, e che le nostre scuole siano migliori di quelle francesi eh!
Ma il nostro è un Paese dove ormai anche il solo sollevare un problema è diventato difficile, perché alla fine tutto viene strumentalizzato in chiave politica.
D’altronde cosa possiamo aspettarci da una classe politica che, pur conoscendo i risultati dei test Invalsi da anni e anni, ha preferito buttare un centinaio di miliardi per rinnovare gratis le villette dei benestanti (parlo ovviamente del Superbonus 110%) piuttosto che adeguare e rinnovare l’edilizia scolastica da terzo mondo che ci ritroviamo?
Umberto Baldo