Dynamic Pricing: come tradurre “inc…ate” in inglese!
Umberto Baldo
Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere un articolo su Bloomberg in cui si menzionava un’espressione in inglese che, pur comprendendone il significato letterale, mi risultava poco chiara nel suo senso compiuto.
La parola in questione è “dynamic pricing”, che significa ovviamente “prezzi dinamici”, e nel pezzo in questione si parlava della situazione del commercio al dettaglio negli Stati Uniti.
Uno potrebbe anche pensare: ma cosa vuoi che mi importi di quello che succede nei negozi e nei supermercati americani?
Domanda sbagliata: perché ragazzi miei ormai abbiamo capito da anni e anni che quello che succede oltre Atlantico prima o dopo arriva anche da noi, e non sempre si tratta di cose gradevoli.
Quindi sono ovviamente partito dal capire cosa si intenda con questo metodica del dynamic pricing.
In parole povere si tratta di una strategia di determinazione dei prezzi al consumo, in cui il costo del prodotto o servizio varia “in tempo reale” in base a diversi fattori, quali: la domanda e l’offerta, la concorrenza, il profilo del cliente, il tempo (stagionalità, orari o giorni specifici), le condizioni di mercato.
Il concetto è quindi chiaro, e non ho potuto non pensare che in certi settori il dynamic pricing è già applicato da anni.
Sappiamo tutti che il costo di un biglietto aereo può variare di minuto in minuto, e mi è capitato più volte di cercare un volo, e constatare, ad un successivo accesso alla piattaforma on line, che il prezzo dello stesso era aumentato solo 5 minuti dopo.
Analogamente funziona per gli Hotel e le strutture turistiche, in cui i prezzi delle camere variano non solo in base alla stagione, alla disponibilità, alla vicinanza ad eventi importanti, il che sarebbe comprensibile, ma anche in funzione della domanda, per cui alla fine i prezzi cambiano momento per momento come quello dei biglietti aerei.
E’ evidente che questa strategia è resa possibile soprattutto grazie all’uso di algoritmi e Intelligenza Artificiale (e siamo noi ad attivarli quando accettiamo sul telefonino i mitici cookie), e consente alle aziende di massimizzare i profitti adattando i prezzi alle condizioni del mercato in modo estremamente flessibile e veloce.
Ma vedete, queste continue variazioni dei costi degli aerei e degli alberghi le abbiamo in certo qual modo metabolizzate.
Sappiamo che è così; ci incazziamo, magari disturbiamo Dio, Santi e Madonne, ma alla fine, se vogliamo volare o dormire, non ci resta che adattarci.
L’unico modo per difendersi è quello di prenotare volo o hotel mesi prima, ma ciò non sempre è possibile, e questo i nostri “aguzzini” lo sanno.
Tornando a Bloomberg, dall’articolo si capisce che il dynamic pricing sta prendendo piede in tutti i settori.
In altre parole anche il supermercato od il negozio comincia ad applicare la variazione dinamica dei prezzi, a volte in tempo reale, e comunque ad alta frequenza, usando una serie di dati come l’ora, la localizzazione del consumatore, la popolarità del prodotto ed il livello delle scorte.
Nulla di improvvisato sia chiaro.
Se andate in Rete trovate fior di Aziende che offrono “Software di Dynamic Pricing supportato da AI”; addirittura con lo slogan “Il prezzo giusto al momento giusto”.
Perché si ricorre al dynamic pricing?
Secondo alcuni analisti forse siamo all’inizio di un fenomeno che potrebbe ulteriormente prendere piede nell’immediato futuro, in conseguenza della minore possibilità per i venditori di aumentare i listini dei prezzi.
Abbiamo già visto negli ultimi anni che soprattutto nel settore alimentare si è imposta la pratica della shrinkflation, termine coniato dagli anglosassoni (deriva dall’unione di shrink, che significa restringere, e inflaction).
Quello che succede in pratica è che sugli scaffali del supermercato adesso troviamo sempre le stesse confezioni di un prodotto (quanto a dimensioni) vendute allo stesso prezzo. Così il consumatore ha l’impressione di acquistare il solito prodotto , ma in realtà c’è il trucco, nel senso che quella confezione ne contiene una quantità inferiore. (https://www.tviweb.it/comprare-meno-prodotto-allo-stesso-prezzo-e-la-shrinkflation-bellezza/).
Evidentemente la shrinkflation non basta più per rimpinguare i bilanci, e bisogna pensare a qualche altro modo per “inc…re” il consumatore (mi si perdoni il francesismo).
Giocano in altre parole una duplicità di fattori; da un lato la minore possibilità per i venditori di applicare rincari generalizzati ai listini; e dall’altra la minore propensione dei consumatori, dopo anni di alta inflazione, ad accettare e reggere aumenti dei prezzi dei prodotti di uso comune.
Ecco così concretizzarsi l’idea di migliorare la redditività delle aziende con questa nuova prassi del “dynamic pricing”, o all’italiana “prezzi dinamici, variabili”.
Spero di essere stato chiaro, ma per fare un solo esempio, con questa “metodica” la stessa brioche, nello stesso punto vendita, alle 8 del mattino potrebbe costarmi 1,40 euro, ma tre ore dopo (passato l’orario delle colazioni e quindi con un calo della domanda) magari 1,10 euro.
Questo sistema, come accennato, chiamato anche “surge pricing”, è già utilizzato soprattutto nei settori dei servizi di trasporto (come Uber o altre piattaforme simili), ma secondo Bloomberg lo sfruttamento degli algoritmi per adeguare i prezzi in tempo reale, regolando il mercato secondo le condizioni attuali di domanda e offerta, è applicabile un po’ a tutti gli ambiti, e pare che siano in forte crescita il numero di fornitori di software che tentano di allettare venditori di ogni genere, dai locatori immobiliari ai ristoratori.
Tanto per non fare nomi, Amazon è già leader di questa prassi, sia perché varia costantemente i prezzi, sia perché fornisce ai venditori “terze parti” gli strumenti per modificare automaticamente i listini prezzi per competere con gli altri merchant, o adeguarsi ai cambiamenti dei modelli di ricerca interna di Amazon stessa.
Ma è evidente che il surge pricing potrebbe affermarsi non solo online ma anche negli esercizi fisici, grazie al diffondersi dei sistemi di etichette digitali da scaffale, quelle cioè che permettono di variare il prezzo dell’articolo senza procedere alla sostituzione fisica del cartellino.
Immagino starete pensando: ma a noi consumatori va tutto bene?
Dal punto di vista delle regole, la Federal Trade Commission statunitense sta monitorando la prassi, che al momento è considerata legale se i venditori non fanno ricorso a dati di profilazione razziale, di genere, o di altra natura discriminatoria.
In generale, a quanto riferisce Bloomberg, la gente si incazza di brutto quando si accorge di essere oggetto di prassi di dynamic price. Non gradisce cioè che i prezzi possano variare di momento in momento a seconda degli algoritmi, ed al riguardo mi viene da osservare che il “giochino” è relativamente facile e gestibile con acquisti a bassa intensità e “da remoto” (come appunto i biglietti aerei o le stanze di Hotel), ma diventa meno agevole da maneggiare ad esempio con i prodotti alimentari in un supermercato, in quanto il consumatore avrebbe la netta impressione di essere soggetto ad un’inflazione diversa rispetto ad un altro acquirente.
Non mi arrischio a fare previsioni circa la diffusione del dynamic pricing, e quindi mi limito ad osservare che il tema non è nuovo, e sarà sempre più all’attenzione a mano a mano che prenderà piede l’Intelligenza Artificiale.
Umberto Baldo