22 Agosto 2024 - 13.11

E le tette dove le metto?   Storia del re della lingerie, il reggiseno

Ieri ho cercato di ripercorrere la storia delle mutande, scoprendo che questo indumento, ormai irrinunciabile per donne e uomini, in realtà è stato praticamente sconosciuto per la più parte della storia dalla civiltà.

Ma c’è un altro capo di abbigliamento che solitamente si abbina alle mutande, ed è il reggiseno, che, contrariamente al primo, è “tutto femminile”, per il semplice motivo che solitamente gli uomini non ne hanno bisogno. 

Oggi aprire il cassetto della biancheria e cercare nella propria collezione di reggiseni quello coordinato con le mutandine per qualsiasi donna sembra scontato.

Ma non è sempre stato così, e quello che oggi chiamiamo reggiseno ha conosciuto infinite versioni di se stesso, nonché un approccio che variava di secolo in secolo, a seconda dei tabù che ruotavano attorno al seno e alla sessualità femminile in generale.

Bruciato in piazza dalle femministe, perché simbolo della mercificazione della donna, osannato nella versione push up, strumento di seduzione e oggetto primario nell’immaginario erotico maschile.

D’altronde cosa c’è di più erotico del piccolo gesto di slacciare quel pezzo di stoffa, vera premessa di un “seguito” di delizie?  

Da mettere e da togliere, il reggiseno, un mito, una leggenda, che dura da 100 anni. 

E prima?

I primi riferimenti storici inerenti all’uso di un pezzo di stoffa che reggeva il petto risalgono alla Creta del 1.700 anni a.C. 

Furono poi le antiche romane ad indossare lo “strophium” o “mamillare”: un pezzo di stoffa che serviva non solo a sostenere il seno, ma soprattuttofungeva come simbolo di civiltà, capace di delineare un perfetto confine dalle donne barbare che, al contrario, lasciavano i seni liberi.

C’era anche un’altra ragione che spingeva le aristocratiche romane a cercare di nascondere le forme del seno comprimendole; perché nell’immaginario collettivo dell’epoca le mammelle grosse erano considerate comiche, o caratteristiche di donne anziane o poco attraenti. Ecco perché anche le fanciulle portavano fasce da seno allacciate strettamente, nel convincimento che ciò contrastasse i seni esageratamente grandi e cadenti.

Ma reggiseni o indumenti simili a bikini appaiono su dipinti di alcune atlete del XIV secolo a.C. nell’era della civiltà minoica;  ed anche in Italia esiste un mosaico molto famoso, presso la Villa del Casale di Piazza Armerina, che mostra otto ragazze in “bikini”, datato fra il 320 ed il 370 a.C.

In Europa, durante il Medioevo era inusuale per le donne trattenere o sostenere il seno e, se lo facevano, probabilmente usavano qualcosa come una stringa di tessuto, come suggerito in descrizioni del tempo (un ritrovamento archeologico databile fra il 1390 e il 1485 rivelò che le donne si sostenevano effettivamente il seno nel medioevo).    Al tempo di Carlo VIII di Francia  (1403-1461) si usava un drappo di garza sopra il busto.

Si può quindi affermare che, in generale, nell’Età di Mezzo il seno era mortificato nei vestiti, in corpetti dritti, sottane piene e scollature alte, progettati soprattutto per la praticità più che per sottolineare le forme femminili.  

I vestiti tardo-medievali mirano già più all’estetica, e sono quindi adattati in modo preciso e aderente al corpo, e così fungono anche da sostegno del seno. 

Le rappresentazioni artistiche femminili del XIV e XV secolo mostrano infatti una silhouette del seno alta e rotonda su donne giovani e anziane, giunoniche od efebiche. 

Capite bene che questo tipo di look non è materialmente possibile senza un supporto (di fatto era nato il corsetto). 

La donna ideale del XV secolo aveva un seno piccolo su un corpo prosperoso, simboleggiante l’abbondanza e la fertilità.

Come sempre nella storia, le cose non erano uguali per le donne ricche e le “altre”; i  corsetti rendevano praticamente impossibile lavorare, per cui le donne dedite ad attività materiali (in casa o fuori) vestivano capi meno elaborati e più funzionali (con le tette meno “strizzate” per capirci).

Ma è nel Rinascimento che il “décolletè”  divenne di gran moda. 

Avere mammelle sode era una sorta di distinzione sociale per le donne agiate, che per questo motivo non allattavano al seno (cosa riservata solo alle donne del popolo o alle balie).

Come abbiamo visto ieri per le mutande, sempre a Caterina de’ Medici viene attribuita anche la responsabilità di aver introdotto il corsetto (addirittura con divieto di abiti con vita larga alla Corte  di Francia).

I primi corsetti del XVI secolo consistevano di tela irrigidita con la colla ed una primitiva chiusura frontale, ma in seguito si aggiunsero sostegni metallici sui fianchi e sulla schiena. A quell’epoca infatti si dava grande importanza alle forme, con una compressione delle mammelle verso l’alto  fino quasi al punto di  farle traboccare dalle vesti; sicché buona parte del seno rimaneva in vista.

Nell’ età vittoriana, malgrado lo stereotipo di moralismo con cui oggi la etichettiamo, l’abbigliamento femminile era pensato per mettere in evidenza seno e fianchi, strizzando il punto vita con il tightlacing, cioè la pratica di indossare un corsetto allacciato sempre più stretto per ottenere modifiche estetiche alla figura e alla postura,  Pensate alla costrizione corporea cui erano soggette quelle povere donne! 

Ma nel complesso le donne “vittoriane” erano gravate da vari strati di vestiario, tra cui una camiciola con scollatura chiusa a cordoncino, di solito biancheria intima (mutandoni), poi il corsetto e il copri-corsetto, la sottogonna, la gonna a crinolina, e da ultimo l’abito.

Scherzando un po’, credo non fossero da invidiare gli amanti, ed anche i “morosi” dell’epoca, alle prese con tutta quella stoffa, con tutto quell’armamentario!

L’evoluzione dal corsetto al reggiseno fu conseguenza di due movimenti paralleli: da un lato le preoccupazioni di parte della medicina per gli effetti crudelmente oppressivi del corsetto, e dall’altro il Movimento femminista che individuò proprio nell’affrancamento dal corsetto una tappa fondamentale per la liberazione della donna.

A questo punto l’avvento del reggiseno era maturo, e penso inevitabile.

Chi ha inventato il primo reggiseno della storia?

Vi risparmio le lotte per i numerosi brevetti che nel XIX interessarono indumenti simili all’attuale reggiseno.

Mi limito solo a due donne: la prima è la sarta francese Herminie Cadolle che, nel 1889 disegnò un indumento molto somigliante ad un corsetto, ma spezzato in due; la seconda è Mary Phelps Jacob, figlia di Robert Fulton (l’inventore della macchina a vapore). 

Nel 1914 Mary acquistò un abito da cocktail da indossare a una festa: si rese conto che il corsetto era in bella mostra e le toglieva il respiro. Così,grazie all’ausilio di due foulard di seta ed un nastro, anticipò quello che sarebbe stato il reggiseno moderno.

Alla fin fine credo sia ininfluente individuare l’inventrice, anche perchéè certo che entrambe le protagoniste di questa storia fossero accomunate dallo stesso desiderio: rompere il rigore del corsetto, e rendere le donne libere di muoversi, pur sostenendo adeguatamente le tette.

Per arrivare ad una conclusione, ammesso che ciò sia possibile,  credo  non ci sia ombra di dubbio che l’evoluzione del reggiseno è stata intrinsecamente legata alla storia dei costumi e alla percezione del corpo femminile nella società; e tutto ciò riflette cioè non solo un cambiamento nelle mode e nelle tecnologie tessili, ma anche sociale e culturale, incluso quello di natura femminista. 

Mentre continuiamo a progredire verso una società più equa e inclusiva, il reggiseno continua ad  essere un simbolo di empowerment e autostima per le donne di tutto il mondo.

Ma io credo che, al di là di tutte le considerazioni e di tutte le tecnologie innovative,   nulla possa eguagliare il fascino indiscreto ed erotico di un pizzo o di una spallina appena intravisti…. promessa sensuale che accende l’immaginazione di noi maschi da 100 lunghi anni.

Per il resto, signore e ragazze, giovani o meno giovani, sia che preferiate il mitico “wonderbra” (che fa  miracoli anche con chi madre natura non è stata generosa), sia che prediligiate non metterlo, (girando “con le tette al vento..” come cantava Guccini), fate quello che più aggrada, in assoluta libertà, senza farvi condizionare da nessuno, compresa la moda.    

Umberto Baldo

VICENZA CITTA UNIVERSITARIA
AGSM AIM
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