Ecomafia 2019: centinaia i reati contro l’ambiente in Veneto
Centinaia di infrazioni, denunce e sequestri: dagli abusi edilizi al traffico illecito di rifiuti, fino allo spettro del disastro ambientale per la vicenda dell’inquinamento da Pfas, così il Veneto si dimostra esposto agli ecoreati: a raccontarlo è il dossier Ecomafia di Legambiente, presentato la settimana scorsa a Roma che classifica al decimo posto per numero la nostra regione per questa tipologia di reati.
Il Veneto arriva invece sesto a livello nazionale per reati connessi al ciclo illegale del cemento: le infrazioni accertate sono 306, con 338 denunce e 86 sequestri; il triste primato va alla provincia di Venezia, con il 2,3% di infrazioni di tutto il territorio nazionale, seguita poi da Vicenza e Treviso.
Numeri importanti anche per quanto riguarda il ciclo illegale di rifiuti, un settore in crescita di anno in anno su tutto il territorio nazionale, pari al 28,4% del totale dei reati contro l’ambiente: nella nostra regione sono 240 le infrazioni accertate per traffico illecito di rifiuti, 273 le denunce, 2 gli arresti e 90 i sequestri. Stavolta il primo posto va alla provincia di Treviso, con oltre un quarto delle infrazioni accertate. È una fattispecie, quella di traffico illecito di rifiuti, che è reato nel nostro paese solo dal 2001: oggi però la legge 68/2015 sugli eco-reati prevede pene più severe e dota le forze dell’ordine di strumenti più efficaci.
Sono varie le indagini e i processi in corso per quanto riguarda il settore di rifiuti.A marzo sono state chiuse le indagini per traffico illecito di rifiuti sollevate verso i vertici della Cosmo Ambiente, azienda con sedi a Noale (VE) e Paese (TV), dove lo scorso inverno sono stati sequestrati 280mila tonnellate di rifiuti provenienti dal Veneto e altre regioni italiane. Le accuse, per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio alla fine di aprile, sono di stoccaggio doloso di rifiuti e messa in commercio per l’asfaltatura delle strade di materiale contaminato come metalli pesanti.
Sempre sul tema del ciclo illegale dei rifiuti, a giugno è stato chiesto il rinvio a giudizio per tre indagati nell’inchiesta sul “concrete green”: le accuse alle ditte produttrici sono gestione e trasporto abusivo di grandi quantità di rifiuti, utilizzati per realizzare strade di campagna in Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia.
In corso, infine, il processo Coimpo – Agribiofert, in cui si sono costituiti parte civile, insieme a Legambiente, i Comune di Adria e Pettorazza, la Provincia di Rovigo, la Regione Veneto e il Ministero dell’Ambiente. L’accusa per le due aziende che si occupavano di riciclo di fanghi a depurazione è sempre traffico illecito di rifiuti, perché secondo gli inquirenti il trattamento dei fanghi sarebbe stato fatto solo in parte, portando così a spandere prodotti potenzialmente inquinanti nei campi agricoli.
Nelle nostra regione non mancano, infine, anche i reati con la fauna: se quelli in mare avvengono tutti a Venezia (94 infrazioni accertate), sulla terraferma primeggia Verona (52), seguita da Venezia (50) e Vicenza (26) su 172 totali a livello regionale. Due i sequestri avvenuti a Venezia per questi reati.
Non solo semplici infrazioni contro l’ambiente però, perché sulla nostra regione c’è anche lo spettro del disastro ambientale: nei giorni scorsi è stato chiesto il rinvio a giudizio per nove dei tredici dirigenti della Miteni di Trissino accusati dei reati dolosi di avvelenamento delle acque e “disastro innominato” nell’indagine per la contaminazione delle falde acquifere causata dai PFAS sui fatti fino al 2013. Con l’apertura dei nuovi filoni di inchiesta, l’ipotesi di reato potrà essere proprio quella di “disastro ambientale” (ex art. 452‐quater), la più grave prevista dalla legge 68 e che (a differenza del “disastro innominato”, ex 434 c. p.) ha tempi di prescrizione ben più lunghi e rende meno difficoltosa l’identificazione dei responsabili. E oggi finalmente c’è un precedente importante: ad aprile nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento della rete fognaria e idrografica causato dalla fuoriuscita di petrolio del febbraio 2017 che ha contaminato 26mila metri quadrati di suolo e sottosuolo a Viggiano (PZ) i tredici indagati sono stati accusati proprio di “disastro ambientale”.