12 Dicembre 2018 - 9.52
EDITORIALE – VENETO – Stop alle vecchie auto in centro: ma chi non può comprarne una nuova?
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Una volta in “Padania” (anche se il termine è un po’ in disuso con l’avvento di Salvini) intesa come il territorio italiano esteso fra il Po e le Alpi, si sapeva che l’inverno portava freddo, nebbie, piogge, e spesso ghiaccio e neve.
Da alcuni anni invece l’inverno porta con sé i cosiddetti “blocchi del traffico”, più precisamente il divieto di circolare per le auto più “datate”, quelle le cui emissioni sono ritenute più inquinanti, che sono quelle a benzina euro 0 ed euro 1, e quelle diesel da euro 0 ad euro 3. Ma in caso di “allerta arancio”, che scatta dopo 4 giorni consecutivi di sforamento dei limiti degli inquinanti nell’aria, il divieto di circolazione si estende anche alle euro 4 private.
Giova ricordare che l’anno scorso a Bologna il Ministero dell’Ambiente e le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto hanno firmato il ‘Nuovo accordo di programma per l’adozione coordinata e congiunta di misure per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano’. Quindi si tratta di misure coordinate a livello delle quattro Regioni del nord, che da sole contano circa il 40% di tutta la popolazione italiana.
La finalità dei blocchi, che sarebbe quella di limitare il livello di polveri sottili nell’aria che respiriamo, è senz’altro condivisibile. Secondo l’ Organizzazione Mondiale della Sanità i morti in Italia per inalazione di polveri sono circa 5.000 l’anno, per cui ben venga ogni iniziativa volta a ridurre il fenomeno. Il problema è che, nonostante da decenni ormai si ricorra ai blocchi della circolazione, non si vedono miglioramenti tangibili, tanto che sorge il dubbio che sia diventata ormai di una “prassi sistemica” per diversi mesi di ogni anno.
La domanda che viene spontanea diventa quindi: questi blocchi sono utili a qualcosa? Contribuiscono davvero a migliorare la qualità dell’aria?
Premetto che non sono un esperto della materia, ma obiettivamente qualche dubbio in proposito, da comune cittadino, ce l’ho. Io non sono del tutto convinto che le auto siano la principale causa di inquinamento delle nostre città. Anche i nostri veicoli fanno la loro parte, non c’è dubbio, ma da qui a pensare che siano il principale colpevole delle emissioni inquinanti ce ne corre. Diciamo che per le Autorità i blocchi sono la “scorciatoia” più facile per mettersi la coscienza a posto. E’ noto infatti che gli impianti di riscaldamento contribuiscono per buona parte dell’anidride carbonica presente nelle città, come pure per le polveri sottili.
Moltissime caldaie a gasolio, a gas, a biomassa sono molto vecchie ed inquinanti. Ma al riguardo gioca anche il fatto che buona parte delle abitazioni sono comprese nelle classi energetiche F e G, quelle più basse, oltre all’abitudine diffusa di impostare nelle case temperature ben superiori ai 19 gradi indicati delle norme. Siccome è impossibile controllare se nelle case, e nei negozi, si tengono livelli di temperatura “estivi”, come pure non è facile imporre la sostituzione delle vecchie caldaie con modelli nuovi meno inquinanti, si continua ad accanirsi esclusivamente con il settore dei trasporti.
Quindi, come spesso accade, anziché affrontare il problema con interventi efficaci ma impopolari sugli impianti di riscaldamento, la politica sceglie la via più facile e probabilmente più inutile. Ma che purtroppo va a colpire le fasce più deboli della popolazione, quella che possiede le auto più vecchie. Non credo infatti che il possessore ad esempio di un’auto euro 2 sia “innamorato” della sua vettura. Semplicemente non ha i soldi per comprarsene un’altra euro 6 od euro 7.
E non serviranno certamente neanche le ecotasse proposte in questi giorni dal Governo per favorire la vendita di auto elettriche, perché queste costano cifre inarrivabili per la parte meno ricca della popolazione, proprio quella, guarda caso, che si vede impedita di circolare dal lunedì al venerdì nelle nostre città.
C’è poi da considerare il dato geografico ed orografico della Padania. Che è una valle densamente abitata, con una prevalenza di trasporto su gomma, e per di più incuneata fra Alpi ed Appennini, quindi poco esposta ai venti che costituirebbero forse il solo rimedio risolutivo alla cappa di inquinamento che la sovrasta ormai in ogni stagione, ma che trova in inverno i suoi picchi.
Concludendo, c’è molto da lavorare sull’ambiente, ma si deve trattare di un impegno serio, senza scorciatoie e senza falsi miti, come quello che individua nel blocco delle auto l’unica panacea.
E si tratta di una battaglia anche comportamentale, in cui ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte. Ad esempio non ha senso indossare in casa in maglietta di cotone anche nei mesi più freddi, con il termostato a 26 gradi. Meglio, e più salutare, indossare una felpa, a 19 gradi. E l’ambiente ne gioverà.