Elezioni: chi ha vinto e chi ha perso
Tanto tuonò che piovve!
Certo per qualcuno si è trattato di un vero e proprio diluvio (in negativo) ma lo vedremo.
La domanda delle domande che ci si pone ad urne chiuse è: chi ha vinto? Cui corrisponde anche la contro-domanda: chi ha perso?
Io credo che poche volte nella storia della Repubblica italiana ci sia stato un risultato elettorale più chiaro, più netto.
C’è poco da dire di fronte ad un Centrodestra quasi al 45% ed un Centrosinistra sul 26%
E così la fotografia che esce dalle prime elezioni post pandemia è quella di un Paese che ha deciso di virare a destra, mettendo fine alla seconda Repubblica, forse archiviando un mondo che ci ha accompagnato fin qui.
Non sono fra quelli che pensano che i voti non si contano ma si pesano.
Eh no, in democrazia i voti si contano, e i voti ci dicono senza ombra di dubbio che Giorgia Meloni è la vera vincitrice di questa tornata elettorale.
L’altro vincitore a mio avviso è Giuseppe Conte, non tanto per il numero di voti ottenuti, pur ragguardevole, ma per il fatto che è riuscito con una campagna elettorale basata soprattutto sul tema del Reddito di Cittadinanza non solo ad evitare il tracollo che tutti si aspettavano per il Movimento 5Stelle, ma addirittura a piazzarsi al terzo posto, alle spalle delle due coalizioni di Centrodestra e Centrosinistra.
Se questi sono i vincitori, coloro che hanno perso sono sicuramente Matteo Salvini ed Enrico Letta.
Sia chiaro che mi riferisco ai dati ottenuti dai singoli partiti e non alle coalizioni, e va anche segnalato che mentre scrivo i risultati non sono ancora definitivi, nel senso che dal sito “Eligendo” del Ministero dell’Interno si ricava che c’è ancora un certo numero di sezioni da scrutinare, anche se gli spostamenti potranno essere solo di qualche decimale.
All’inizio ho parlato di diluvio, ed in effetti i risultati della Lega sono impietosi, un vero e proprio crollo.
Come definire diversamente un risultato che vede il partito di Salvini assestarsi intorno all’ 8,8%?
Io lo definirei un fallimento che, anche in un partito che ha sempre avuto il culto del capo, non può non mettere a rischio la posizione del Capitano.
A essere stata bocciata, in ogni caso, è la strategia salviniana del partito nazionale. Il dato di ieri è inferiore alla migliore performance (10,4 per cento) ottenuta dalla Lega di Umberto Bossi, che però aveva il suo bacino elettorale in sole quattro regioni settentrionali.
Ed il vero problema è che proprio quelle regioni “padane” che rappresentavano da sempre la ridotta della Lega hanno voltato le spalle a Salvini, determinando lo sfondamento al nord della Meloni.
Se a questo aggiungiamo che nella classifica finale dei partiti la Lega si piazza al quarto posto, dopo il M5S di Giuseppe Conte che incassa quasi il doppio dei voti, credo che argomenti di riflessione per il capitano ed i suoi colonnelli ce ne siano parecchi.
Certo Salvini potrà consolarsi con la prospettiva che la Lega andrà al Governo, ma da oggi la marcia del capitano sarà più difficile, soprattutto perché dovrà fare i conti con malumori e mal di pancia di dirigenti e militanti.
L’altro grande sconfitto è Enrico Letta, che non riesce ad acciuffare nemmeno la soglia psicologica del 20% dei voti.
Quindi la rimonta sperata da Letta negli ultimi giorni non c’è stata, ed è inutile nascondere che il risultato piuttosto deludente aprirà sicuramente una stagione di “lunghi coltelli” all’interno del Pd.
D’altronde Letta ha pagato le sue titubanze, le sue incertezze, la sua incapacità di costruire una vera coalizione di centrosinistra, in grado di giocarsela alla pari con Meloni e compagni.
Ho sentito stamattina Conte dire in televisione che la destra è maggioranza in Parlamento ma non nel Paese, e che ciò dipende dalla legge elettorale che ci ritroviamo.
Siccome questo refrain l’ho sentito anche a sinistra, non posso non chiedere a questi Signori: ma perché questa legge che giudicate immonda non l’avete cambiata quando eravate al Governo del Paese?
In estrema sintesi questo ci dicono i risultati delle politiche del 25 settembre 2022.
Resta da fare un breve accenno alla “parte bassa” della classifica.
Azione di Calenda-Renzi e Forza Italia di Berlusconi ottengono quasi la stessa percentuale di voti.
Niente di eclatante, con una differenza. Che Forza Italia è un Partito presente sulla scena politica da decenni, mentre Azione è nata da un paio di mesi, in piena campagna elettorale, quindi con poco tempo per farsi conoscere alla massa dell’elettorato.
Italexit di Gianluigi Paragone non è riuscita a superare lo sbarramento (fissato al 3%): quindi l’obiettivo di raccogliere il voto di protesta soprattutto a destra è fallito.
Fuori dai giochi anche Unione popolare e Italia sovrana.
Come sempre succede dopo ogni tornata elettorale, e a maggior ragione dopo il terremoto di ieri, nei prossimi giorni ci saranno un mare di commenti e analisi del voto.
Ma io credo debba cogliersi il messaggio che gli italiani hanno dato ieri nelle urne, nonostante l’astensione ancora crescente.
Cioè che vogliono “governabilità”, che in altre parole significa un Esecutivo stabile, che duri possibilmente tutta la legislatura, senza i rivolgimenti ed i cambi di maggioranza che hanno sempre caratterizzato in negativo la nostra vita politica.
Sapevano quello che votavano, sapevano chi è Giorgia Meloni, conoscevano la sua storia umana e politica, e l’hanno scelta.
Spetta ora a lei, quasi sicuramente la prima donna a diventare Presidente del Consiglio dimostrare che è in grado di governare, tenendo a bada alleati sicuramente inquieti, tenendo la barra dritta sui principi dell’europeismo e dell’atlantismo.
Non sarà un’impresa facile, perché avrà addosso gli occhi del mondo, perché non le perdoneranno nulla.
La sinistra dovrà intraprendere la strada di una opposizione dignitosa, ferma nei contenuti, ma possibilmente senza indulgere nell’ideologia.
Facendo mente locale sul fatto che gli allarmi sul “fascismo rinascente”, non hanno certo trovato orecchie attente negli italiani.
Questa è la democrazia, bellezza!
E le alternative sono Putin, Xi Jinping, Erdogan, e gentiluomini simili.