5 Luglio 2023 - 8.41

Elezioni Europe: capitolo primo – Il terreno di gioco e i giocatori

Mettetevi bene in testa questa data, magari scrivendola in un post it sulla scrivania, o annotandola sul calendario o sul pro-memoria dello smartphone: 9 giugno 2024.

Tranquilli, non è una delle date fissate da Nostradamus per la fine del mondo, ma si tratta comunque di una scadenza di notevole importanza  per il futuro dell’Europa e di noi europei.

In realtà i giorni da tenere a mente sono quelli compresi fra il 6 ed il 9 giugno 2024, a seconda della data scelta da ogni singoli Stato per la convocazione dei comizi elettorali, ma per l’Italia dovrebbe essere appunto domenica 9 giugno. 

Perché vi tedio addirittura un anno prima, mentre magari siete sotto l’ombrellone o lungo un sentiero montano?

Per un motivo che di primo acchito forse potrebbe sembrarvi eccessivo, ma credetemi che non è così; quello che da oggi in poi qualunque scelta, qualunque discorso, qualunque proposta, qualunque mossa dei  nostri Demostene deve essere letta ed interpretata in chiave prevalentemente “europea”.

In altre parole, con larghissimo anticipo rispetto ai tempi consueti, si è aperta la campagna elettorale per il rinnovo dei 705 europarlamentari (prima della Brexit erano 715).

Questo appuntamento politico ha una tale valenza che credo sia opportuno già da ora avere ben chiara quale sia la posta in palio, al fine di capire le contorsioni, i cambi di posizione, gli sgambetti, cui assisteremo negli undici mesi che ci separano dalle urne.

Ecco perché non riuscirò a fornirvi in un unico pezzo tutte le informazioni che ritengo necessarie per orientarsi bene, per cui portate pazienza, ma mi vedo costretto ad intrattenervi con tre editoriali.

Forse la cosa potrà risultarvi eccessiva e pesante, ma il web è il regno della libertà, per cui se non interessa basta semplicemente non aprire il pezzo, ed il gioco è fatto.

In questo primo “capitolo”, prima di affrontare i temi politici, che sono interessanti e di grande valenza,  credo sia necessario fornirvi alcune indicazioni che definirei “di servizio”, per capire meglio i termini della questione ed il campo di gioco in cui ci muoviamo.

Di cosa parliamo?

Come accennato, delle elezioni del Parlamento, unico organo comunitario eletto dai cittadini europei a suffragio universale diretto, rinnovato ogni 5 anni, sulla base del principio della rappresentanza proporzionale (anche se la legge elettorale può variare da Stato a Stato), composto di 705 europarlamentari.

Per legge ogni Stato membro può eleggere al massimo 96 europarlamentari con il  minimo di 6; l’Italia porterà a Bruxelles e Strasburgo 76 parlamentari: più di noi ne eleggeranno solo la Germania (96) e la Francia (79).

Questa ripartizione non deriva da nessun algoritmo, bensì dal numero di abitanti di ogni singolo Stato; semplicemente le nazioni più popolose hanno più deputati.

In Italia la legge elettorale prevede il proporzionale puro; il Paese viene diviso in    cinque circoscrizioni (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole), con una soglia di sbarramento a livello nazionale per ogni lista fissata al 4%.

Quanto ai seggi da assegnare, al Nord Ovest ne spettano 20, al Nord Est 15, all’Italia Centrale 15, all’Italia meridionale 18, e all’Italia Insulare 8. 

Secondo i risultati delle ultime europee del 2019 la ripartizione dei seggi dell’Italia è risultata la seguente: Lega Nord 29, Pd 19, M5S 14, Forza Italia 7, Fratelli d’Italia 6, Sud Tiroler 1.

Anticipando un po’ la questione politica, un sondaggio SWG di maggio 2023 sulle intenzioni di voto degli italiani per il 9 giugno 2024, fornisce numeri che stravolgerebbero la precedente ripartizione, assegnando a Fratelli d’Italia 25 seggi, al Pd 19, al M5S14, alla Lega 8, a Forza Italia 6, ad Azione 4.

Guardate le differenze e già siete in grado di comprendere certi “nervosismi” nelle stanze del potere romano.

Si sa che i sondaggi, specialmente ad un anno dal voto, sono quanto di più aleatorio ci possa essere, ma credetemi che sono guardati ed analizzati con grande attenzione dalle Segreteria dei Partiti, al fine di elaborare le strategie più adeguate ad accrescere il consenso, e delineare le possibili alleanze a livello comunitario. 

Va rimarcato che, stante il sistema proporzionale puro, la logica delle coalizioni è impraticabile alle europee, per cui ogni Forza politica deve correre per sé.  

Venendo agli schieramenti presenti attualmente al Parlamento Europeo, la maggioranza, definita “Ursula” dal nome della Presidente della Commissione, è composta dal Partito Popolare Europeo (PPE con 177 seggi), dall’ Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D con 143) e  dai Liberali (la vecchia coalizione ALDE diventata Renew Europe, forte di 72 seggi, dopo l’adesione di Renaissance di Emmanuel Macron).

Altri raggruppamenti al Parlamento Europeo sono quello dei Verdi;  quello di Identità e Democrazia (ID) cui aderiscono la Lega di Salvini, il Rassemblement National di Marine Le Pen, Alternative fur Deutschland e altri partiti sovranisti ed antieuropei; quello dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR) presieduto da Giorgia Meloni,  di cui fanno parte Fratelli d’Italia, oltre che  i polacchi di Diritto e Giustizia,   gli spagnoli di Vox, e altre formazioni presenti in altri Paesi.

Delineati il terreno di gioco ed i giocatori, iniziamo a parlare di quello che costituisce il succo della questione; la politica. 

Ed il modo migliore per iniziare è quello di immaginare un  annuncio di questo tenore:  “AAA. Il Partito Popolare Europeo cerca partito nazionale, possibilmente italiano, che possa conquistare una trentina di seggi, il minimo necessario per mantenere il suo ruolo di principale gruppo nel Parlamento europeo, e così preservare il suo status di partito più influente dentro l’Unione Europea anche dopo le elezioni del 2024”.

Da questo annuncio, che ovviamente non vedrete mai pubblicato, partono un po’ tutte le manovre che stanno interessando le Forze politiche italiane (soprattutto quelle della maggioranza ) ed in particolare, come vedremo, la premier Giorgia Meloni. 

Per quanto attiene il nostro Paese, fino ad ora il problema non si poneva,  in quanto il riferimento in Italia del PPE è sempre stato Forza Italia, ma il processo di “contrazione” di questo Partito è in atto da tempo, e il venir meno di Berlusconi, con la sua capacità di risorgere elettoralmente, rende impellente trovare anche altri interlocutori.

Oggi come oggi infatti il PPE si trova senza una solida base nel Belpaese, ed il problema non è quello di escludere Forza Italia, bensì quello di far entrare un altro Partito che sia almeno sopra il 15%.

Il PPE resterà quasi sicuramente la prima forza al Parlamento europeo anche dopo le elezioni di giugno 2024, ma deve fare i conti con un suo progressivo indebolimento, e con  una situazione che sta rapidamente cambiando in Europa.

Ad esempio in Belgio e nei Paesi Bassi i cristiano-democratici sono quasi scomparsi. 

Il Partido Popular spagnolo e la Cdu tedesca sembrano in ripresa, dopo un periodo di pesanti sconfitte elettorali. 

Negli altri due grandi Paesi dell’Ue, Francia e Italia, il tracollo dei partiti aderenti al PPE è strutturale: i Républicains e Forza Italia sono più vicini allo zero che al tradizionale 25-30 per cento.

Certo probabilmente il prossimo 23 luglio il Partido Popular  potrebbe scalzare i socialisti e la sinistra di Sanchez dal governo spagnolo, anche se quasi sicuramente dovrà accettare di allearsi con i post franchisti di Vox (alleati della Meloni).

Ma il vero snodo saranno le elezioni polacche, che in autunno vedranno contrapposti il Partito del premier Mateusz Morawiecki (uno dei più stretti alleati della presidente dell’ECR Giorgia Meloni) e quello  dell’ex Presidente del PPE Donald Tusk. 

Credo abbiate già intuito che ci troviamo di fronte ad un puzzle con una serie infinita di variabili.

Se l’argomento ha suscitato il vostro interesse domani potrete leggere il secondo capitolo, più calato nella lotta politica.

Umberto Baldo

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