Elezioni europee: capitolo secondo – Nuove alleanze?
Proseguendo nei ragionamenti di ieri, in generale la linea dei Popolari europei (PPE) è sempre stata finora quella di evitare un dialogo strutturale con le destre al Parlamento europeo, dove oggi queste sono divise tra il gruppo di Identità e Democrazia (ID, cui aderisce la Lega), e il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (ECR, di cui è membro Fratelli d’Italia).
Ma la recente scomparsa di Silvio Berlusconi ha lasciato il PPE senza un solido riferimento in Italia, e si sa che in politica i vuoti vanno colmati.
Va comunque considerato che il calo complessivo del PPE renderebbe aritmeticamente impossibile una nuova maggioranza “tutta a destra” con Conservatori ed Anti europei (per capirci PPE con ECR ed ID assieme).
Infatti, secondo i più recenti sondaggi di Europe Elects, al momento sommando i numeri che potrebbero avere il PPE, i Conservatori e Riformatori europei (ECR), e quelli dell’estrema destra di Identità e democrazia (ID), si arriverebbe ad una forbice compresa fra i 300 e i 320 eurodeputati.
Per raggiungere la quota di controllo, fissata a quota 353 seggi, sempre sulla base dei sondaggi di oggi, sarebbe necessario allargare la maggioranza.
Indovinate a chi?
Anche ai liberali di Renew Europe.
Fra i quali c’è Macron, ed è francamente inimmaginabile che il Presidente francese possa dare una mano ad un fronte che comprende la sua peggiore nemica interna, ovvero Marine Le Pen.
Bisogna quindi fare altre scelte, e non è che le possibilità siano infinite, perché, guardando in particolare all’Italia, o si punta su Meloni oppure su Salvini.
Questo i nostri due leader lo hanno capito, e stanno entrambi sondando la possibilità di contare di più nelle Istituzioni comunitarie, Parlamento e Commissione, dove attualmente i loro Partiti sono entrambi tagliati fuori dai processi decisionali.
Capite bene che questa opportunità ingolosisce molto la nostra premier, perché un’eventuale buona affermazione delle forze di centrodestra la metterebbe in condizione di essere il più influente tra i leader della droite a livello europeo, essendo l’unica figura di destra alla guida di uno dei paesi fondatori dell’Ue.
Per Salvini la strada sembrerebbe invece sbarrata, e ciò per i suoi comportamenti del passato; infatti l’alleanza storica con Marine Le Pen nel gruppo anti europeo di Identità e Democrazia, l’ammirazione sbandierata per Vladimir Putin, e le campagne della Lega per uscire dall’euro e dall’Ue, lo rendono agli occhi del PPE troppo tossico e inaffidabile.
Ma gli anatemi che impedirebbero una coalizione del genere non finiscono certo qui.
Ad esempio la Cdu tedesca ha sempre detto di non voler collaborare in alcun modo con Alternativa per la Germania (alleata di Salvini in ID).
E un’alleanza con l’ultradestra rischierebbe di provocare anche una fuori uscita dal PPE di deputati nordici e dell’est europeo.
In realtà anche Giorgia Meloni fin dal suo arrivo a Palazzo Chigi è un’ osservata speciale.
Ma va detto a sua lode che, concentrandosi sulle campagne identitarie in Italia, guardandosi bene però dall’esportarle in Europa, finora la leader di FdI non ha commesso errori grossolani, né superato linee rosse all’interno dell’Ue.
Il sostegno all’Ucraina è stato sicuramente più forte di quello di Berlusconi, che aveva messo in imbarazzo il PPE con dichiarazioni pubbliche e private a favore di Putin.
E la recente decisione di Meloni di votare a favore del compromesso sul nuovo Patto su migrazione e asilo, abbandonando polacchi ed ungheresi, è stato un altro test di euro-compatibilità superato.
Ma le difficoltà di trovare una quadra per il Presidente del PPE Manfred Weber non finiscono certo qui, perché lui sa bene che una maggioranza al Parlamento europeo, e dunque alla Commissione, sarebbe difficile da formare senza avere nella stessa né il partito che governa la Francia (i liberali di Macron, ovvero Renew) né il partito che governa la Germania (i socialdemocratici di Scholz, ovvero il Pse).
Chi riuscirebbe a tenere in piedi una Ue dove i due Stati più popolosi, le due maggiori economie, i due maggiori contributori, fossero tagliati fuori dalla maggioranza che la governa?
E allora?
Qualcuno che se ne intende di queste cose ha scritto di recente che nel futuro della Ue post 2024, nonostante tutte le fibrillazioni, vi possa essere solo una grande coalizione simile a quella che vi è già oggi (PSE, Liberali, PPE), però allargata a qualche partito della destra europea.
E fra questi partiti potrebbero esserci i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, sempre se lei vorrà essere della partita.
Certo un passaggio del genere non sarebbe cosa da poco, perché la Meloni dovrebbe rinnegare definitivamente una parte del suo passato, abbandonare i polacchi del PIS e gli spagnoli di Vox, incompatibili con il PPE, e rinunciare all’idea di costruire un polo della destra sovranista con l’ungherese Viktor Orbán.
Roba da far sembrare Canossa una passeggiata di salute!
Ma vedete, in realtà tutti questi discorsi che si sentono in ambito del PPE su un’eventuale volontà di mettere in minoranza i socialdemocratici, sono solo discorsi di tipo politico, non certo una necessità numerica.
Perché i sondaggi sulle prospettive di una riedizione dell’attuale grande coalizione in Europa, dicono che il PPE potrebbe contare tra i 150 e i 156 parlamentari, i Liberali di Renew tra i 79 e i 95, il PSE tra i 135 e i 149.
E anche considerando le stime più basse, già così la grande coalizione potrebbe quindi continuare a governare (siamo a 364).
E se poi volessimo aggiungere anche i Verdi (tra 42 e 52 seggi), la maggioranza sarebbe persino larga.
Giorgia Meloni ed i FdI, in buona sostanza, rischiano ragionevolmente di restare fuori dai posti che contano in Europa, anche dopo le elezioni del 2024.
E se così fosse, se dovesse sfumare l’orizzonte di una “nuova Europa” senza socialisti e sinistre, penso che la destra italica se la giocherà tutta sul piano interno, puntando a trasformare le europee in un referendum sul Governo.
Salvini non lo metto neanche in conto perché, conoscendo l’uomo, ritengo letteralmente impossibile per lui, mandare a quel paese, sia pure con gentilezza, i suoi attuali alleati, indigeribili non solo per il PPE, ma anche per il partito della Meloni.
In conclusione, dati gli scenari, mi sembra evidente che la scelta finale di avere un posto al sole nell’ Europa che conta e decide spetti solo alla nostra premier, che però dovrà considerare di dover fare i conti con il proprio passato, archiviando la stagione del sovranismo, e per di più facendo accettare ai suoi follower, soprattutto i “patrioti nostalgici”, l’entrata in una coalizione dove ci sarebbero inevitabilmente anche Elly Schlein ed il suo Pd.
Ma a ben guardare proprio qui, nelle scelte lungimiranti, sta la differenza fra un politicante ed un politico di razza; ed il posizionamento in Europa potrebbe essere l’occasione giusta per Giorgia Meloni per avvicinare la strada di Fratelli d’Italia a quella di Forza Italia (in prospettiva incamerandola), costruendo con il Ppe un rapporto simile a quello messo in piedi in Germania dalla Csu bavarese con la Cdu, trasformando gli amici di sempre in avversari da allontanare, e facendo dei nemici di una vita i compagni inaspettati di una nuova avventura politica.
Ecco il nodo.
Il problema sta tutto lì: nei compagni di viaggio che il premier italiano dovrà abbandonare, se vuole conquistarne di nuovi, e più importanti.
In estrema sintesi: meno Abascal e più Macron, meno Orbán e più Scholz, ma anche meno Salvini e più PPE.
Il premio per questa “abiura” sarebbe potersi finalmente sedere da protagonista ai tavoli europei dove “si decide”.
Ma una tale eventualità, una tale scelta “epocale” di Giorgia Meloni potrebbe essere assorbita senza traumi dall’attuale maggioranza di Governo in Italia?
Lo vedremo domani.
Umberto Baldo
Il capitolo primo dal titolo “Elezioni europee. Il campo di gioco ed i giocatori” è stato pubblicato il 5 luglio 2023