1 Luglio 2024 - 11.07

Elezioni francesi e americane. Stavolta rischiamo di giocarci la Ue e la Nato

Erasmus

C’è una foto che forse è sfuggita ai più, ma che mi è riaffiorata alla mente ieri sera.

E’ quella sotto il titolo di queste riflessioni, che mostra Joe Biden a fianco di Emmanuel Macron, entrambi accompagnati dalle rispettive first lady, scattata in occasione del recente anniversario dello sbarco in Normandia.

I due capi di Stato avanzano sicuri fra un picchetto di militari con le bandiere a stelle e strisce e les drapeaux francesi, sotto un cielo che più azzurro non si può.

Un quadretto condito dalle parole del presidente americano su quei giovani di ottant’anni fa che «sapevano al di là di ogni dubbio che ci sono cose per cui vale la pena lottare e morire» e quelle del presidente francese sul «legame di sangue» tra i due Paesi. 

Ma la storia sappiamo tutti che non avanza in modo lineare, e vista con gli occhi dell’oggi, quella foto, pur recente, evidenzia una strana forma di specularità fra l’ultra-ottuagenario Presedente Usa ed il giovane ed energico Président de la République.

E così mentre Joe Biden, dopo il disastroso dibattito televisivo con Donald Trump, che indubbiamente ha messo a nudo tutte le sue fragilità, e forse anche qualche serio acciacco, è alle prese con una sollevazione interna al Partito Democratico, sostenuta anche dalla cosiddetta stampa “amica”, New York Times e Atlantic in testa (le due roccaforti del pensiero liberal americano), finalizzata a convincerlo a ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca, così Emmanuel Macron sta pagando il suo azzardo di sciogliere il Parlamento francese dopo la sconfitta alle europee.

Sulle motivazioni di questa “scelta” si potrebbe scrivere un libro.

Forse le Président voleva scuotere i francesi mettendoli di fronte al rischio di consegnare il Paese egli eredi delle Francia di Vichy; forse pensava che alle politiche la tendenza verso l’estrema destra manifestatasi alle europee sarebbe un po’ scemata, forse immaginava che di fronte ad una ingovernabilità della Francia divisa fra “rossi” e “neri” riaffiorasse il proprio ruolo di mediatore liberal-moderato; forse addirittura potrebbe aver pensato che nel caso in cui il Rassemblement National domenica prossima dovesse vincere a mani basse, lui potrebbe dimettersi, per farsi trovare pronto per correre nuovamente alle Presidenziali del 2027.

Contro chi?  Marine Le Pen o  Jordan Bardella?  Sarebbe tutto da vedere.

Qualunque sia stata la sua strategia, la realtà consegnatagli dalle urne è che Marine Le Pen (33,2 per cento) cavalca trionfante l’ondata di disincanto definitivo dell’elettorato francese proprio nei suoi confronti, il  vero clamoroso sconfitto di questo voto. 

La sinistra, apparentemente unita ma in realtà radicalmente divisa, fa un buon risultato, il 28,1%, ma fallisce in pieno il tentativo di presentarsi come forza di governo. È e sarà solo una “forza di blocco” contro l’estrema destra; si vedrà con quale successo.

Il  21 per cento incassato da Macron, ed il probabile  dimezzamento dei parlamentari da 250 a un centinaio e poco più,  costituisce la prova provata del  rigetto popolare non solo delle sue specifiche scelte legislative, ma addirittura del suo intero progetto politico. 

Guardando la “geografia parlamentare”, i grafici che mostrano la probabile nuova composizione del Parlamento, risulta evidente che il cosiddetto “centro politico francese” d’ora in poi diventa infatti ininfluente con i macronisti, così come ininfluenti sono i neogollisti (10 per cento) anch’essi destinati a rimanere ai margini del gioco politico.

In altre parole, forse più brutali, le future maggioranze che si costituiranno in Francia dopo il voto di domenica prossima saranno quasi sicuramente tutte alle estreme.

Lo so bene che per avere il quadro completo, per sapere se la destra Lepenista avrà la maggioranza assoluta, bisognerà aspettare i ballottaggi di domenica prossima.

Ma credete a me, tutte le desistenze, i ritiri di canditati, gli accorgimenti tattici per non far vincere la destra hanno un  limite oggettivo ed insuperabile.

Quello dell’elettore, perché credetemi che non è facile convincere un sostenitore della sinistra di Mélenchon  a votare per un candidato del centro macroniano, così come, specularmente, non è facile convincere un centrista liberale a votare per un candidato di estrema sinistra. 

In definitiva andrà come andrà!

Non mi ha stupito invece il solito Matteo Salvini che a botta caldo ha scritto: “Complimenti a Marine Le Pen e Jordan Bardella per lo straordinario risultato ottenuto al primo turno delle elezioni legislative in Francia, come emergono dagli exit poll. Vergognoso Macron che, chiamando ai ‘blocchi’ contro il Rassemblement National al secondo turno, si comporta come una Von der Leyen qualsiasi e cerca in tutti i modi di opporsi ad un cambiamento espresso da milioni di francesi, a Parigi e come a Bruxelles”.

Nessuno vieta ovviamente al Capitano di esultare per la vittoria dell’amica Le Pen, ma un Vice Presidente del Consiglio italiano dovrebbe sapere che una dichiarazione del genere rende più complicato il lavoro di Giorgia Meloni nelle trattative per non escludere l’Italia dalle nomine Ue, e dal suo ruolo decisionale in Commissione.

Ma questo passa il convento italico; laeder che si sentono più “capi partito” che governanti. 

Non fate l’errore di pensare che le elezioni francesi siano un affare interno dei cugini d’oltralpe.

Perché se Bardella dovesse insediarsi al Governo, e dovesse portare avanti il programma  del suo partito, per l’Europa sarebbe la fine, solo per fare qualche esempio, del principio che il diritto comunitario prevale su quello nazionale, del debito comune, del progetto di difesa comune, del Pnrr, degli eurobond, della solidarietà europea all’Ucraina.

Senza contare la possibile (anche se i soldi reagiscono sempre come vogliono in realtà, non secondo le previsioni) reazione dei mercati, che si ripercuoterebbe inevitabilmente anche sull’Italia.

Chiudendo tornando all’immagine iniziale, mi sento di dire che né la sfida orgogliosa ai limiti dell’azzardo tentata dal combattivo Macron, né l’arrocco dei democratici attorno all’anziano Biden, finora hanno dato risultati apprezzabili.

E lo so bene che  tutto potrebbe essere anche declassato a normale dialettica politica, se non che stavolta in gioco ci sono gli equilibri e la stessa sopravvivenza, almeno per come le abbiamo conosciute finora, dell’Unione Europea e della Nato.

E credetemi che non sto esagerando. 

Erasmus 

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